Platone: differenze tra le versioni

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{{nota disambigua|descrizione=l'omonimo commediografo ateniese|titolo=[[Platone (comico)]]}}
[[Immagine:Plato-raphael.jpg|thumb|right|Platone ne ''La scuola di Atene'' di [[Raffaello Sanzio]]]]
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==''Cratilo''==
===[[Incipit]]===
ERMOGENE'''Ermogene''': Vuoi dunque che mettiamo a parte di questo nostro discorso anche Socrate, qui presente?<br />
CRATILO'''Cratilo''': Se a te pare.<br />
ERMOGENE'''Ermogene''': Cratilo, qui presente, sostiene che ciascun essere possiede la correttezza del [[nome]] che per natura gli conviene e che il nome non è quello col quale alcuni, come accordatisi a chiamarlo, lo chiamano, mettendo fuori una piccola parte della propria voce, ma che una correttezza riguardo i nomi esista per natura per Greci e barbari ed è la stessa per tutti. Io gli domando dunque se egli ha a nome Cratilo conforme verità ed egli ne conviene. "E che dire", gli chiedo, "per Socrate?" "Socrate", mi risponde. "Dunque anche per tutti gli altri uomini, il nome col quale chiamiamo ciascuno, questo è il nome che a ciascuno conviene?" "Ma non per te, di certo, il nome è Ermogene", ha risposto, "anche se tutti gli uomini ti chiamano così ". E benché io gli domandi e desideri sapere cosa mai dica, non si spiega per nulla, e si prende gioco di me, fingendo di pensare qualcosa entro se stesso, come se ben conoscesse in merito tali cose che, se volesse dire chiaramente, farebbe in modo che anch'io concordassi e dicessi quello che lui dice. Se tu dunque in qualche modo sei in grado di cogliere il responso di Cratilo, ti ascolterei volentieri. Anzi ancor con più gusto vorrei imparare da te che te ne pare sulla correttezza dei nomi, sempre che tu sia d'accordo.<br />
SOCRATE'''Socrate''': O Ermogene, figlio di Ipponico, è un proverbio antico che è difficile capire le cose belle come stanno realmente.
 
===Citazioni===
*'''Socrate''': Dunque, se tutte le cose non sono per tutti insieme allo stesso modo e sempre, né per ciascuno ogni cosa di quelle esistenti si trova ad essere in un modo particolare, è chiaro che le cose stesse hanno in sé una sostanza certa, che non ci riguarda e che esse non si lasciano trascinare da noi su e giù secondo il nostro estro, ma che sono di per se stesse secondo la loro sostanza così come l'hanno ottenuto da natura. (3)
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===[[Incipit]]===
====I traduzione====
SOCRATE'''Socrate''': Oh, Critone, come mai a quest'ora? Non è ancora presto?<br />
CRITONE'''Critone''': Sì, certo.<br />
SOCRATE'''Socrate''': Ma che ora è, esattamente?<br />
CRITONE'''Critone''': È appena l'alba.<br />
SOCRATE'''Socrate''': Mi meraviglio come, il custode del carcere t'abbia fatto entrare.<br />
CRITONE'''Critone''': Con tutte le volte che son venuto, Socrate, me lo son fatto amico e, poi, gli ho fatto anche parecchi favori.<br />
SOCRATE'''Socrate''': E sei venuto adesso o eri qui da tempo?<br />
CRITONE'''Critone''': Già da un pezzo.<br />
SOCRATE'''Socrate''': E perché non mi hai svegliato, e sei rimasto lì seduto in silenzio?<br />
CRITONE'''Critone''': Santo cielo, Socrate, al posto tuo neanche io vorrei rimanermene sveglio, in una simile disgrazia. Anzi, sono rimasto, per un bel pezzo, a guardarti mentre dormivi così tranquillo. E non t'ho voluto svegliare proprio perché tu potessi riposare il più possibile a tuo agio. D'altro canto, io t'ho sempre ammirato, in passato, per il tuo carattere e soprattutto ora, nel vedere con quanta calma e serenità tu sopporti quello che t'è capitato.
 
====Francesco Acri====
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===Citazioni===
*SOCRATE'''Socrate''': Ho sognato una donna, bella e avvenente, tutta vestita di bianco, che mi si è avvicinata e mi ha detto: «[[Socrate]], fra tre giorni, tu sarai nei felici campi di Ftia.»<br />CRITONE'''Critone''': Che strano sogno, Socrate.<br />SOCRATE'''Socrate''': A me, Critone, sembra chiaro. (cap. 2)
*Passare per uno che tiene più al denaro che agli amici: cosa mi potrebbe capitare di peggio? (Critone, cap. 3)
*Magari, Critone, fosse capace di fare il [[bene e male|male]], perché, allora, sarebbe capace, anche di fare il [[bene e male|bene]]. E questa sarebbe una gran bella cosa. Invece non è capace di fare né l'uno né l'altro, non ti fa diventare né saggio né stolto, ma agisce, così, a casaccio. (Socrate, cap. 3)
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===[[Explicit]]===
SOCRATE'''Socrate''': Quindi, per quel che ora ne penso, sta pur certo che, se tu non tenterai di persuadermi del contrario, la tua sarà fatica sprecata. Tuttavia, parla pure se credi di poter riuscire in qualcosa.<br />
CRITONE'''Critone''': Ahimè, Socrate, io non so proprio cosa dire.<br />
SOCRATE'''Socrate''': E allora lascia andare, Critone, facciamo come dico io, dato che il fato ci ha messi su questa strada.
 
==''Fedone''==
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===[[Incipit]]===
====I traduzione====
SOCRATE'''Socrate''': Caro Fedro dove vai e da dove vieni?<br />
FEDRO'''Fedro''': Vengo da Lisia, figlio di Cefalo, Socrate, e sto andando a fare una passeggiata fuori dalle mura, visto che là ho trascorso parecchio tempo, seduto fin dal primo mattino. Dando retta al nostro comune amico Acumeno, faccio delle passeggiate per le vie: dice infatti che sono più rinfrancanti di quelle sotto i portici.<br />
SOCRATE'''Socrate''': E dice bene, mio caro. Allora Lisia, a quanto pare, era in città!<br />
FEDRO'''Fedro''': Sì, da Epicrate, in quella casa nei pressi del tempio di Zeus Olimpio, quella di Morico.<br />
SOCRATE'''Socrate''': Come avete trascorso il tempo? Di certo Lisia vi avrà imbandito i suoi discorsi!<br />
FEDRO'''Fedro''': Lo saprai se hai tempo di ascoltarmi camminando.<br />
SOCRATE'''Socrate''': E come no! Non credi che io, per dirla alla Pindaro, considererei "più importante persino di una occupazione" l'ascoltare come avete passato il tempo tu e Lisia?<br />
FEDRO'''Fedro''': Cammina allora.<br />
SOCRATE'''Socrate''': Parla pure<br />
FEDRO'''Fedro''': Non c'éè dubbio, Socrate, che ascolterai qualcosa che ti è congeniale, dal momento che il discorso su cui ci siamo intrattenuti era, non so come, d'amore. Lisia, infatti, ha scritto di un bel giovane corteggiato, ma non da un innamorato. E proprio questo punto lo ha trattato in modo originale: dice infatti che bisogna compiacere chi non ama piuttosto che chi ama.
 
