Bernardo Valli: differenze tra le versioni

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*[[Pol Pot]], infatti, voleva ricreare le antiche glorie, voleva far risorgere la decaduta razza khmer. Ricordo questi fatti ormai lontani perché quando un cambogiano viene a trovarmi e mi esprime i suoi timori, le sue allucinazioni (Pol Pot potrebbe ritornare; Pol Pot è pronto a scendere dalle montagne) questo posto incantato, fatto per un riposo esotico, diventa subito sinistro.
*Un tempo il sorriso khmer era celebre. Si diceva che la [[Cambogia]] fosse il paese del sorriso. Ed è vero che i suoi abitanti sorridono spesso. Io stesso ne sono stato a lungo affascinato. Ma è ormai da tempo che ho qualche sospetto sulla loro autenticità, o meglio ancora sulla lettura che si deve fare di quei sorrisi. Tutte le favole, i racconti che sono alla base della cultura popolare cambogiana cominciano con dettagli ironici, a volte allegri, con episodi carichi di sensualità, sono ricchi di personaggi pittoreschi, re onnipotenti e bizzarri, conigli furbi, coccodrilli avidi, contadini sempliciotti, ma finiscono tutti tragicamente, si concludono precipitosamente con fatti irrazionali, con esplosioni di crudeltà che restano impunite. In ''When the War Was Over'' Elizabeth Baker, dice che quel gusto per il macabro sotto certi aspetti assomiglia a quello dei [[fratelli Grimm]]. Ma la morale non è la stessa. Le fiabe cambogiane cominciano col sorriso e terminano nella violenza. Una violenza che cresce a valanga, e che è fine a se stessa. Anche la storia dei khmeri rossi è cominciata con grandi sorrisi ed enormi speranze. Come si chiuderà l'ultimo atto della tragedia?
 
{{Int|1=Da [http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1989/09/07/gheddafi-il-film-dei-suoi-vent-anni.html?ref=search ''Gheddafi, il film dei suoi vent'anni'']|2=''la Repubblica'', 7 settembre 1989}}
*Sui fianchi delle mongolfiere offertisi d'improvviso ai nostri sguardi ci sono due grandi facce di Gheddafi. Due volti scarni, ascetici, con occhi socchiusi che si proteggono dai bagliori spietati del cielo e della terra. Stupiti, estasiati i libici assistono all'ascensione del Qaid, il capo, la guida, il leader. C'è molto Fellini in questa Tripoli che celebra i vent'anni del regime. Nel cielo non ci sono soltanto le mongolfiere. C'è anche un dirigibile che sorvola il lungomare scarrozzando in su e in giù un altro ritratto dell' autore della Terza teoria universale contenuta nel Libro Verde. Ed anche in quel ritratto Gheddafi ha la faccia affilata e gli occhi misteriosi. Lui si vede forse ancora così, giovane e incontaminato ufficiale beduino, e comunque così si fa spesso ritrarre, senza le borse sotto gli occhi, senza le guance un po' sfatte, senza lo sguardo annegato nelle nevrosi di un ormai lungo potere ricco di emozioni, tragicommedie, delusioni. Uno sguardo non più perduto romanticamente nel deserto natale come scrivevano i primi agiografi.
*Non era Reagan che voleva distruggere Tripoli e uccidere Gheddafi? Ebbene, lui, Reagan non è più presidente degli Stati Uniti, è andato in pensione, mentre Tripoli è smagliante e Gheddafi trionfa nel film dei festeggiamenti. Si tratta infatti di un film, non della realtà: un film di cui Gheddafi è regista e primo attore e in cui appaiono tutti i suoi deliri. Non potendo sconfiggere gli americani, annientare l'imperialismo, cancellare il sionismo, assorbire il Ciad, punire Arafat il rinunciatario, non potendo assumere la guida del Terzo mondo e punire l'Europa ancora colpevole del colonialismo, non potendo insomma essere il Gheddafi onnipotente che vorrebbe essere, egli se la cava con un film.
*Nella conquista africana Gheddafi ha sperperato anche dollari e prestigio. Ha rivendicato il Ciad, ha aiutato l'Etiopia e l'Uganda, quando questi due paesi erano in preda a convulsioni rivoluzionarie o semplicemente alla violenza, ha inquietato il pacifico Niger, ha cercato di trescare con il Benin, la Repubblica Centrafricana e il Burkina Faso, ha molestato un po' tutti. Prima ha incuriosito per le sue idee e i suoi petrodollari, poi ha inquietato e spaventato, adesso non viene più preso sul serio, se non da coloro che sperano di spillargli qualche soldo. Ma lui continua imperterrito a parlare senza tener conto della mutata situazione internazionale, anche se nei fatti vi si è rapidamente adeguato.
*Il bombardamento americano dell' 86 ha avuto l'effetto di un elettrochoc: più ancora delle bombe ha traumatizzato Gheddafi l'isolamento subito dal paese in quei momenti difficili. I fratelli arabi e gli amici africani gli hanno girato le spalle, l' Unione Sovietica e le altre nazioni socialiste l'hanno tenuto a debita distanza. La Libia aveva tutte le porte sbarrate: ai suoi fianchi i confini con la Tunisia e l' Egitto erano chiusi, a Sud era ancora in corso la guerra col Ciad e dal Mediterraneo erano appena arrivati i fulmini di Reagan. Cosi è cominciata la svolta pragmatica di Gheddafi. Anzitutto egli ha ammorbidito la situazione interna: ha liberato gran parte dei prigionieri politici, più quelli detenuti per delitti d'opinione che i veri oppositori del regime, ha soppresso la giustizia sommaria esercitata dai comitati rivoluzionari, ha avviato la liberalizzazione del commercio e autorizzato l'importazione di beni di consumo. Vuotando o sfoltendo le prigioni, riempiendo i negozi e aprendo le frontiere Gheddafi ha dato un po' di respiro ai libici. Ne avevano bisogno. Essi avevano rivelato di essere giunti ai limiti della sopportazione quando avevano espresso con molta parsimonia la loro solidarietà al regime dopo i bombardamenti americani. Ma è veramente cambiato Gheddafi? È rinsavito sul serio? Una cosa è certa: lo stacco tra quel che dice e quel che fa si è notevolmente allargato.
*I due uomini si detestano. Arafat chiama Gheddafi principe delle chiacchiere. Gheddafi accusa Arafat di svendere a Israele la terra araba. La Palestina non è soltanto tua, è di tutti noi arabi, gli ha detto in faccia durante un banchetto ufficiale, a Tunisi, davanti agli ambasciatori occidentali, nel dicembre scorso, dopo che il capo dell'Olp aveva accettato a Ginevra l'esistenza dello Stato ebraico.
*Gli scettici sostengono che l'autore della Terza teoria universale non è cambiato. È cambiato il quadro internazionale. Lui si adegua per sopravvivere.
*A lui non piace il Magreb. Ha sempre teso a spazi più ampi: all'Africa subsahariana e ancor più all' unità araba preconizzata, tentata da Nasser, suo padre spirituale. Lui ha cercato più volte di fondersi con questo o quel paese dell'Africa Settentrionale, con la speranza di estendere la sua influenza, di esportare la sua rivoluzione. Tutti i tentativi sono falliti.
 
{{Int|1=[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1990/09/12/anatomia-di-un-tiranno.html?ref=search Da ''Anatomia di un tiranno'']|2=''la Repubblica'', 12 settembre 1990}}