Antonio Capizzi: differenze tra le versioni

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* [...] Il lettore mi consenta, eccezionalmente, una notazione personale. Qualche caporale dell'esercito «conservatore» (quello, per intenderci, che vede sfavillare di metafisica aristotelico-hegeliana ogni pagina dei presocratici) muove dall'«antologia» di [[Ippia]] e dai papiri di Derveni per dedurre che «dei presocratici (o almeno dei filosofi della Ionia») scrissero per primi non Aristotele nella ''Metafisica'' e Platone qua e là nei suoi dialoghi, bensì, con qualche decennio di ulteriore anticipo, Ippia e l'autore di Derveni» (il che, se prescindiamo dalla parola «filosofi», è inoppugnabile, una volta che Ippia menziona Talete e l'anonimo fa il nome di Eraclito); ma poi, intonando la marcia trionfale dell'''Aida'', proclama che «questa conclusione, apparentemente obbligata, è tale da rimettere in discussione il Leit-motiv di un recente libro di A. Capizzi, ''La repubblica cosmica'', [...] in cui si sostiene che Platone ed Aristotele attribuirono per primi e del tutto a torto lo status di filosofi a personaggi (quali appunto Talete ed Eraclito) che tali non si considerarono e non furono»<ref>Livio Rossetti, ''La Filosofia Greca da Omero a Teofrasto negli studi recenti'', estratto da AA.VV., ''Grande antologia filosofica. Aggiornamento bibliografico, vol. XXXII'', Milano s.d. [[1987]], p. 81</ref>. A me veramente risulta: a) che il sunnominato Capizzi nel libro citato attribuisce al solo Aristotele la mistificazione in oggetto, mettendo invece in evidenza [...] come Platone non chiami mai «filosofo» nessun sapiente presocratico e legga correttamente l'intera scienza pre-periclea come una serie di miti a sfondo politico; b) che né Ippia né il papiro definiscono mai «filosofo» l'autore citato; c) che, se davvero Talete è nominato nel contesto dell'antologia, e se l'antologia è una raccolta di miti, la citazione dà ragione a Platone e torto ad Aristotele, mostrandoci come prima della metà del quarto secolo la sapienza ionica venisse considerata mitica e non filosofica. E allora? E allora, «lasciamo che i morti seppelliscano i loro morti». (pp. 167-168)
 
==''La Repubblicarepubblica cosmica''==
*Chi guarda nel [[cannocchiale]] e vede cose diverse da quelle che vedo io è sempre uno che può insegnarmi molte cose, e lo leggerò con l'atteggiamento del discepolo che vuole capire ciò che ancora non gli è chiaro; se poi discuterò le sue conclusioni, lo farò col rispetto e con la riconoscenza che dobbiamo a quelli che hanno aperto la strada sulla quale ci prepariamo ad andare oltre, valutando il suo procedimento a posteriori sulla base degli argomenti, non a priori confrontando le sue conclusioni con le mie. È l'atteggiamento che il mio maestro [[Guido Calogero]] mi ha insegnato a chiamare «volontà di capire» o «spirito del dialogo». Ma al dialogo tra chi guarda nel cannocchiale e chi si rifiuta di guardarci non ho mai creduto: non è in nessun caso proficua una discussione tra uno storico che fonda su una serie di argomenti una nuova prospettiva e uno storico che, solo perché la nuova prospettiva non è ortodossa, si ritiene dispensato dalla fatica di saggiare ad uno ad uno gli argomenti e se la cava dicendo che il tutto «non è convincente»; né tra chi si pone come unico problema la ''verificabilità'' di una lettura storica e chi si preoccupa delle ''conseguenze'' che tale lettura porterà al quadro tradizionale della ''Geistesgeschichte''; né tampoco tra chi ricostruisce un antico pensiero con la pazienza da formica del raccogliere instancabilmente nuovi elementi e chi deduce il pensiero di Parmenide dall'Eleatismo, l'Eleatismo dal Naturalismo Presocratico e il Naturalismo Presocratico dalla Spiritualità Greca; né, soprattutto, tra lo scrittore che lavora a inserire il «filosofo» in una prospettiva sincronica, che è poi sempre costituita dalla cultura e dalla società in cui quel «filosofo» visse e respirò, e il suo collega disposto a chiarirne i punti oscuri sempre e soltanto attraverso la rilettura di altri «filosofi», rifuggendo con disgusto dal contaminare il Puro Pensiero con l'utilizzazione dei poeti, degli oratori e degli storici. (pp. 13-14)
* [...] Non posso dare torto a quegli storici che hanno visto nella definizione aristotelica dell'uomo come «animale naturalmente politico» un riferimento più al carattere greco che all'umanità in generale. (p. 130)