I promessi sposi: differenze tra le versioni

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[[File:I promessi sposi - 2nd edition cover.jpg|thumb|La copertina dell'edizione del 1840 del romanzo]]
 
'''''I promessi sposi''''', romanzo di [[Alessandro Manzoni]] del 1827.
 
==[[Incipit]]==
===[[s:Fermo e Lucia/Tomo Primo/Cap I#Incipit|Edizione 1823: ''Fermo e Lucia'']]===
Quel ramo del [[lago di Como]] d'onde esce l'Adda e che giace fra due catene non interrotte di monti da settentrione a mezzogiorno, dopo aver formati varj seni e per così dire piccioli golfi d'ineguale grandezza, si viene tutto ad un tratto a ristringere; ivi il fluttuamento delle onde si cangia in un corso diretto e continuato di modo che dalla riva si può per dir così segnare il punto dove il lago divien fiume. Il ponte che in quel luogo congiunge le due rive, rende ancor più sensibile all'occhio questa trasformazione: perché gli argini perpendicolari che lo fiancheggiano non lasciano venir le onde a battere sulla riva ma le avviano rapide sotto gli archi; e presso quegli argini uno può quasi sentire il doppio e diverso romore dell'acqua, la quale qui viene a rompersi in piccioli cavalloni sull'arena, e a pochi passi tagliata dalle pile di macigno scorre sotto gli archi con uno strepito per così dire fluviale.
 
===[[s:I promessi sposi (Ferrario)/Capitolo I|Edizione 1827: ''la Ventisettana'']]===
Quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, viene quasi a un tratto a ristringersi e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un'ampia riviera di rincontro; e il ponte, che ivi congiunge le due rive, par che renda ancor più sensibile all'occhio questa trasformazione, e segni il punto in cui il lago cessa, e l'Adda ricomincia, per ripigliar poi nome di lago dove le rive, allontanandosi di nuovo, lasciano l'acqua distendersi e allentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni.
 
===[[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo I|Edizione 1840: ''la Quarantana'']]===
Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un'ampia costiera dall'altra parte; e il ponte, che ivi congiunge le due rive, par che renda ancor più sensibile all'occhio questa trasformazione, e segni il punto in cui il lago cessa, e l'Adda ricomincia, per ripigliar poi nome di lago dove le rive, allontanandosi di nuovo, lascian l'acqua distendersi e rallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni.
 
==Citazioni==
*L'[[Storia|Historia]] si può veramente deffinire una guerra illustre contro il Tempo, perché togliendoli di mano gl'anni suoi prigionieri, anzi già fatti cadaueri, li richiama in vita, li passa in rassegna, e li schiera di nuovo in battaglia. ([[s:I promessi sposi (1840)/Introduzione|Introduzione]])
*E veramente, considerando che questi nostri climi sijno sotto l'amparo del Re Cattolico nostro Signore, che è quel Sole che mai tramonta, e che sopra di essi, con riflesso Lume, qual Luna giamai calante, risplenda l'Heroe di nobil Prosapia che pro tempore ne tiene le sue parti, e gl'Amplissimi Senatori quali Stelle fisse, e gl'altri Spettabili Magistrati qual'erranti Pianeti spandino la luce per ogni doue, venendo così a formare un nobilissimo Cielo, altra causale trouar non si può del vederlo tramutato in inferno d'atti tenebrosi, malvaggità e sevitie che dagl'huomini temerarij si vanno moltiplicando, se non se arte e fattura diabolica, attesoché l'humana malitia per sé sola bastar non dourebbe a resistere a tanti Heroi, che con occhij d'Argo e braccj di Briareo, si vanno trafficando per li pubblici emolumenti. ([[s:I promessi sposi (1840)/Introduzione|Introduzione]])
*Di [[Libro|libri]] basta uno per volta, quando non è d'avanzo. ([[s:I promessi sposi (1840)/Introduzione|Introduzione]])
