Jorge Amado: differenze tra le versioni

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*I lavoratori delle piantagioni recavano il vischio del cacao molle attaccato alla pianta dei piedi, come una spessa scorza che nessun'acqua al mondo avrebbe mai potuto lavare. Ma tutti, lavoratori, jacunos, colonnelli, avvocati, medici, commercianti ed esploratori, avevano il vischio del cacao attaccato all'anima, nel profondo del cuore.
*Io dico no quando tutti, in coro, dicono sì. Questo è il mio impegno. (da ''Tocaia Grande'' – Garzanti, traduzione a cura di Elena Grechi)
 
==[[Incipit]] di alcune opere==
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Non perché avviene in un giorno disordinato di lamentazioni e tristezze, non per questo si deve permettere che la veglia funebre vada alla bell'e meglio. Se la padrona di casa, fra singhiozzi e svenimenti fuori di sé, immersa nel suo dolore, o giacente morta nella bara non potrà farlo, un parente o una persona amica si assumerà l'incarico di occuparsi della veglia, perché non si possono abbandonare, senza niente da bere né da mangiare, i poveretti, solidali per tutta la notte, a volte in inverno e col freddo. Acciocché una veglia funebre sia animata ed onori effettivamente il defunto che la presiede, rendendogli meno grave la prima confusa notte della sua morte, è necessario dedicarvi cure sollecite, occupandosi del morale e dell'appetito.
 
{{NDR|Jorge Amado – ''Dona Flor e i suoi due mariti'' – Garzanti, traduzione a cura di Elena Grechi}}
 
===''Due storie del porto di Bahia''===
Intorno alla morte di Quincas Acquaiolo perdura a tutt'oggi una certa confusione. Dubbi da chiarire, particolari assurdi, contraddizioni fra le deposizioni dei testimoni, lacune varie. Non sono chiari neppure l'ora e il luogo del decesso, né le ultime parole del defunto. La famiglia, appoggiata da vicini e conoscenti, si mantiene intransigente sulla versione della tranquilla morte mattutina, senza testimoni né apparato né ultime parole: morte verificatasi quasi venti ore prima dell'altra, propalata e commentata, avvenuta nell'angoscia della notte, quando la luna si disfece in mare e cose misteriose avvennero sulla banchina del porto di Bahia.
 
{{NDR|Jorge Amado – ''Due storie del porto di Bahia'' – Garzanti, traduzione a cura di Elena Grechi}}
 
===''Gabriella garofano e cannella''===
Questa storia d'amore – per una strana coincidenza, direbbe donna Arminda – iniziò nello stesso giorno limpido, con sole primaverile, in cui il fazendeiro Jesuíno Mendonça uccise a rivoltellate donna Sinhazinha Guedes Mendonça sua legittima sposa, dama della migliore società locale – bruna, piuttosto grassa, molto dedita alle attività parrocchiali – e il dottor Osmundo Pimentel, chirurgo-dentista, stabilitosi a Ilhéus da pochi mesi, giovane elegante, con atteggiamenti da poeta. Inoltre, in quel mattino, prima che la tragedia sconvolgesse la città, la vecchia Filomena aveva attuato una sua antica minaccia: era partita con il trenino delle otto per Agua Preta, dove aveva fatto fortuna un suo figlioccio, piantando in asso l'arabo Nacib presso cui faceva la cuoca.
 
{{NDR|Jorge Amado – ''Gabriella garofano e cannella'' – Einaudi, traduzione a cura di Giovanni Passeri}}
 
===''Jubiabà''===
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- Buttalo giù! Buttalo giù!
 
{{NDR|Jorge Amado – ''Jubiabà'' – Einaudi, traduzione a cura di Dario Puccini e Elio Califano}}
 
===''Teresa Batista stanca di guerra''===
Dal momento che lo chiede con tanta buona grazia, giovanotto, io le dico: con le disgrazie basta incominciare. E quando sono incominciate, non c'è niente che le faccia fermare, si estendono, si sviluppano, come una merce a buon mercato e di largo consumo. L'allegria, invece, compare mio, è una pianta capricciosa, difficile da coltivare, che fa poca ombra, che dura poco e che richiede cure costanti e terreno concimato, né secco né umido, né esposto ai venti, insomma una coltivazione che viene a costar cara, adatta a quelli che son ricchi, pieni di soldi. L'allegria va conservata nello champagne; mentre la cachaça tuttalpiù consola dalle disgrazie, quando consola.
 
{{NDR|Jorge Amado – ''Teresa Batista stanca di guerra'' – Einaudi, traduzione a cura di Giuliana Segre Giorgi}}
 
===''Terre del finimondo''===
La sirena della nave squarciò come un lamento il crepuscolo che avvolgeva la città. Il capitano Joáo Magalháes s'appoggiò alla murata e rimase a guardare il caseggiato d'antica costruzione, i campanili delle chiese, i tetti neri, le vie lastricate d'enormi pietre. Il suo sguardo abbracciava una gran varietà di tetti, ma della via non scorgeva che un tratto breve, dove non passava nessuno. Senza saperne il perché, quelle pietre, con cui mani di schiavi avevan lastricato la via, gli parvero d'una commovente bellezza. E tali gli parvero anche i tetti neri e le campane delle chiese che cominciavano a sonare chiamando all'ufficio del vespro la città credente. Di nuovo la sirena fischiò, lacerando il crepuscolo che ricopriva la città di Bahia. Joáo tese le braccia in un gesto d'addio, simile a quello di chi prende commiato dalla donna che ama.
 
{{NDR|Jorge Amado – ''Terre del finimondo'' – Bompiani, traduzione a cura di Mario da Silva}}
 
===''Vita e miracoli di Tieta d'Agreste''===
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Ansimando, l'uomo sale, col cappello in mano perché non si perda nel vento. Le sue scarpe affondano nella sabbia, il riflesso del sole lo acceca, acuta lama di rasoio, il vento gli taglia la pelle. Il sudore gli scorre per tutto il corpo: desiderio e rabbia: quando t'acchiappo, peste! ti scasso e t'ammazzo.
 
{{NDR|Jorge Amado – ''Vita e miracoli di Tieta d'Agreste'' – Garzanti, traduzione a cura di Elena Grechi}}
 
== Altri progetti==