====Arturo Brambilla====
'''SOCRATESocrate''': O caro Fedro, dove vai e donde vieni?<br />'''FEDROFedro''': Da Lisia, o Socrate, il [[figlio]] di Cefalo. E me ne vado a passeggio fuor delle mura, poiché là passi molto [[tempo]] seduto, fin dal [[mattino]]. Seguendo il consiglio del tuo e mio [[amico]] Acumeno, faccio le mie passeggiate lungo le [[Via|strade]] maestre; egli infatti afferma che ristorano di più di quelle fatte sotto i portici.<br />'''SOCRATESocrate''': Ha ragione, amico mio. Lisia dunque, a quanto pare, era in [[città]]?<br />'''FEDROFedro''': Sì, da Epicrate, nella [[casa]] di Morico, quella lì vicino al tempio di Giove Olimpio.<br />'''SOCRATESocrate''': Bene; e come passavate il [[tempo]]? Senza dubbio erano discorsi quelli che Lisia vi imbandiva, non è vero?<br />'''FEDROFedro''': Lo saprai, se hai tempo di ascoltarmi, strada facendo.<br />
{{NDR|Platone, ''Fedro'', traduzione di Arturo Brambilla, Carlo Signorelli, Milano, 1945.}}
 
====Francesco Acri====
SOCRATE'''Socrate''': Dove, caro Fedro? e donde?<br />
FEDRO'''Fedro''': Da Lisia, o Socrate, il figliuol di Cefalo, e me ne vo a spasso fuor le mura; che ben l'ho passata a stare a sedere sin dal mattino. E all'amico tuo e mio dando io mente, ad Acumeno, passeggio per le vie aperte; che, dice cosícosì, ci s'invigorisce piúpiù che ad andar sotto a' loggiati.<br />
SOCRATE'''Socrate''': È dice bene, o amico; ma Lisia era in città, pare?<br />
FEDRO'''Fedro''': , da Epicrate; qui a casa Morico, qui, presso all'Olimpio.<br />
SOCRATE'''Socrate''': Che vi si è fatto? O gli è certo v'ha convitato Lisia, dandovi a mangiar le sue orazioni.<br />
FEDRO'''Fedro''': Saprai, se hai tempo di camminare tu, e prestarmi orecchi.<br />
SOCRATE'''Socrate''': Che? non credi tu che la cosa dell'aver novella della conversazione tua con Lisia io la pongo sovra a ogni cosa io, a dirla con Pindaro?<br />
FEDRO'''Fedro''': Via, muoviti.<br />
SOCRATE'''Socrate''': Di', se vuoi.<br />
FEDRO'''Fedro''': È convien bene, Socrate, che tu m'ascolti, ché, non so come, era ella d'amore l'orazione con la quale ce la siam passata. Lí ritrasse Lisia una di coteste bellezze, che è accostata; ma non da amatore. E l'è immaginata con arguzia, perché dice che piú presto si ha ad essere graziosi a un che non ami, che a un che ami.<br />
{{NDR|Platone, ''[http://www.liberliber.it/libri/p/plato/index.htm Il Fedro ovvero Della bellezza]'', in "Dialoghi", versione di Francesco Acri, CDE, Milano, 1988.}}
 
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*Poiché dunque il pensiero di un dio si nutre di intelletto e di scienza pura, anche quello di ogni anima che abbia a cuore di accogliere quanto le si addice, quando col tempo abbia scorto l'essere, ne gioisce e, contemplando la verità, se ne nutre e si trova in buona condizione, finché la rotazione circolare non riconduca allo stesso punto. Durante l'evoluzione esso vede la giustizia in sé, vede la saggezza, vede la scienza, non quella alla quale è connesso il divenire, né quella che è diversa perché è nei diversi oggetti che noi ora chiamiamo enti, ma quella che è realmente scienza nell'oggetto che è realmente essere. E dopo aver contemplato allo stesso modo le altre entità reali ed essersene saziata, si immerge nuovamente nell'interno del cielo e torna a casa. E una volta arrivata, l'auriga, arrestati i cavalli davanti alla mangiatoia, li foraggia di ambrosia e dopo questa li abbevera di nettare.
*Quanto alla divina follia ne abbiamo distinto quattro forme, a ciascuna delle quali è preposta una divinità: Apollo per la follia profetica, [[Dioniso]] per la follia iniziatica, le Muse per la follia poetica, mentre la quarta, la più eccelsa, è sotto l'influsso di Afrodite e di [[Amore]].
 
*Il [[Iperuranio|sopraccelestiale luogo]] non lo inneggiò alcun de' poeti di qua mai, e mai non lo inneggerà degnamente. Ecco: e si ha a dir vero, parlando specialmente della verità. La verace essenza, che né colore ha, né figura, e non può essere toccata; che può esser contemplata solo dalla mente, reggitrice dell'anima; che è obbietto della verace scienza, ha questo luogo. (Socrate, seconda orazione: 1988, XXVII)
*[...] la scrittura ha di grave questo; ed è proprio simile alla pittura. Imperocché i figliuoli di questa stanno lì come vivi; ma se alcuna cosa domandi, maestosamente tacciono: e così le orazioni scritte. (Socrate: 1988, LX)
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===[[Explicit]]===
====I traduzione====
SOCRATE'''Socrate''': Isocrate è ancora giovane, Fedro. Tuttavia desidero dire ciò che presagisco sul suo conto.<br />
FEDRO'''Fedro''': Qual è questo tuo presagio?<br />
SOCRATE'''Socrate''': Mi sembra che in quanto a doni di natura sia troppo dotato per essere paragonato alla retorica di Lisia e mi pare inoltre che abbia un temperamento più nobile. Pertanto non ci sarebbe per nulla da meravigliarsi se col procedere dell'età, negli stessi discorsi di cui si occupa ora, superasse più facilmente di quanto farebbe con dei fanciulli chiunque abbia mai posto mano alla retorica. E ancora, non ci sarebbe per nulla da meravigliarsi se ciò non gli bastasse, e uno slancio più divino lo portasse a traguardi più elevati; infatti, mio caro, nella mente di quell'uomo è insita per natura una certa qual filosofia. È questo dunque il messaggio che io porto per conto della divinità di questo luogo a Isocrate, come fosse il mio amato; tu invece porta quello a Lisia, come fosse il tuo amato. <br />
FEDRO'''Fedro''': Lo farò. Ma andiamo, visto che la calura si è attenuata.<br />
SOCRATE'''Socrate''': Non conviene forse, prima di incamminarci, rivolgere una preghiera alla divinità di questo luogo?<br />
FEDRO'''Fedro''': Certamente.<br />
SOCRATE'''Socrate''': "Caro Pan e tutti voi altri dei che siete in questo luogo, concedetemi la bellezza interiore, e i beni esteriori che possiedo siano in accordo con quelli interiori. Che io consideri ricco il saggio e che io possieda tanto oro quanto non potrebbe prenderne e portarne con sé altri che il temperante". Dobbiamo chiedere ancora qualcos'altro, Fedro? Mi sembra di aver pregato a sufficienza.<br />
FEDRO'''Fedro''': Prega che anch'io possa ottenere questi beni: infatti, tra amici tutto è comune.<br />
SOCRATE'''Socrate''': Andiamo.
 
====Francesco Acri====
SOCRATE'''Socrate''': Isocrate ancora è giovine, o Fedro; ma quel che divino io di lui, te lo vo' dire.<br />
FEDRO'''Fedro''': Che?<br />
SOCRATE'''Socrate''': Ei mi pare essere di miglior natura di quella che si mostra nelle orazioni di Lisia, e anche di piú gentile costume; sí che non sarebbe niente da maravigliare se, crescendo la età, nell'istessa oratoria alla quale attende presentemente, vincesse tutti coloro che si provarono in passato nelle orazioni, più che s'ei fosser fanciulli; e se, non contentandolo più il detto studio, a maggiori cose menasselo un cotale divino impeto; perciocché certa naturale filosofia è nella mente di lui, o amico. Queste cose da parte di quest'Iddii annunzierò io al diletto mio Isocrate, e tu quelle altre al tuo Lisia.<br />
FEDRO'''Fedro''': Sì, lo farò: ma andiamo, ora che è calato un po' il caldo.<br />
SOCRATE'''Socrate''': E non s'ha a pregare quest'Iddii prima di andar via?<br />
FEDRO'''Fedro''': Come no?<br />
SOCRATE'''Socrate''': O caro Pane, e voi tutti che di questo luogo siete Iddii, concedetemi che sia bello io di dentro, e che tutto quel che ho di fuori si concordi con quel di dentro; e ch'io reputi ricco il savio; e ch'io abbia tant'oro, quanto ne può solo portar seco colui che è temperato. – Oh che c'è bisogno d'altro? di', Fedro. Quel che ho pregato io, mi basta.<br />
FEDRO'''Fedro''': Cosí prega tu anche per me, che le cose degli amici sono comuni.<br />
SOCRATE'''Socrate''': Andiamo.<br />
{{NDR|Platone, ''[http://www.liberliber.it/libri/p/plato/index.htm Il Fedro ovvero Della bellezza]'', in "Dialoghi", versione di Francesco Acri, CDE, Milano, 1988.}}
 
===''Filebo''===
===[[Incipit]]===
SOCRATE'''Socrate''': Considera, Protarco, quale discorso stai per ricevere adesso da Filebo e con quale nostro discorso dovrai contendere, qualora le parole dette non rispecchiassero il tuo pensiero. Vuoi che li riassumiamo per sommi capi tutti e due?<br />
PROTARCO'''Protarco''': Sì, certamente.<br />
SOCRATE'''Socrate''': Dunque Filebo afferma che per tutti i viventi il bene consiste nel godimento, nel piacere, nella voluttà, e in tutto ciò che rientra in questo genere di cose. La ragione della nostra controversia consiste allora nel fatto che non queste realtà, ma che l'attività dell'intelligenza, della mente, e della memoria, e altre cose affini, come l'opinione giusta e i veritieri ragionamenti, siano migliori e preferibili al piacere per tutti quanti hanno la possibilità di prenderne parte: ed è proprio questa possibilità che rappresenta per tutti quelli che stanno vivendo o vivranno il vantaggio senz'altro più significativo. Non è dunque in questi termini che noi discutiamo, Filebo, uno da una parte e l'altro dall'altra?<br />
FILEBO'''Filebo''': Certamente, Socrate.<br />
SOCRATE'''Socrate''': E tu, Protarco, accetti questo discorso che ti è stato appena consegnato?<br />
PROTARCO'''Protarco''': Non posso farne a meno: infatti il nostro bel Filebo vi ha rinunciato.<br />
SOCRATE'''Socrate''': Ma non si deve ad ogni costo arrivare alla verità riguardo a tali questioni?<br />
PROTARCO'''Protarco''': Sì, è necessario.<br />
 
===Citazioni===
*Due o tre volte le cose belle. (59ce)<ref>Anche nelle ''Leggi'', 6,754c, 12,956e.</ref>
:''Δίς καί τρίς τό καλόν''.
 
