Franco Bandini: differenze tra le versioni

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*Entrammo in guerra, nel «maggio radioso», con trentacinque Divisioni di fanteria, una di bersaglieri, quattro di cavalleria e due raggruppamenti alpini. Sotto le bandiere, nei primissimi giorni di operazioni, si trovavano 852.000 uomini, con 23.000 ufficiali: ma bisognava aggiungerci 344.000 uomini della Milizia Territoriale e 44.000 che si trovavano in Libia. Soltanto un mese dopo, però, l'esercito attivo era arrivato a un milione e 50.000 uomini: cosicché la prima estate di guerra vide alle armi poco meno di un milione e mezzo di italiani. (Capo III, p. 37)
*{{NDR|I soldati italiani a [[Battaglia di Caporetto|Caporetto]]}} Si batterono meglio che poterono, inchiodati all'insuccesso da una situazione tattica e strategica che non erano essi ad aver voluto: si consumarono come cera al fuoco tentando l'impossibile, compagnia per compagnia, battaglione per battaglione, batteria per batteria. Furono travolti da un tipo di attacco al quale nessuno li aveva addestrati, semplicemente perché nessuno lo riteneva possibile: e quando si accorsero di questa assoluta carenza di comando, quando la realtà bruscamente balzata dalle nebbie di Caporetto fece loro di comprendere in un lampo che abissale distanza correva tra le parole rimbombanti dei bollettini e la verità del nemico, allora caddero in preda di uno «choc» dal quale non era per nulla facile risollevarsi. (Capo VII, p. 106)
*Tra gli ufficiali dell'«Alpenkorps» tedesco all'attacco {{NDR|nella battaglia di Caporetto}}, c'era un giovane Oberleutnant dagli occhi azzurri e dallo sguardo intento: si chiamava [[Erwin Rommel]]. La fururafutura «volpe del deserto» imparò in quei giorni tre cose fondamentali, che gli dovevano servire prodigiosamente bene ventitré anni dopo. Il cospicuo dividendo pagato dall'audacia e dalla velocità in campo strategico, il valore del soldato italiano fino al Comando di reggimento, e la completa disistima per i Comandi superiori. Era una diagnosi assolutamente esatta: la guerra del 1940 l'avrebbe provata ad usura. (Capo VII, pp. 106-107)
*A noi che lo riguardiamo da tanta distanza, il 1918 pare l'anno della vittoria per l'[[Triplice intesa|Intesa]]. Un anno senza grandi problemi, messo al riparo da sgradevoli sorprese per mezzo del sempre più frequente afflusso alle linee delle forze americane, per cui la rotta nemica venne come naturale conseguenza. Ma non fu affatto così: ad osservarlo bene, il 1918 fu l'anno veramente tragico degli Alleati, ed i fatti che si verificarono in esso dal 21 marzo alla fine di luglio ebbero una pesante influenza sul «tipo» di vittoria che si conseguì, e sul genere di pace che le fece seguito. (Capo XI, p. 159)