Muʿammar Gheddafi: differenze tra le versioni

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*Gli scettici sostengono che l'autore della Terza teoria universale non è cambiato. È cambiato il quadro internazionale. Lui si adegua per sopravvivere.
*I due uomini si detestano. [[Yasser Arafat|Arafat]] chiama Gheddafi principe delle chiacchiere. Gheddafi accusa Arafat di svendere a Israele la terra araba. La Palestina non è soltanto tua, è di tutti noi arabi, gli ha detto in faccia durante un banchetto ufficiale, a Tunisi, davanti agli ambasciatori occidentali, nel dicembre scorso, dopo che il capo dell'Olp aveva accettato a Ginevra l'esistenza dello Stato ebraico.
*Il bombardamento americano dell' 86 ha avuto l'effetto di un elettrochoc: più ancora delle bombe ha traumatizzato Gheddafi l'isolamento subito dal paese in quei momenti difficili. I fratelli arabi e gli amici africani gli hanno girato le spalle, l' Unione Sovietica e le altre nazioni socialiste l'hanno tenuto a debita distanza. La Libia aveva tutte le porte sbarrate: ai suoi fianchi i confini con la Tunisia e l' Egitto erano chiusi, a Sud era ancora in corso la guerra col Ciad e dal Mediterraneo erano appena arrivati i fulmini di Reagan. Cosi è cominciata la svolta pragmatica di Gheddafi. Anzitutto egli ha ammorbidito la situazione interna: ha liberato gran parte dei prigionieri politici, più quelli detenuti per delitti d'opinione che i veri oppositori del regime, ha soppresso la giustizia sommaria esercitata dai comitati rivoluzionari, ha avviato la liberalizzazione del commercio e autorizzato l'importazione di beni di consumo. Vuotando o sfoltendo le prigioni, riempiendo i negozi e aprendo le frontiere Gheddafi ha dato un po' di respiro ai libici. Ne avevano bisogno. Essi avevano rivelato di essere giunti ai limiti della sopportazione quando avevano espresso con molta parsimonia la loro solidarietà al regime dopo i bombardamenti americani. Ma è veramente cambiato Gheddafi? È rinsavito sul serio? Una cosa è certa: lo stacco tra quel che dice e quel che fa si è notevolmente allargato.
*Muhammar Gheddafi interpreta, nell'ultima apparizione televisiva, la sua reale tragedia come un attore consumato. Il burnus nero, il volto immobile, di una compostezza sofferta, lo sguardo fisso, socchiuso. Le mani nervose che tormentano i fogli sul tavolo, danno drammaticità all'intervento. Non alza mai la voce. Né si agita. Neppure quando proferisce minacce. Ad esempio: «Porteremo la guerra in Italia». Le espressioni, i gesti, non sono più caricaturali. Le tracce della paranoia, della delirante mania di grandezza, sembrano cancellate. È con toni dignitosi, dietro i quali credo di leggere una forte tensione, che recita per ottanta minuti un monologo ritmato da minacceeminacce da inviti alla pace, molto simili a suppliche. Il discorso è scucito, confuso nella forma, ma con un preciso filo conduttore. È il bluff della disperazione, lanciato nella notte, mentre cadono i missili della Nato su Tripoli. E le esplosioni oscurano per tre volte il teleschermo. La scena si addice all'orazione un po' cupa.
*Nella conquista africana Gheddafi ha sperperato anche dollari e prestigio. Ha rivendicato il Ciad, ha aiutato l'Etiopia e l'Uganda, quando questi due paesi erano in preda a convulsioni rivoluzionarie o semplicemente alla violenza, ha inquietato il pacifico Niger, ha cercato di trescare con il Benin, la Repubblica Centrafricana e il Burkina Faso, ha molestato un po' tutti. Prima ha incuriosito per le sue idee e i suoi petrodollari, poi ha inquietato e spaventato, adesso non viene più preso sul serio, se non da coloro che sperano di spillargli qualche soldo. Ma lui continua imperterrito a parlare senza tener conto della mutata situazione internazionale, anche se nei fatti vi si è rapidamente adeguato.