==''Gorgia''==
===[[Incipit]]===
CALLICLE'''Callicle''': Si dice, o Socrate, che questo è il modo di prendere parte ad una guerra e ad una battaglia!<br />
SOCRATE'''Socrate''': Ma allora, come dice il proverbio, arriviamo alla fine di una festa e ormai in ritardo?<br />
CALLICLE'''Callicle''': E alla fine di una festa davvero elegante: poco fa, per noi, Gorgia ha fatto mostra di sé in molte e belle cose.<br />
SOCRATE'''Socrate''': Ma la colpa di questo, Callicle, è del nostro Cherefonte, che ci ha fatto perdere tempo in piazza.<br />
CHEREFONTE'''Cherefonte''': Non importa, o Socrate: vi porrò io rimedio. [[Gorgia]], infatti, è amico mio, sicché si esibirà apposta per noi, adesso, se ti pare il caso, oppure, se vuoi, un'altra volta.<br />
CALLICLE'''Callicle''': Che hai detto, o Cherefonte? Socrate desidera ascoltare Gorgia?<br />
CHEREFONTE'''Cherefonte''': Proprio per questo siamo qui!<br />
 
===Citazioni===
*[[socrate|SOCRATE]]'''Socrate''': Dimmi, dunque: discorsi su cosa? Nell'insieme delle cose esistenti, qual è l'oggetto dei discorsi di cui si serve la retorica?<br />[[gorgia|GORGIA]]'''Gorgia''': Si tratta, o Socrate, delle più grandi e delle migliori fra le umane faccende.<br />SOCRATE'''Socrate''': Ma, o Gorgia, è controversa anche questa tua affermazione, e non è affatto chiara. Immagino, infatti, che tu abbia già avuto occasione di sentir cantare nei banchetti quello scolio in cui si enumerano i beni, cantando che essere sani è il primo bene, secondo viene l'essere belli, e il terzo, come dice l'autore dello scolio, è l'essere ricchi senza frode.<br />GORGIA'''Gorgia''': L'ho già sentito. Ma a che proposito dici questo?<br />SOCRATE'''Socrate''': Supponiamo che in questo istante ti si parassero dinanzi gli artefici di questi beni che l'autore dello scolio elogiava, cioè il medico, il maestro di ginnastica e l'uomo d'affari, e che per primo il medico dicesse: "O Socrate, Gorgia t'inganna: non è la sua arte ad occuparsi del bene più grande per gli uomini, ma la mia". Se io allora gli domandassi: "E chi sei tu per dire questo?", egli certamente mi risponderebbe che è medico. "Ebbene, cosa hai detto? è forse opera della tua arte il bene più grande?" "E come potrebbe non esserlo", probabilmente direbbe, "Socrate, visto che si tratta della salute? Che cosa è bene più grande per gli uomini della salute?". Se poi, dopo di lui, a sua volta, il maestro di ginnastica dicesse: "Resterei stupito anch'io, Socrate, se Gorgia sapesse dimostrarti che il bene che è frutto della sua arte è maggiore di quanto io saprei dimostrare che lo è il bene prodotto dalla mia arte", io, a mia volta, potrei dire anche a costui: "E tu chi sei, o uomo, e qual è il tuo mestiere?". "Sono maestro di ginnastica", risponderebbe, "e il mio mestiere è di rendere gli uomini belli e forti nel corpo". Dopo il maestro di ginnastica, sarebbe l'uomo d'affari a dire, con fare, credo, assai sprezzante per tutti: "Ebbene, pensaci su, Socrate, se ti pare che esista bene più grande della ricchezza, sia presso Gorgia sia presso chiunque altro". Ed io allora gli direi: "E allora? Ne sei forse l'artefice?". Egli affermerebbe di esserlo. "E chi sei tu?" "Un uomo d'affari". "E allora? Pensi forse che il bene più grande per gli uomini sia la ricchezza?", diremo noi. "E come no?", risponderà.
*A che genere di uomini appartengo? A quello di chi prova piacere nell'essere confutato, se dice cosa non vera, e nel confutare, se qualcuno non dice il vero, e che, senza dubbio, accetta d'esser confutato con un piacere non minore di quello che prova confutando. Infatti, io ritengo che l'esser confutati sia un bene maggiore, nel senso che è meglio essere liberati dal male più grande piuttosto che liberarne altri. Niente, difatti, è per l'uomo un male tanto grande quanto una falsa opinione sulle questioni di cui ora stiamo discutendo. Se dunque anche tu sostieni di essere un uomo di questo genere, discutiamo pure; altrimenti, se credi sia meglio smettere, lasciamo perdere e chiudiamo il discorso. (Socrate)
*La [[retorica]], dunque, a quanto pare, è artefice di quella persuasione che induce a credere ma che non insegna nulla intorno al giusto e all'ingiusto. (Socrate)
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* Io non preferirei né l'uno né l'altro; ma, se fosse necessario o commettere ingiustizia o subirla, sceglierei il subire ingiustizia piuttosto che il commetterla. (Socrate)
* Quant'è difficile confutarti, Socrate! Ma non riuscirebbe a confutarti anche un bambino, dimostrandoti che non dici il vero? (Polo)
*POLO'''Polo''': Ti metti a dire cose assurde, Socrate!<br />SOCRATE'''Socrate''': E cercherò di far sì che anche tu, amico mio, dica le stesse cose che dico io.
*La verità non si confuta mai. (Socrate)
*I felici sono felici per il possesso della giustizia e della temperanza e gli infelici, infelici per il possesso della cattiveria. (Socrate)
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===[[Incipit]]===
====I traduzione====
MENONE'''Menone''': Sai dirmi, Socrate, se la virtù può essere insegnata? O se non può essere insegnata ma se può essere prodotta con l'esercizio? Oppure se non può né essere prodotta con l'esercizio né essere insegnata, ma se invece, tocca agli uomini per natura o in qualche altro modo?<br />
SOCRATE '''Socrate''': O Menone, in passato i Tessali erano famosi tra i Greci ed erano ammirati per l'arte del cavalcare e per la loro ricchezza. Ed ora, invece, come mi sembra, lo sono anche per la sapienza, e principalmente i concittadini del tuo amico Aristippe, quelli di Larissa. E questo voi lo dovete a Gorgia: venuto infatti in quella città, egli si conquistò con la sua sapienza l'ammirazione dei primi Alevadi tra cui è il mio amico Aristippe, e degli altri Tessali. E, invero, ha prodotto in voi questa abitudine di rispondere, quando qualcuno vi fa qualche domanda, in modo intrepido e grandioso, come veramente si conviene a coloro che sanno; anch'egli appunto, si offriva a farsi interrogare a chiunque dei Greci lo desiderasse e su qualsiasi cosa volesse, e non c'era nessuno al quale egli non fornisse risposta. Invece qui, caro Menone, è successo il contrario: si è prodotto come un inaridimento della scienza, e c'è rischio che essa da questi luoghi se ne venga presso di voi. Se, infatti, tu volessi porre tale domanda ad alcuni di qui, non ci sarebbe nessuno che non riderebbe, e ti risponderebbe: "O straniero, ti sembro davvero uomo fortunato, se mi ritieni tale da sapere se la virtù possa essere insegnata o in quale modo si produca, invece, io sono tanto lontano dal sapere se possa essere insegnata o no, che non so neppure che cosa sia la virtù". E io stesso, o Menone, mi trovo in queste condizioni: anch'io, come i miei concittadini, mi sento privo di questo, e mi rimprovero di non sapere nulla circa la virtù: e, di ciò di cui non conosco l'essenza, come potrei conoscere la qualità? O ti pare che ci possa essere uno che, non conoscendo affatto chi è Menone, possa tuttavia sapere se è bello, ricco e nobile, o se abbia le qualità opposte a queste? Ti pare che sia possibile?<br />
MENONE'''Menone''': A me no. Ma tu, o Socrate, veramente non sai che cosa sia la virtù; proprio questo di te dovremo riferire anche in patria?<br />
SOCRATE'''Socrate''': E non solo questo, o amico, ma anche che non ho mai trovato alcun altro che non lo sapesse, almeno mi pare.
 