*Ai tempi in cui accaddero i fatti che prendiamo a raccontare, quel borgo, già considerabile, era anche un castello, e aveva perciò l'onore d'alloggiare un comandante, e il vantaggio di possedere una stabile guarnigione di soldati spagnoli, che insegnavan la modestia alle fanciulle e alle donne del paese, accarezzavan di tempo in tempo le spalle a qualche marito, a qualche padre; e, sul finir dell'estate, non mancavan mai di spandersi nelle vigne, per diradar l'uve, e alleggerire a' contadini le fatiche della vendemmia. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo I|cap. I]])
*{{NDR|A don Abbondio}} Or bene, questo matrimonio non s'ha da fare, né domani, né mai. (un bravo: [[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo I|cap. I]])
*{{NDR|A don Abbondio}} Orsù, se la cosa avesse a decidersi a ciarle, lei ci metterebbe in sacco. Noi non ne sappiamo, né vogliam saperne di più. Uomo avvertito... lei c'intende. (un bravo: [[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo I|cap. I]])
*Il nostro Abbondio non nobile, non ricco, coraggioso ancor meno, s'era dunque accorto, prima quasi di toccar gli anni della discrezione, d'essere, in quella società, come un vaso di terra cotta, costretto a viaggiare in compagnia di molti vasi di ferro. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo I|cap. I]])
*La [[ragione]] e il torto non si dividon mai con un taglio così netto, che ogni parte abbia soltanto dell'una o dell'altro. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo I|cap. I]])
*Pensino ora i miei venticinque lettori che impressione dovesse fare sull'animo del poveretto, quello che s'è raccontato. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo I|cap. I]])
*Si racconta che il principe di Condé dormì profondamente la notte avanti la giornata di Rocroi: ma, in primo luogo, era molto affaticato; secondariamente aveva già date tutte le disposizioni necessarie, e stabilito ciò che dovesse fare, la mattina. Don Abbondio in vece non sapeva altro ancora se non che l'indomani sarebbe giorno di battaglia; quindi una gran parte della notte fu spesa in consulte angosciose. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo II|cap. II]])
*"Sapete voi quanti siano gl'impedimenti dirimenti?" <br /> "Che vuol ch'io sappia d'impedimenti?" <br /> "''Error, conditio, votum, cognatio, crimen, <br /> Cultus disparitas, vis, ordo, ligamen, honestas, <br /> Si sis affinis,''..." <br /> cominciava don Abbondio, contando sulla punta delle dita. <br /> "Si piglia gioco di me?" interruppe il giovine. "Che vuol ch'io faccia del suo ''[[Lingua latina|latinorum]]''?" ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo II|cap. II]])
*Mala cosa nascer povero, il mio caro Renzo. (Perpetua: [[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo II|cap. II]])
*Posso aver fallato. (Renzo: [[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo II|cap. II]])
*La venne finalmente, con un gran cavolo sotto il braccio, e con la faccia tosta, come se nulla fosse stato. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo II|cap. II]])
*I provocatori, i soverchiatori, tutti coloro che, in qualunque modo, fanno torto altrui, sono rei, non solo del male che commettono, ma del pervertimento ancora a cui portano gli animi degli offesi. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo II|cap. II]])
*All'[[avvocato]] bisogna raccontar le cose chiare: a noi tocca poi a imbrogliarle. (Azzecca-garbugli: [[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo III|cap. III]])
*A saper ben maneggiare le gride, nessuno è reo, e nessuno è innocente (Azzecca-garbugli: [[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo III|cap. III]])
*A noi poverelli le matasse paion più imbrogliate, perché non sappiam trovarne il bandolo. (Agnese: [[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo III|cap. III]])
*{{NDR|Ad Azzecca-garbugli}} Oh! signor dottore, come l'ha intesa? l'è proprio tutta al rovescio. (Renzo: [[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo III|cap. III]])
