Iran: differenze tra le versioni

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===[[Amir Taheri]]===
*L'avvento dell'Islam in Iran, prodottosi quasi quattordici secoli fa, condusse a quella che alcuni pensatori persiani definiscono «la nostra schizofrenia nazionale multipla». E in nessun luogo questa schizofrenia è così evidente come nella lingua del paese. Lingua di ceppo indoeuropeo, il persiano viene malgrado ciò scritto prendendo a prestito l'alfabeto arabo. Alla poesia si adatta in maniera superba e vi trova la sua migliore espressione. Nello stesso tempo, è la seconda lingua dell'Islam, e la fede maomettana prova un tradizionale disgusto per i poeti e la poesia in genere: un mullah che ami la poesia è già un fatto abbastanza bizzarro, ma quando si mette poi a scriverla diventa qualcosa come uno scandalo.
*La nazione iraniana odierna è un curioso misto di più di tremila anni di incroci costanti. Se anche la nozione di razza avesse un significato concreto, sarebbe pressoché impossibile per la maggior parte degli iraniani risalire accuratamente alle loro radici «ariane».
*L'Iran potrebbe essere l'unico paese in cui non si trova una sola casa con almeno un libro di poesie. All'inizio, i poeti persiani ebbero difficoltà nel definire il loro ruolo nella società. I regnanti appena convertiti all'Islam sospettarono che i poeti stavano cercando di riportare in auge la fede zoroastriana per minare la nuova religione. Il clero vedeva i poeti come persone che desideravano tenere in vita la lingua persiana e perciò sabotare l'ascesa dell'arabo come la nuova ''lingua franca''. Senza i vecchi poeti persiani, gli iraniani sarebbero forse finiti come tanti paesi nel Medio Oriente che persero le loro lingue indigene e divennero arabofoni. Nei primi tempi, i poeti persiani elaborarono una strategia per moderare il fervore dei regnanti e dei mullah. Cominciarono ogni ''qasida'' con un elogio a Dio e al Profeta, seguito da un panegirico per il regnante del momento. Una volta sbrigati questi "obblighi", potevano passare ai veri temi delle poesie che intendevano comporre. Tutti sapevano che c'era dietro un trucco, ma tutti accettavano il risultato perché era buono. Malgrado questo ''modus vivendi,'' alcuni poeti finirono in prigione o in esilio, mentre molti altri trascorsero le loro vite nel disagio, se non in povertà. I poeti tuttavia non furono mai passati a fil di spada. Il regime Komeinista è il primo nella storia dell'Iran ad aver giustiziato tanti poeti. Implicitamente o esplicitamente, alcuni regnanti fecero chiaramente capire ciò che i poeti non potevano scrivere. Ma nessuno si sognò mai di dire al poeta ciò che doveva scrivere.