====Francesco Acri====
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===[[Explicit]]===
SOCRATE'''Socrate''': Ora, se noi in tutto questo ragionamento abbiamo proceduto e detto rettamente, la virtù non dovrebbe essere data né per natura né per insegnamento, ma dovrebbe toccare per sorte divina, senza che quelli cui tocca ne abbiano conoscenza. A meno che fra gli uomini politici non ce ne sia uno capace di rendere politici anche gli altri; e se mai ci fosse, di lui si potrebbe dire che, fra i vivi, è come Omero affermò essere Tiresia fra i morti, dicendo di lui che nell'Ade solo ha mente saggia mentre gli altri sono solamente ombre erranti. E costui, quassù, sarebbe, rispetto alla virtù, appunto come una realtà accanto alle ombre.<br />
MENONE'''Menone''': Mi sembra, o Socrate, che tu dica benissimo.<br />
SOCRATE'''Socrate''': Da questo ragionamento, dunque, Menone, pare che la virtù tocchi per sorte divina a coloro a cui è data. Questo però lo sapremo con certezza quando, prima ancora di ricercare in che modo la virtù sia data agli uomini, affronteremo in primo luogo la ricerca sulla virtù in sé e per sé. Adesso, per me è ora di andare, e tu vedi di convincere quest'ospite Anito delle cose di cui tu stesso sei rimasto persuaso, affinché si calmi: e, se riuscirai a convincerlo, forse recherei beneficio anche agli altri Ateniesi.
 
==''Parmenide''==
Line 371 ⟶ 387:
===[[Incipit]]===
====I traduzione====
APOLLODORO'''Apollodoro''': Credo proprio di essere ben preparato per soddisfare la vostra curiosità. L'altro giorno, infatti, venivo in città da casa mia, al Falero, quando uno che conosco, dietro di me, mi chiama da lontano in tono scherzoso:
"Ehi tu, del Falero, Apollodoro, mi aspetti un momento?"
Mi fermo e l'aspetto. E quello:
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==''Sofista''==
===[[Incipit]]===
TEODORO'''Teodoro''': Secondo l'accordo di ieri, o Socrate, veniamo direttamente belli e presenti e portiamo con noi questo forestiero, di stirpe di Elea, compagno di quelli del seguito di Parmenide e di Zenone, uomo versato particolarmente in filosofia.<br />
SOCRATE'''Socrate''': Forse, senza che tu te ne sia accorto, non un ospite tu porti, ma un dio, secondo il detto di Omero, il quale dice che con gli altri dèi quanti assieme agli uomini hanno parte del giusto rispetto, c'è soprattutto il dio degli ospiti che ci accompagna per osservare la prepotenza e insieme la rettitudine degli uomini. Probabilmente uno di questi esseri superiori potrebbe anche essere al tuo seguito per osservare e muovere delle critiche a noi che siamo così da poco nei ragionamenti, essendo egli un dio adatto alla verifica.
 
===Citazioni===
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===[[Explicit]]===
OSPITE'''Ospite''': E dunque lo incateneremo ancora, come prima, concatenando il suo nome dalla fine al principio?<br />
TEETETO'''Teeteto''': Esattamente.<br />
OSPITE'''Ospite''': èÈ stata definita dunque la mimetica dell'arte di contraddizione ironica, parte ancora dell'arte dell'opinione, quella del genere dell'apparenza che deriva da quella di creare immagini, che è umana e non divina e appartiene all'arte del creare, come parte che crea mirabilia nei discorsi: di questa genia, di questo sangue chi dicesse che è il sofista verace, a quel che sembra, direbbe il vero al massimo grado.<br />
TEETETO'''Teeteto''': èÈ assolutamente così.
 
==''Teeteto''==
===[[Incipit]]===
EUCLIDE'''Euclide''': Sei tornato da poco o da tanto, Terpsione, dalla campagna?<br />
TERPSIONE'''Terpsione''': è già un pezzetto e ti cercavo in piazza, anzi mi meravigliavo che non ero capace di trovarti.<br />
EUCLIDE'''Euclide''': Non mi trovavo in città.<br />
TERPSIONE'''Terpsione''': E dov'eri?<br />
EUCLIDE'''Euclide''': Scendendo al porto mi sono imbattuto per caso in Teeteto che veniva trasportato da Corinto, dall'accampamento, ad Atene.<br />
TERPSIONE'''Terpsione''': Era vivo o morto?<br />
EUCLIDE'''Euclide''': Vivo a malapena. Sta male per alcune ferite, ma ancor più perché l'ha colpito la malattia che si è diffusa nell'esercito.<br />
TERPSIONE'''Terpsione''': Forse la [[dissenteria]]?<br />
EUCLIDE'''Euclide''': Sì.
 
===Citazioni===
Line 443 ⟶ 459:
 
===[[Explicit]]===
SOCRATE'''Socrate''': Dunque, amico, sul problema della conoscenza siamo ancora pregni sotto qualche aspetto, o abbiamo partorito tutto?<br />
TEETETO'''Teeteto''': Per Zeus, io ho detto, tramite tuo, molte più cose rispetto a quelle che avevo in me stesso.<br />
SOCRATE'''Socrate''': Ma tutte queste cose la mia arte di ostetrico non dice che sono vane e non degne di essere coltivate?<br />
TEETETO'''Teeteto''': Proprio così.<br />
SOCRATE'''Socrate''': Se dunque dopo queste, o Teeteto, tu vorrai diventare pregno di altre riflessioni, se lo diventerai, sarai pieno per la presente ricerca, di riflessioni migliori, se invece ti manterrai vuoto sarai meno pesante per quelli che stanno con te e più affabile, perché, da buon saggio, non penserai di sapere quello che non sai. Soltanto questo infatti può la mia arte, nulla di più, e io non so nulla di quello che sanno gli altri, quanti uomini grandi e ammirevoli ci sono e ci sono stati. Questa arte maieutica io e mia madre l'abbiamo avuta per volere di un dio, lei a sostegno delle donne, io per quello dei giovani e nobili e quanti sono belli come te. E ora devo andare al portico del Re per ribattere all'accusa che contro me ha scritto Meleto. Incontriamoci di nuovo qui, o Teodoro, domani mattina.
 
==''Timeo''==
===[[Incipit]]===
====I traduzione====
SOCRATE'''Socrate''': Uno, due, tre: e dov'è, caro Timeo, il quarto di quelli che ieri invitai a pranzo e che oggi mi invitano?<br />
TIMEO'''Timeo''': Si è ammalato, Socrate: certamente non si sarebbe assentato di sua volontà da questo incontro.<br />
SOCRATE'''Socrate''': è dunque compito tuo e di costoro svolgere anche la parte che spettava all'assente?<br />
TIMEO'''Timeo''': Certamente, e per quanto ci è possibile nulla tralasceremo: non sarebbe giusto, infatti, che dopo che siamo stati accolti da te nei modi che si convengono agli ospiti, noi che siamo rimasti, non avessimo la volontà di ricambiare la tua ospitalità.
 