*Perché noi {{NDR|[[frate|frati]]}} siam come il [[mare]], che riceve acqua da tutte le parti, e la torna a distribuire a tutti i fiumi. (fra Galdino: [[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo III|cap. III]])
*E lo sposo {{NDR|Renzo Tramaglino}} se n'andò, col cuore in tempesta, ripetendo sempre quelle strane parole: «a questo mondo c'è [[giustizia]], finalmente!» Tant'è vero che un uomo sopraffatto dal dolore non sa più quel che si dica. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo III|cap. III]])
*C'è talvolta, nel volto e nel contegno d'un uomo, un'espressione così immediata, si direbbe quasi un'effusione dell'animo interno, che, in una folla di spettatori, il giudizio sopra quell'animo sarà un solo. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo IV|cap. IV]])
*È uno de' vantaggi di questo mondo, quello di poter [[odio|odiare]] ed esser odiati, senza conoscersi. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo IV|cap. IV]])
*Queste cose non fanno più per me; ma non sarà mai ch'io rifiuti i suoi doni. Io sto per mettermi in viaggio: si degni di farmi portare un [[pane]], perché io possa dire d'aver goduto la sua [[carità]], d'aver mangiato il suo pane, e avuto un segno del suo [[perdono]]. (fra Cristoforo: [[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo IV|cap. IV]])
*{{NDR|A Renzo}} Non rivangare quello che non può servire ad altro che a inquietarti inutilmente. (fra Cristoforo: [[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo V|cap. V]])
*{{NDR|Al Podestà}} Sa lei, signor mio, come la pensi l'imperatore, in questo momento? Crede lei che non ci sia altro che Mantova a questo mondo? le cose a cui si deve pensare son molte, signor mio. (conte Attilio: [[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo V|cap. V]])
*«Senza esempi non si fa nulla.» ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo V|cap. V]])
*{{NDR|A fra Cristoforo}} Escimi di tra' piedi, villano temerario, poltrone incappucciato. (don Rodrigo: [[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo VI|cap. VI]])
*{{NDR|A Renzo e Lucia}} Ascoltate e sentirete. Bisogna aver due testimoni ben lesti e ben d'accordo. Si va dal curato: il punto sta di chiapparlo all'improvviso, che non abbia tempo di scappare. L'uomo dice: signor curato, questa è mia moglie; la donna dice: signor curato, questo è mio marito. Bisogna che il [[curato]] senta, che i testimoni sentano; e il matrimonio è bell'e fatto, sacrosanto come se l'avesse fatto il papa. Quando le parole son dette, il curato può strillare, strepitare, fare il diavolo; è inutile; siete marito e moglie. (Agnese: [[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo VI|cap. VI]])
*{{NDR|[[William Shakespeare]]}} Un barbaro non privo d'ingegno. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo VII|cap. VII]])
*«Carneade! Chi era costui?» ruminava tra se don Abbondio seduto sul suo seggiolone, in una stanza del piano superiore, con un libricciolo aperto davanti, quando Perpetua entrò a portargli l'imbasciata. «Carneade! questo nome mi par bene d'averlo letto o sentito; doveva essere un uomo di studio, un letteratone del tempo antico: è un nome di quelli; ma chi diavolo era costui?» Tanto il pover'uomo era lontano da prevedere che burrasca gli si addensasse sul capo! ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo VIII|cap. VIII]])
*Don Abbondio, sorpreso, messo in fuga, spaventato, mentre attendeva tranquillamente a' fatti suoi, parrebbe la vittima; eppure, in realtà, era lui che faceva un sopruso. Così va spesso il mondo... voglio dire, così andava nel secolo decimo settimo. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo VIII|cap. VIII]])
*Tutt'a un tratto, in vece di lui {{NDR|Menico}}, e con ben altro tono, si fa sentir quel primo tocco di [[campana]] così fatto, e dietro una tempesta di rintocchi in fila. Chi è in difetto è in sospetto, dice il proverbio milanese: all'uno e all'altro furfante parve di sentire in que' tocchi il suo nome, cognome e soprannome: lasciano andar le braccia di Menico, ritirano le loro in furia, spalancan la mano e la bocca, si guardano in viso, e corrono alla casa, dov'era il grosso della compagnia. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo VIII|cap. VIII]])
