Erri De Luca: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
m sistemo
m +wikilink
Riga 194:
*E[rri]: Nelle mie scritture sono debitore di voci, le ascolto in una parte interna dell'orecchio, negli ossicini del labirinto, dove pure ritrovo le persone assenti. In un posto del mio orecchio si incontrano i membri di un'assemblea del passato, i lontani. Non so decidere, neanche voglio, se vengono per surriscaldamento dell'immaginazione oppure sono visite vere. La mia pagina le accoglie senza chiedere documenti. (pp. 49-50)
*N[ives]: {{NDR|Sul rapporto con il marito Romano Benet}} Noi due ce ne andiamo a scalare le montagne più alte della terra non solo per passione alpinistica, ma per amore, perché ci si ama, si è in due, si va a portare lassù la nostra prova di coppia. Non rischiamo solo un pezzo di vita, ma pure la felicità. [...] Siamo un laboratorio dell'amore ad alta quota. Ce lo giochiamo a [[testa o croce|testa e croce]] e alla fine riusciamo a girarlo dalla parte giusta. Ma lo lanciamo in aria molte volte, molte volte lo buttiamo via e poi lo riacciuffiamo. [...] Non è un gioco, il nostro amore quassù, ce lo portiamo dietro e dà coraggio oppure fa paura quando il passo si stacca, Romano va al suo ritmo impossibile e si punta alla cima separati, con due solitudini. Poi lassù si ricongiunge, si riannoda con una forza spaventosa. (p. 51)
*N[ives]: {{NDR|Sul marito Romano Benet}} Se la sa cavare sempre, sa cavarsela per due, per me e per lui. È calmo in piena bufera come quando sta a casa e accende il fuoco. Ha una bussola in testa, sa dove andare quando non si vede a un passo e gli altri hanno la sola scelta di mettersi a sedere e aspettare una schiarita. Lui, un piede dietro l'altro, fiuta la direzione e arriva. L'ha imparato nei boschi, non si perde mai. Legge la neve, la capisce. Amo quest'uomo di arie aperte, compatto come un pugno, capace di stare davanti a un orso, reggere il suo sguardo, intendersi al volo senza mosse così che ognuno possa andare per la sua strada. Il suo mestiere è fare la [[Corpo forestale dello Stato|guardia forestale]], batte i boschi d'inverno e protegge le bestie dalla peggiore di tutte, la più ladra del regno animale. Quando parla di loro, delle bestie dei boschi, si riscalda, sorride, gli spunta un attaccamento da tifoso, uno che segue la sua squadra ovunque giochi. La sua squadra è nei boschi. (p. 53)
*N[ives]: {{NDR|Sul rapporto con il marito Romano Benet}} L'amore portato qua sopra, l'amore esposto a queste forze furiose di natura, l'amore da trascurare per poi ritrovarlo al suo posto [...] è la cosa che ho in più rispetto alle scalatrici che in questi anni hanno tentato e tentano come me di toccare le maggiori altezze del pianeta. L'amore nostro è la forza che mi ricarica per semplice contatto, che spinge ancora quando non ho più fiato, perché so che c'è lui con me là sopra, e così continuo. L'amore nostro è il mio combustibile, un'energia pulita. Se mi riuscirà di completare il giro dei quattordici ottomila, sarà per questo amore. Altre prima di me sono cadute sulle stesse montagne, desiderate con più forza della vita stessa. Io non sono migliore, più brava di loro, però ho Romano con me, ho l'amore, non l'ho lasciato a casa ad aspettarmi, a logorarsi d'ansia. Quassù ho con me la famiglia, sono una lumaca che va con il suo guscio. Questa nostra formazione annodata mi fa credere di poter riuscire. Lui ce la farebbe anche da solo, ma in due, con me, per lui è più bello, più goduto. Pure per me è così, però con la certezza che senza di lui mi mancherebbe la volontà, più che la forza. [...] Però così come siamo forti, siamo fragili il doppio. Senza uno di noi, l'altro non può. Noi siamo quest'impresa in comune di scalare, non possiamo accettare altro formato. Non è un patto, non l'abbiamo scritto e nemmeno detto. È così. Esistono cose semplici e dure che non serve dirsi. (pp. 55-56)
*E[rri]: La montagna non è un mostro che uccide [...] Le valanghe che non ha potuto trattenere, le scariche di sassi che sono saltate di sotto: c'è un dolore della montagna, e un suo risarcimento che aiuta altri alpinisti. Ognuno di noi ha avuto nelle scalate esperienza di fortuna: è più precisamente una sua premura, una protezione riuscita. [...] Le vite perdute su di lei sono una sua ferita e vengono rimborsate con salvezze offerte ad altri. Tutti i successi alpinistici provengono da un lasciapassare. (p. 56)