====Francesco Acri====
'''Socrate''': Uno, due, tre: e dov'è il quarto, caro Timeo, di quelli che convitai ieri, e che oggi mi convitano?<br />
'''Timeo''': Non istà bene; se no, figurati s'ei non voleva essere qua, in nostra compagnia.<br />
'''Socrate''': E se non ci è, tocca a te e a costoro fare anco la parte sua.<br />
'''Timeo''': Ma sí, e, quanto è da noi, non lasceremo nulla; ché non sarebbe bene se noi altri, per renderti cambio, non convitassimo ancora di buona voglia te che ci hai accolti ieri a banchetto con tanta amorevolezza e larghezza.<br />
 
===Citazioni===
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==[[Incipit]] di alcune opere==
===''Alcibiade maggiore''===
SOCRATE'''Socrate''': O figliuolo di Clinia, credo che ti maravigli ch'io primo tuo amatore, gli altri ritraendosi, io solo non mi ritragga; e che allora quando t'affollavan gli altri co' loro ragionamenti, io, è tanti anni, non t'abbia mai detto nulla. Questo fu, non per alcuna umana cagione, ma sí per un cotal divieto del Demone; la possanza del quale udirai e saprai tu dopo. Dacché ei non me ne fa piú divieto ora, io mi sono accostato a te: e spero ch'e' non me ne vorrà fare divieto né anche poi. Ma t'ho avuto l'occhio quasi tutto questo tempo, e bene io ho notato come ti contenevi co' tuoi amatori: ché non fu nessuno di quelli, ed eran pure molti e cosí orgogliosi, che, umiliato dal tuo orgoglio, non fuggisse da te. E te lo vo' dire perché li hai in dispetto.
 
===''Alcibiade minore''===
SOCRATE'''Socrate''': O Alcibiade, vai dunque a pregare il dio?<br />
ALCIBIADE'''Alcibiade''': Ebbene sì, Socrate.<br />
SOCRATE'''Socrate''': Sembri ombroso e guardi a terra come se fossi concentrato a riflettere su qualcosa.<br />
ALCIBIADE: E su cosa si potrebbe riflettere, o Socrate?<br />
SOCRATE'''Socrate''': Sulla più profonda delle meditazioni, Alcibiade, penso. Perché, via, per Zeus, non credi che gli dèi delle cose che ci troviamo a chiedere loro in privato o in pubblico, talora alcune le concedono, altre no, e può essere che ad alcuni sì e ad altri no?<br />
ALCIBIADE'''Alcibiade''': Certo.<br />
SOCRATE'''Socrate''': Non pensi occorra molta prudenza per evitare d'invocare nelle preghiere involontariamente grandi mali, ritenendo beni, mentre gli dèi si trovano nella condizione di concedere ciò che viene loro chiesto? Per esempio, Edipo, raccontano, pregò gli dèi che i figli risolvessero con la spada la questione dell'eredità paterna; pur potendo pregare di essere liberato dai mali che allora lo travagliavano, con le sue imprecazioni se ne attirò altri in aggiunta a quelli; ebbene, questi mali si compirono e dopo questi altri ancora, numerosi e terribili, e che bisogno c'è di dirli uno per uno?
 
===''Amanti''===
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===''Clitofonte''===
SOCRATE'''Socrate''': Un tale, poco fa, ci diceva che Clitofonte, figlio di Aristonimo, parlando con Lisia, biasimava le discussioni con Socrate, mentre lodava i dibattiti di Trasimaco.<br />
CLITOFONTE'''Clitofonte''': Quel tale, Socrate, non ti riferiva in modo esatto quei discorsi che feci su di te con Lisia; io, in verità, per alcuni aspetti non ti elogiavo, ma per altri sì. E poiché è chiaro che tu mi stai rimproverando, ma che fingi di non farlo, io stesso vorrei discorrere con te delle medesime cose, dato che ci troviamo ad essere noi due soli, affinché tu ti convinca che io non sono maldisposto nei tuoi confronti. Forse, infatti, non hai compreso correttamente, così da sembrare più aspro del dovuto verso di me, ma se mi concedi libertà assoluta di parola, io la accoglierò con piacere, anzi desidero proprio parlare.<br />
SOCRATE'''Socrate''': Sarebbe vergognoso non farlo, dato che hai un così vivo desiderio di essermi di giovamento; è chiaro che sapendo in quali cose difetto e in quali eccello, queste ultime le perseguirò e le eserciterò, le prime, invece, le eviterò con tutte le mie forze.
 
===''Crizia''===
TIMEO'''Timeo''': Con quanta gioia, o Socrate, come se riposassi dopo un lungo cammino, mi libero ora volentieri del corso del ragionamento. Quel dio, nato un tempo nella realtà e ora nato da poco a parole, io prego che ci garantisca la conservazione, tra tutto ciò che è stato detto, di quelle cose che sono state dette con misura, e se, senza avvedercene, dicemmo qualcosa di stonato su di loro, di infliggere la giusta pena. Ma giusta punizione è rendere intonato colui che stona; affinché dunque in futuro facciamo discorsi corretti sull'origine degli dèi, preghiamo di fornirci la conoscenza, potentissimo ed efficacissimo tra i rimedi. Dopo aver così pregato, lasciamo, conformemente a quanto convenuto, il seguito del ragionamento a Crizia.<br />
CRIZIA'''Crizia''': Ebbene, Timeo, accetto; tuttavia la preghiera a cui anche tu all'inizio facesti ricorso, chiedendo comprensione giacché avresti parlato di grandi cose, ebbene, Questa stessa preghiera la formulo anch'io adesso, ma chiedo di ottenere una comprensione ancora maggiore per le cose che stanno per essere dette.
 
===''Epinomide''===
CLINIA'''Clinia''': Come avevamo convenuto, giungiamo tutti e tre puntuali, o straniero, io, tu e questo Megillo qui, per considerare l'argomento della saggezza e precisamente come debba affrontarsi con il ragionamento ciò che – una volta intellettivamente afferrato – noi sosteniamo permetta alla capacita propria dell'uomo di trovarsi nella migliore condizione rispetto alla saggezza, quanta almeno è possibile che l'uomo possieda. Per il resto, infatti, riteniamo di aver esaurito l'argomento sull'istituzione delle leggi. Ma quel che più importa trovare e dire, ossia attraverso quale scienza un uomo mortale potrebbe diventare sapiente, questo né l'abbiamo detto, né l'abbiamo trovato ed è ora questo che che dobbiamo fare in modo di non tralasciare; altrimenti, infatti, rimarrebbe incompiuto il progetto per il quale ci siamo mossi, di far chiarezza su tutto, dall'inizio alla fine.<br />
ATENIESE'''Ateniese''': Caro Clinia, parli bene, tuttavia penso che ti toccherà ascoltare un discorso fuori dall'ordinario, anzi, per certi versi fuori all'ordinario, per certi altri no.
 
===''Eutidemo''===
====I traduzione====
CRITONE'''Critone''': Chi era, o Socrate, quello con cui discutevi ieri nel Liceo? Una grande folla vi stava intorno, tanto che io, volendo ascoltarvi, pur essendomi avvicinato, non riuscii a sentire nulla di chiaro; tuttavia, protendendo la testa, riuscii a vedere e mi parve che fosse uno straniero quello con cui discutevi. Chi era?<br />
SOCRATE'''Socrate''': Di quale dei due chiedi, o Critone? Non c'era infatti una sola persona, ma ce n'erano due.<br>
CRITONE'''Critone''': Quello di cui parlo io sedeva alla tua destra, il terzo a partire da te; in mezzo a voi c'era il ragazzo figlio di Assioco. E mi sembrò, o Socrate, che fosse cresciuto moltissimo e che non avesse molta differenza di età dal nostro Critobulo. Quello però è mingherlino, questo, invece, è prestante ed eccellente d'aspetto.<br />
SOCRATE'''Socrate''': Quello di cui chiedi, o Critone, è Eutidemo, mentre quello seduto vicino a me a sinistra è suo fratello Dionisodoro: anch'egli prende parte alle discussioni.<br />
CRITONE'''Critone''': Non conosco nessuno dei due, o Socrate. Come sembra sono nuovi sofisti. Di che paese sono? E qual è la loro sapienza?<br />
SOCRATE'''Socrate''': Costoro, come credo, sono originari di Chio o lì vicino, ma emigrarono a Turi. Esiliati di là vivono in questi luoghi già da molti anni. Quanto a ciò su cui mi interroghi, la loro sapienza, è meravigliosa, o Critone: sono veramente sapientissimi. Prima io non sapevo che cosa fossero i pancraziasti perché costoro sono perfettamente pronti ad ogni genere di combattimento, ma non com'erano i due fratelli pancraziasti Acarnani. Quei due infatti erano capaci di combattere solo col corpo, questi, invece, sono in primo luogo fortissimi fisicamente – essi sono molto abili a combattere in armi e sono in grado di rendere tale un altro che paghi loro un onorario –; in secondo luogo sono eccellenti nel combattere la battaglia nelle aule di giustizia e nell'insegnare ad altri a pronunciare e a scrivere discorsi adatti ai tribunali
 
