Robert Katz: differenze tra le versioni

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*{{NDR|La [[Eugenia Attendolo Bolognini Litta|duchessa Litta]]}} Aveva sette anni più del re {{NDR|[[Umberto I di Savoia|Umberto I]]}} e quattordici più di [[Margherita di Savoia|Margherita]]. «Mi sembra ormai mia nonna»<ref>C. Casalegno, ''La regina Margherita'', Torino, 1965, p. 88. {{NDR|N.d.A., p. 465}}</ref> diceva in quegli anni Margherita ridacchiando. Tuttavia, anche allora, a cinquant'anni, la duchessa era molto bella. Era una bellezza severa e aristocratica e al tempo stesso possedeva delle qualità di ingegno ed una certa aria verginale che ispirò al compositore [[Arrigo Boito|Boito]] una melodia ed al Vela un quadro raffigurante una donna immersa nella preghiera mattutina. (''Parte seconda'' Gli allegri anni '80, p. 142)
*Si diceva che, quando {{NDR|Vittorio Emanuele III}} sedeva sul trono, non riusciva a toccare il pavimento coi piedi, ma questo non era vero: purché restasse sull'orlo del sedile. Era troppo basso per il servizio militare e, affinché potesse occupare il giusto posto di comandante in capo, l'esercito fu costretto ad abbassare il livello di statura prestabilito ad un metro e cinquantuno; questo non fece tuttavia aumentare di molto il numero dei soldati perché bisogna onestamente dire che, salvo alcune eccezioni, il re era l'adulto più basso di tutta l'Italia.<br>Insistere sulla sua statura è importante perché nella misura in cui gli uomini fanno la storia, questa sua piccolezza, che lo obbligava a guardare il mondo come lo guarda un verme, doveva influenzare tutta la storia italiana della prima metà del secolo non meno della guerra, del comunismo e di Mussolini. È una considerazione offensiva, ma, come vedremo, risponde a verità. (''Parte terza'' Il piccolo re (1900-1922), p. 195)
*{{NDR|Vittorio Emanuele III}} Non sarebbe stato l'ultimo sovrano di Casa Savoia perché questo merito spettò al figlio [[Umberto II di Savoia|Umberto]], un giovane scapestrato il cui regno durò soltanto un mese, ma avrebbe bollato col marchio dell'infamia la propria dinastia, ne avrebbe causato l'ignominiosa fine e, dopo l'abdicazione, bandito dal suo beneamato paese, sarebbe morto a migliaia di chilometri dalla patria.<br>[...] fu il simbolo più autentico di Casa Savoia. Impersonò con eccezionale perfezione novecento anni di piccineria, di furbizia, di apatia, di debolezza, di incredibile egoismo e di tutte le altre astute qualità che la natura dona agli esseri di piccole proporzioni. (''Parte terza'' Il piccolo re (1900-1922), p. 196)
* Incolore, amorfo, banale, {{NDR|[[Giovanni Giolitti]]}} era passato attraverso la vita levandosi solo di tanto in tanto verso l'alto come fa il passero. Impiegato civile fino all'età di quarant'anni, poi funzionario amministrativo e quindi parlamentare, non amava né la retorica di [[Francesco Crispi|Crispi]] né la magniloquenza di [[Gabriele D'Annunzio|D'Annunzio]]; gli piacevano l'aritmetica e la contabilità, il che lo rendeva particolarmente sensibile alle sottili sfumature della cupidigia umana e alle debolezze degli altri nella misura in cui esse gli potevano essere addebitate oppure accreditate. (''Parte terza'' Il piccolo re (1900-1922), p. 215)
*[..] nell'ottobre del 1917, [[Battaglia di Caporetto|Caporetto]]: l'improvviso collasso del fronte italiano e il peggior disastro militare nella storia della nazione. Ottocentomila soldati furono travolti, feriti o uccisi da quindici divisioni tedesche ed austriache. Trecentomila italiani furono presi prigionieri ed altri trecentomila fuggirono, alcuni per non fare mai più ritorno. Milano e Venezia erano in pericolo. Il fronte fu ristabilito sul Piave, circa centosessanta chilometri più ad ovest, ma il ricordo ancestrale delle invasioni barbariche terrificò la nazione. (''Parte terza'' Il piccolo re (1900-1922), p. 260)