Moshe Dayan: differenze tra le versioni

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*La decisione della Nazioni Unite, che riconosceva il diritto di Israele di esistere come stato, era d'importanza storica. L'approvazione della risoluzione costituiva un successo politico di enorme risonanza, e il merito principale ne spettava a Ben-Guiron. Ma, sottesa alla nostra gioia, era un'emozione ben più profonda, che avvertivo in quanto ebreo, e che mi faceva sentire più che mai tale. Esultavo, con ogni fibra del mio corpo, per la vittoria del giudaismo che durante i duemila anni d'esilio dalla Terra di Israele aveva resistito alle persecuzioni, all'Inquisizione spagnola, a ''pogrom'', a legislazioni antiebraiche, a restrizioni d'ogni sorta e, per quanto riguardava la nostra generazione, al genocidio perpetrato dai nazisti, e che aveva conosciuto la realizzazione delle sue secolari aspirazioni, il ritorno a una Sion libera e indipendente. (p. 73)
*Gli stati arabi si rifiutarono di accettare la risoluzione dell'ONU e proclamarono la loro intenzione di muovere guerra allo stato ebraico. Molti arabi, tuttavia, non attesero la dichiarazione ufficiale della nascita del nostro stato; quelli palestinese, spalleggiati da guerriglieri a loro volta sovvenzionati da nazioni vicine, iniziarono immediatamente gli attacchi, nella speranza di render nulla la risoluzione; e, durante i successivi cinque mesi e mezzo, il paese fu scosso da atti di violenza. Le aggressioni arabe contro insediamenti agricoli, villaggi e vie di comunicazione israeliani si moltiplicavano giorno dopo giorno. Il governo inglese, annunciando che il 15 maggio avrebbe rinunciato al mandato, non contribuì certo a gettar acqua sul fuoco. Ormai, l'anarchia regnava sovrana, con la conseguenza che parecchi paesi i quali avevano votato a favore della spartizione della Palestina all'ONU stavano tornando sulle loro decisioni, mentre sui ''leaders'' ebraici venivano esercitate forti pressioni a livello internazionale perché rinunciassero all'indipendenza. I paesi in questione temevano che il nostro stato fosse spazzato via al suo nascere, sotto l'impeto degli arabi locali cui si sarebbero uniti gli eserciti degli stati vincitori. I nostri ''leaders'' resistettero tuttavia alle pressioni, ignorando i consigli rivolti loro da amici preoccupati; erano ben decisi a procedere alla proclamazione dell'indipendenza e a respingere gli aggressori. Sapevano, al pari di ogni ebreo in Palestina, che da quel momento e finché lo stato in guerra non fosse cessato, la lotta avrebbe dovuto essere il nostro unico pensiero. Se così non fosse avvenuto, e se non avessimo vinto, il sogno sionista sarebbe andato in fumo, non avremmo avuto l'indipendenza né l'immigrazione e gli insediamenti agricoli. (p. 74)
*La verità era che, se agli occhi del suo popolo [[Talal di Giordania|Abdullah]] era il sovrano, gli inglesi lo trattavano da padroni. (p. 130)
*Non ho mai sottovalutato Abdullah, che era un uomo saggio e un ''leader'' capace di decisioni audaci e sensate. Quando un nodo veniva al pettine, non ci rinviava mai dai suoi ministri, ma esigeva che il problema gli fosse sottoposto, assumendosi intera la responsabilità della decisione; e non aveva neppure perduto certi pittoreschi risvolti del beduino. (p. 132)
*Dato le circostanze, era inevitabile che tra i riluttanti arabi israeliani e gli ebrei israeliani sussisstesse profonda sfiducia. I secondi avevano sconfitto gli eserciti arabi, non però il loro odio; e, governando le zone abitate da arabi, l'amministrazione militare si trovava pertanto nella necessità di trovare il giusto mezzo tra un atteggiamento di correttezza verso gli arabi in quanto cittadini di Israele e la vigilante coscienza che potevano trasformarsi in quinta colonna e i loro villaggi divenire altrettante basi di partenza per azioni contro lo stato. (p. 162)
 
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