====Ruggiero Bonghi====
'''Critone.''': Chi era, Socrate, quello col quale tu discorrevi jeri nel Liceo<ref>Uno deʹ tre Ginnasii dʹAtene, il più antico ed importante. Era luogo dʹesercitazioni ginnastiche, e Aristotele vʹinsegnò, passeggiando. Aveva il nome dal tempio vicino dʹApollo Licio.</ref>? Eʹ cʹera pur una gran folla intorno a voi, sicché io, che avrei voluto sentire, non potetti avvicinarmi tanto che mi riuscisse dʹintender nulla. Però, mi alzai sulla punta deʹ piedi, e gli guardai in viso, ed eʹ mi parve un forestiero quello col quale tu discorrevi. Chi era egli?<br />
'''Socrate.''': Ma di chi tu dimandi? Giacché ce nʹera due, non uno.<br />
'''Critone.''': Chi intendo io, era il terzo seduto dopo te, a destra: tra voi cʹera il figliuolo dʹAssioco<ref>Clinia.</ref>. Ed eʹ mʹè parso esser cresciuto ben bene, Socrate, e chʹeʹ non deva, di età, differire molto da Critobolo nostro<ref>Figliuolo di Critone, giovine di bellissimo aspetto, e appassionato di Socrate: che troveremo menzionato altrove da Platone. Si veda DIOG. LAERT., II, 13, 121. XENOPH., ''Sympos''., III, 7; IV,.10; V, 1 e seg.</ref>. Se non che quello è delicatino, mentre questo è venuto avanti bene; ed è buono e bello dʹaspetto.<br />
'''Socrate.''': Chi tu dimandi, Critone, è Eutidemo, e lʹaltro seduto alla mia sinistra, è il suo fratello Dionisodoro; anchʹesso prese parte alla conversazione.<br />
'''Critone.''': Non conosco, Socrate, né lʹuno né dʹaltro. Son deʹ nuovi sofisti, pare. Di dove sono? E che sapienza<ref>Sapienza, in greco, è σοϕία, come tutti sanno. E sofista vuole propriamente dire, ''uno che rende altrui sapiente''; da σοϕίζω, ammaestrare. Vedi PAPE, ''Etymolog. Wörterb''., p. 555. COPE, ''Classical Journal'' I. 182. LʹHERMANN invece op. cit. 204. Collʹannot. 209 dietro Fozio (528. Gor.) da σοϕίζεσϑαι. Il Frei (op. cit. p. 11) approva. A me par migliore la derivazione dallʹattivo. — ''Sapienza'', in simili luoghi, ha un senso latissimo.</ref> professano?<br />
'''Socrate.''': Costoro di nascita, sono, credo, di Chio<ref>Chio, una delle Sporadi, molto più vicina ad Atene che non Turio, però dice ''di costì''. Dipendeva dallʹimperio dʹAtene, imperio che a un Ateniese segnava quasi lʹultima cerchia delle mura di Atene.</ref>, però migrarono a Turio, e cacciati di là<ref>Tra gli Ateniesi, probabilmente, che ci andarono a coloni nellʹOlymp. 84, 2 = 443 a. C. con dieci navi guidate da Lampone e Senocrito. Così chiamata dalla fonte Turia, teneva il luogo dellʹantica Sibari, distrutta dai Crotoniati. Erodoto di Alicarnasso e Lisia siracusano furono traʹ coloni: ROUTH. a q. I. che cita DIOD., XI, 90; XII, 7 e 10. STRAB., VI, p. 263. Turio non era tra gli alleati tributarii di Atene; anzi pare che i coloni ateniesi fossero pochi. Di maniera che il partito ateniese non vi si potette mantenere tanto in forza, che Lisia con trecento altri, accusati di atticizzare, non fossero cacciati di Turio nellʹa. C. 412 o 411, olymp. 92, 1. Sarebbe difficile di affermare collo Schleiermacher che appunto in codestʹanno fossero stati rimandati i nostri sofisti, dovendo essere pur troppo fin dʹallora un caso molto frequente, in questa misera terra, che queʹ che ''un muro'' ed una fossa ''serra'', non si potessero tollerare gli uni gli altri, ed alternassero spesso lʹesilio. — Vedi GROTE, op. cit. p. II, XLVII, I. V. p. 19.</ref>, è già molti anni che girano da queste parti. Quanto a ciò che tu dimandi, della loro sapienza, meravigliosa davvero, o Critone; ogniscienti a dirittura. Cosicché io, prima dʹora, non intendevo neanche cosa mai volesse dire schermidor sovrano. Costoro sì, sono davvero gente da ogni battaglia, e non alla maniera di queʹ due fratelli acarnanii<ref>Deʹ quali non si sa nulla. HEIND.</ref>. Questi non erano, buoni a combattere se non col corpo; mentre costoro, per la prima cosa, sono valentissimi col corpo, e a quel genere di battaglia col quale eʹ si vince tutti. Di fatti, non solo sono loro molto sapienti nel combattimento ad armi vere, ma anche capaci di farci sapiente altrui, chi gli paghi. Ma e di poi, sono potentissimi nella battaglia forense, e a piatire, e a insegnare altrui a recitare e scrivere discorsi da far colpo neʹ tribunali<ref>In tutto questo luogo ho dovuto fare alcuna mutazione nel testo, perché il lettore italiano avesse qualche immagine della sottile ironia e del gran garbo del discorso di Socrate. Di fatti, dove io ho detto ''schermidor sovrano'', frase troppo moderna, giacché ''scherma'' non suggerisce lʹidea delle varie lotte vere e pericolose, che parevano adatto esercizio del corpo, e il cui spettacolo cagionava un acuto diletto agli antichi,
:Creando a sé delizia
:E delle membra sparte
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===''Eutifrone''===
====I traduzione====
EUTIFRONE'''Eutifrone''': Che c'è di nuovo, Socrate, che hai lasciato i trattenimenti del Liceo per venire oggi a trattenerti qui intorno al Portico del re?. Non credo che anche tu abbia, come ho io, una causa davanti al re.<br />
SOCRATE'''Socrate''': Veramente, Eutifrone, questa mia gli Ateniesi non la chiamano una causa, ma un'accusa.<br />
EUTIFRONE'''Eutifrone''': Che dici? Qualcuno dunque ha sporto un'accusa contro di te? Perché non ti farò il torto di supporre che tu accusi un altro.<br />
SOCRATE'''Socrate''': No, di certo.<br />
EUTIFRONE'''Eutifrone''': Ma un altro te?<br />
SOCRATE'''Socrate''': Precisamente.<br />
EUTIFRONE'''Eutifrone''': E chi è costui?<br />
SOCRATE'''Socrate''': In coscienza, Eutifrone, neppur io so bene chi egli sia. Deve però essere giovane ed ignoto. Lo chiamano, se non erro, Meleto, ed è del demo di Pittos. Non hai tu per caso in mente un Meleto Pitteo, con zazzera, poca barba e naso aquilino?<br />
EUTIFRONE'''Eutifrone''': Non credo di conoscerlo, Socrate. Ma, insomma, di che ti accusa?<br />
SOCRATE'''Socrate''': Di che? D'un'accusa che rivela un uomo non comune, mi sembra. Perché, così giovane, intendersi d'una faccenda così grave, non è affare da nulla. Egli difatti, a quanto afferma, sa in che modo si corrompano i giovani e chi siano quelli che li corrompono. E dev'essere un sapiente; s'è accorto della mia ignoranza, ha visto che corrompo i suoi coetanei, e viene ad accusarmi alla città, come ad una madre comune. È, mi pare, il solo dei nostri uomini di Stato che cominci bene, giacché è cominciar bene il prendersi cura prima di tutto dei giovani, in modo che riescano ottimi, come il dovere d'un buon agricoltore è aver cura prima delle tenere piante e poi delle altre. E perciò forse anche Meleto monda il terreno innanzi tutto di noi che corrompiamo, a suo dire, i germogli dei giovani; e in seguito, quando si sarà messo a curare i più anziani, procaccerà evidentemente moltissimi e grandissimi beni alla città, come c'è da aspettarselo da chi comincia a questo modo.
 
====Francesco Acri====
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'''Socrate''': Tale, penso io, che non gli farà vergogna; perché ti pare un affar di nulla quel che sa lui, così giovine! Sa nientedimeno, come va dicendo, in quali modi sian guasti i giovani, e chi son quei che li guastano. E ho una paura ch'e' sia qualche brav'omo, che, adocchiata la mia ignoranza con la quale io fo prendere mala piega a quelli dell'età sua, ricorre alla repubblica come a una madre, e m'accusa. Certo fra i politici egli è il solo che mi pare cominci a modo: perocché prima convien pigliarsi cura de' giovani perché vengan su buoni quanto può essere; come fa l'accorto lavoratore che prima si piglia cura delle pianticelle più tenere; poi degli altri. E forse Melito pon la falce prima su noi, che, come va dicendo, annebbiamo i gentili germi de' giovani; dopo, non v'ha dubbio, rivolgendo le sue cure ai più vecchi, farà al paese nostro un bene da non si dire, come s'ha ad aspettare da uno che principia così.<br />
{{NDR|Platone, ''L'Eutifrone, ovvero Del santo'', versione di Francesco Acri, Einaudi, 1970}}
 
===''Filebo''===
SOCRATE: Considera, Protarco, quale discorso stai per ricevere adesso da Filebo e con quale nostro discorso dovrai contendere, qualora le parole dette non rispecchiassero il tuo pensiero. Vuoi che li riassumiamo per sommi capi tutti e due?<br />
PROTARCO: Sì, certamente.<br />
SOCRATE: Dunque Filebo afferma che per tutti i viventi il bene consiste nel godimento, nel piacere, nella voluttà, e in tutto ciò che rientra in questo genere di cose. La ragione della nostra controversia consiste allora nel fatto che non queste realtà, ma che l'attività dell'intelligenza, della mente, e della memoria, e altre cose affini, come l'opinione giusta e i veritieri ragionamenti, siano migliori e preferibili al piacere per tutti quanti hanno la possibilità di prenderne parte: ed è proprio questa possibilità che rappresenta per tutti quelli che stanno vivendo o vivranno il vantaggio senz'altro più significativo. Non è dunque in questi termini che noi discutiamo, Filebo, uno da una parte e l'altro dall'altra?<br />
FILEBO: Certamente, Socrate.<br />
SOCRATE: E tu, Protarco, accetti questo discorso che ti è stato appena consegnato?<br />
PROTARCO: Non posso farne a meno: infatti il nostro bel Filebo vi ha rinunciato.<br />
SOCRATE: Ma non si deve ad ogni costo arrivare alla verità riguardo a tali questioni?<br />
PROTARCO: Sì, è necessario.<br />
 
===''Ione''===
====I traduzione====
SOCRATE'''Socrate''': Salve, Ione. Da dove arrivi qui da noi? Forse da Efeso, da casa tua?<br />
IONE'''Ione''': No, Socrate, vengo da Epidauro, dalla festa di Asclepio.<br />
SOCRATE'''Socrate''': Come mai? Forse gli Epidauri dedicano al dio anche una gara di rapsodi?<br />
IONE'''Ione''': Certo, e gli dedicano anche gare in ogni altra arte riguardante le Muse.<br />
SOCRATE'''Socrate''': E allora? Hai partecipato anche tu a qualche gara per rappresentarci? Hai vinto qualche premio?<br />
IONE'''Ione''': Socrate, abbiamo vinto il primo premio.<br />
SOCRATE'''Socrate''': Bene! Ma cerchiamo di vincere anche le Panatenee.<br />
IONE'''Ione''': Così sarà, se il dio lo vuole.<br />
SOCRATE'''Socrate''': Ione, certo spesso ho invidiato voi rapsodi per la vostra arte: infatti desta invidia il fatto che andiate sempre adorni nel corpo in modo appropriato alla vostra arte, che siate al massimo della vostra bellezza e nel contempo è da invidiare la necessità che vi porta a frequentare molti altri bravi poeti e soprattutto [[Omero]], il migliore e il più divino tra i poeti, e a comprenderne non solo le parole ma anche il pensiero. Poiché mai si potrebbe essere rapsodi se non si comprendessero le parole del poeta, del cui pensiero il rapsodo deve farsi interprete per gli ascoltatori: è impossibile interpretarlo correttamente senza capire ciò che il poeta dice. Pertanto tutto questo è degno di essere invidiato.
 
====Francesco Acri====
'''Socrate''': Ti saluto, o Jone: di dove ci vieni tu ora? di casa, da Efeso?<br />
'''Jone''': No, Socrate; da Epidauro, dalle feste di Esculapio.<br />
'''Socrate''': Forse gli Epidauresi hanno ordinato anco gare di rapsodi a onore del Dio?<br />
'''Jone''': Sí certo; e non di cotesta arte solamente, ma anco di tutte l'altre compagne.<br />
'''Socrate''': Che? ti ci se' provato tu? come t'è andata?<br />
'''Jone''': I primi premi li avemmo noi, o Socrate.<br />
'''Socrate''': Bene: fa che vinciamo anco nelle Panatenee.<br />
'''Jone''': Sarà cosí, se vuole Dio.<br />
'''Socrate''': Spesse volte io ho invidiato voi rapsodi, o Jone, per l'arte vostra: imperocché quello aver sempre a essere ornati della persona, sí da fare un assai bel vedere, come a voi si conviene, e quello aver sempre la mano in molti poeti e buoni, specialmente in Omero assai eccellente e divinissimo sovra a tutti, e intendere, non che le parole, il suo sentimento; ché, sai, non sarebbe egli rapsodo chi non vedesse piú in là dalla buccia, perché il rapsodo dee essere ai suoi uditori lo interprete del poeta, e non può, se non l'intende; tutto ciò degno veramente è d'invidia.<br />
{{NDR|Platone, ''[http://www.liberliber.it/libri/p/plato/index.htm Il Jone ovvero Del furore poetico]'', in "Dialoghi", versione di Francesco Acri, CDE, Milano, 1988.}}
 
===''Ipparco''===
SOCRATE'''Socrate''': Dimmi: che cos'è l'avidità di guadagno? Che cosa può essere, e chi sono questi avidi?<br />
AMICO'''Amico''': Penso che siano quelli che fanno conto di trarre guadagno da cose di nessun valore.<br />
SOCRATE'''Socrate''': Ritieni, dunque, che essi sappiano che sono prive di valore, oppure che lo ignorino? Perché, se lo ignorano, tu definisci gli avidi di guadagno gente priva di intelligenza.<br />
AMICO'''Amico''': Tutt'altro che privi di intelligenza! Io piuttosto li definirei uomini scaltri, furfanti e incapaci di resistere al guadagno; pur riconoscendo come prive di valore le cose dalle quali ardiscono trarre profitto, tuttavia osano, a motivo della loro sfrontatezza, cercare il guadagno.<br />
SOCRATE'''Socrate''': Intendi forse dire che l'avido di guadagno è simile, per esempio, a un contadino che pianta un albero e, pur sapendo che esso non ha alcun valore, fa conto di trarne guadagno, una volta fatto crescere? È forse questo che dici?<br />
AMICO'''Amico''': Da tutto, certo, o Socrate, l'avido di guadagno pensa di dover trarre profitto.
 
===''Ippia maggiore''===
SOCRATE'''Socrate''': Ecco il bello e sapiente Ippia: dopo quanto tempo sei giunto da noi ad Atene!<br />
IPPIA'''Ippia''': èÈ vero, Socrate, infatti non ne ho avuto il tempo, perché Elide, quando deve trattare con una città, si rivolge sempre a me per primo tra i cittadini, scegliendomi come ambasciatore, poiché mi considera colui che sa meglio giudicare e riferire i discorsi che debbano eventualmente essere pronunciati presso ciascuna città. Spesso pertanto ho portato ambascerie in altre città e in particolar modo a Sparta e riguardo a questioni assai numerose e veramente importanti. Perciò, cosa che tu chiedi, non frequento questi luoghi.<br />
SOCRATE'''Socrate''': Ippia, appunto in tale condotta consiste l'essere un uomo veramente sapiente e perfetto. Tu infatti, prendendo privatamente molto denaro dai giovani, sei capace di procurare loro vantaggi ancora maggiori di quelli che ricevi e inoltre, in ambito pubblico, sei in grado di recare benefici alla tua città, come deve fare colui che vuole non essere disprezzato, ma godere di una buona reputazione agli occhi della gente. Ma Ippia, qual è mai il motivo per cui quegli antichi i cui nomi sono ritenuti importanti per la loro sapienza – cioè [[Pittaco]], Biante, quelli della cerchia di [[Talete]] di Mileto e quelli che vennero dopo, fino ad [[Anassagora]] – risultano tutti o per la maggior parte essersi tenuti in disparte dalle attività politiche?<br />
IPPIA'''Ippia''': Perché credi, Socrate, se non perché non ne erano in grado ed erano incapaci di svolgere con competenza tanto le attività pubbliche quanto quelle private?<br />
SOCARTE'''Socrate''': Per Zeus, forse dunque come le altre arti sono progredite e gli artigiani di un tempo sono meno bravi di quelli di oggi, così diciamo che anche la vostra tecnica di sofisti è progredita e che gli antichi sono inferiori a voi in sapienza?<br />
IPPIA'''Ippia''': Parli in modo assolutamente corretto.<br />
SOCRATE'''Socrate''': Se dunque ora Biante ci ritornasse in vita, Ippia, susciterebbe il vostro riso, così come [[Dedalo]] sarebbe ridicolo – dicono gli scultori – se, rinato, producesse ora opere quali quelle grazie a cui conseguì la sua fama.<br />
 
===''Ippia minore''===
EUDICO'''Eudico''': Perché taci, Socrate, dopo che Ippia ha tenuto una lezione tanto bella, e non lodi con noi qualche punto di quanto e stato detto o non confuti ciò che ti pare non sia stato detto bene, a maggior ragione per il fatto che siamo rimasti proprio noi che ambiremmo in modo particolare a partecipare a una discussione filosofica?<br />
SOCRATE'''Socrate''': Eudico, certo che ci sono domande che farei volentieri a Ippia su ciò che diceva poco fa di Omero. Infatti da tuo padre Apemanto sentivo che l'Iliade è un poema omerico più bello dell'Odissea, tanto più bello quanto Achille è migliore di Odisseo, poiché diceva che dei due poemi uno era stato composto per Odisseo, l'altro per Achille. Pertanto, se Ippia acconsente, chiederei volentieri che cosa pensa di questi due uomini, quale dei due egli ritiene essere migliore, dato che ci ha mostrato molte altre svariate particolarità di altri poeti e di Omero.<br />
EUDICO'''Eudico''': Ma è chiaro che Ippia non rifiuterà di risponderti, se gli fai qualche domanda. Infatti, Ippia, se Socrate ti domanda qualcosa, forse non risponderai? O come ti comporterai?<br />
IPPIA'''Ippia''': Eudico, mi comporterei veramente in modo assurdo se, mentre mi reco sempre dalla mia patria, Elide, a Olimpia, alla solenne riunione degli Elleni, quando ci sono i giochi olimpici, nel tempio mi metto a disposizione per pronunciare il discorso che ognuno vuole tra quelli preparati per essere esposti o per rispondere a chi vuoi pormi una qualsiasi domanda, e ora non volessi rispondere a Socrate.<br />
SOCRATE'''Socrate''': Ippia, sei proprio fortunato se a ogni Olimpiade vai nel tempio così fiducioso nel tuo animo per la tua sapienza: e mi meraviglierei se qualche atleta andasse là per le gare così, senza paura e con tanta fiducia nel proprio corpo quanta tu dici di riporre nella tua mente.<br />
IPPIA'''Ippia''': Socrate, è naturale che io sia in questa condizione poiché, da quando ho incominciato a gareggiare ai giochi olimpici, non ho mai incontrato nessuno più bravo di me in nulla.<br />
 
===''L'Assioco''===
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===''Lachete''===
LISIMACO'''Lisimaco''': Avete visto quell'uomo combattere in armi, Nicia e Lachete: il motivo per cui Melesia ed io vi abbiamo esortato ad assistere a ciò, non ve lo abbiamo detto allora, ma ve lo diremo adesso. Con voi crediamo di dover parlare liberamente.
Vi sono alcuni che si prendono gioco di queste cose e nel caso in cui uno chiedesse loro un consiglio, non gli direbbero quello che pensano, ma tenendo conto di colui che chiede loro il consiglio, dicono cose contrarie alla loro opinione. Quanto a noi, invece, poiché vi ritenevamo capaci di conoscere e, una volta conosciuto, di riferire con semplicità ciò che pensate, vi abbiamo chiamato per avere un consiglio su ciò di cui vogliamo parlare. L'argomento a cui ho fatto tutte queste premesse è il seguente. Questi sono i nostri figli: questo è il figlio di costui e porta il nome del nonno, Tucidide, questo, invece, è mio figlio – anche lui porta il nome del nonno, di mio padre cioè; infatti si chiama Aristide – a noi, dunque, è sembrato giusto prenderci cura di costoro, per quanto ci era possibile, e di non comportarci come i più, che, quando i figli sono divenuti adolescenti, lasciano che essi facciano ciò che vogliono, ma cominciare fin da ora ad occuparci di loro, per quanto ne siamo in grado. Poiché sappiamo che anche voi avete dei figli, abbiamo ritenuto che voi, se non altri, vi sareste preoccupati di come avrebbero potuto diventare ottimi, se vi foste curati di loro; se, poi, non aveste riflettuto abbastanza su ciò, vi avremmo ricordato che non bisogna trascurarlo e vi avremmo invitato ad aver cura dei vostri figli insieme a noi.
 
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====Ruggiero Bonghi====
'''Amico.''': Di dove spunti, Socrate? O non si domanda? Dalla caccia di quella leggiadra fiera d'Alcibiade<ref>Di Alcibiade che è rimasto, pe' suoi difetti più che per le sue qualità, il nome più popolare della storia greca, ''omnia in vulgus nota''. Ne sarà discorso nel dialogo che porta il suo nome e nel Convivio.</ref>? E anche a me, ti so dire, che l'ho visto jeri l'altro, e' m' è parso un bell'uomo, ma però già un uomo, Socrate, a dirla tra noi, e tutto pieno di barba.<br />
'''Socrate.''': E per questo? Oh, tu davvero, non sei ammiratore di Omero, il quale dice che quando la prima lanugine adombra il [[mento]], Il più bel fior di giovinezza sia<ref>''Iliad''. XXIV, 348, ed ''Odyss''. X, 278. ‐ Non manca di una sua bellezza questa libertà e genialità di conversazione. Socrate in luogo di rispondere alla precisa dimanda dell'amico, s'oppone a una sua osservazione passeggiera e di nessun rilievo riguardo alla dimanda stessa. Alcibiade ci si dipinge come un uomo su' venti anni. Non si sa precisamente l'anno della sua nascita; ma mi par probabile il ragionamento del MASON nello SMITH'S ''Dictionary'', il quale crede ch'egli nascesse nel 450 a. C. all'incirca. Dall'età presunta d'Alcibiade si argomenterebbe dunque che Platone finga che questo dialogo fosse tenuto nel 430 o nel 428 su per giù; che sarebbe un anno prima o dopo la battaglia di Potidea, alla quale è verisimile che Alcibiade fosse presente insieme con Socrate, come più tardi a quella di Delio (424).</ref>, quella che ha Alcibiade ora?<br />
'''Amico.''': Ebbene, dunque? Tu ti spicchi da lui, eh? E com'è egli disposto verso di te il giovine?<br />
'''Socrate.''': Bene, certo, m'è parso; anzi, mai meglio di oggi. Di fatti, ha parlato molto in mio favore per ajutarmi; cosicché, anche, non è un momento che l'ho lasciato. Pure, ti voglio dire una strana cosa; lui presente, non solo non gli ho badato, ma mi sono più volte scordato ch'egli ci fosse.<br />
'''Amico.''': E che così gran caso vi sarebb'egli potuto avvenire a te e a lui? Certo, non ti sei imbattuto in uno più bello, in questa città almeno.<br />
'''Socrate.''': E di molto, anche.<br />
'''Amico.''': Cosa dici? cittadinoCittadino o forestiero?<br />
'''Socrate.''' Forestiero.<br />
'''Amico.''': Di dove?<br />
'''Socrate.''': Abderita<ref>ABDERA, città di Tracia vicino all'imboccatura del Nesto. Una colonia fondata prima da Timesio di Clazomene nel 656 av. Cristo, distrutta da' Traci subito, e ristabilita più tardi da' Tei, abitanti d'una città marittima della Bitinia. Di dove Protagora che era nato in Abdera, si trova a volte chiamato Teio (FREI. ''op. cit.'' p. 3).</ref>.<br />
'''Amico.''': E t'è sembrato così un bell'uomo il forestiero, da parerti più bello del figliolo di Clinia<ref>Morto alla battaglia di Coronea, combattuta nel 443 a. C. tra gli Ateniesi e i Beozii, colla peggio de' primi.</ref>?<br />
'''Socrate.''': E come non deve, o beat'uomo, il fiore d'ogni sapienza non parere più bello?<br />
'''Amico.''': Ma oh! che tu mi capiti, dopo un incontro con qualche sapiente?<br />
'''Socrate.''': Anzi, col più sapiente di quanti vivono oggi, se a te Protagora pare che sia il più sapiente.<br />
{{NDR|Platone, ''[http://www.liberliber.it/libri/p/plato/index.htm Protagora]'', traduzione di Ruggiero Bonghi, Milano, F. Colombo, 1859.}}