*Addio, monti sorgenti dall'acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l'aspetto de' suoi più familiari; torrenti, de' quali distingue lo scroscio, come il suono delle voci domestiche; ville sparse e biancheggianti sul pendìo, come branchi di pecore pascenti; addio! Quanto è tristo il passo di chi, cresciuto tra voi, se ne allontana! Alla fantasia di quello stesso che se ne parte volontariamente, tratto dalla speranza di fare altrove fortuna, si disabbelliscono, in quel momento, i sogni della ricchezza; egli si maraviglia d'essersi potuto risolvere, e tornerebbe allora indietro, se non pensasse che, un giorno, tornerà dovizioso. Quanto più si avanza nel piano, il suo occhio si ritira, disgustato e stanco, da quell'ampiezza uniforme; l'aria gli par gravosa e morta; s'inoltra mesto e disattento nelle città tumultuose; le case aggiunte a case, le strade che sboccano nelle strade, pare che gli levino il respiro; e davanti agli edifizi ammirati dallo straniero, pensa, con desiderio inquieto, al campicello del suo paese, alla casuccia a cui ha già messo gli occhi addosso, da gran tempo, e che comprerà, tornando ricco a' suoi monti. Ma chi non aveva mai spinto al di là di quelli neppure un desiderio fuggitivo, chi aveva composti in essi tutti i disegni dell'avvenire, e n'è sbalzato lontano, da una forza perversa! Chi, staccato a un tempo dalle più care abitudini, e disturbato nelle più care speranze, lascia que' monti, per avviarsi in traccia di sconosciuti che non ha mai desiderato di conoscere, e non può con l'immaginazione arrivare a un momento stabilito per il ritorno! Addio, casa natìa, dove, sedendo, con un pensiero occulto, s'imparò a distinguere dal rumore de' passi comuni il rumore d'un passo aspettato con un misterioso timore. Addio, casa ancora straniera, casa sogguardata tante volte alla sfuggita, passando, e non senza rossore; nella quale la mente si figurava un soggiorno tranquillo e perpetuo di sposa. Addio, [[chiesa (architettura)|chiesa]], dove l'animo tornò tante volte sereno, cantando le lodi del Signore; dov'era promesso, preparato un rito; dove il sospiro segreto del cuore doveva essere solennemente benedetto, e l'amore venir comandato, e chiamarsi santo; addio! Chi dava a voi tanta giocondità è per tutto; e non turba mai la gioia de' suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo VIII|cap. VIII]])
*Chi dava a voi {{NDR|[[Dio]]}} tanta giocondità è per tutto; e non turba mai la gioia de' suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo VIII|cap. VIII]])
*...ripetere un sì tante volte detto; lo ripeté, e fu monaca per sempre! ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo X|cap. X]])
*La sventurata rispose. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo X|cap. X]])
*Ben di rado avviene che le parole affermative e sicure d'una persona autorevole, in qualsivoglia genere, non tingano del loro colore la mente di chi le ascolta. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo X|cap. X]])
*Una delle più gran consolazioni di questa vita è l'[[amicizia]]; e una delle consolazioni dell'amicizia è quell'avere a cui confidare un segreto. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo XI|cap. XI]])
*Costui {{NDR|il gran cancelliere Antonio Ferrer}} vide, e chi non l'avrebbe veduto? che l'essere il [[pane]] a un prezzo giusto, è per sé una cosa molto desiderabile; e pensò, e qui fu lo sbaglio, che un suo ordine potesse bastare a produrla. Fissò la ''meta'' (così chiamano qui la tariffa in materia di commestibili), fissò la meta del pane al prezzo che sarebbe stato il giusto, se il [[grano]] si fosse comunemente venduto a trentatré lire il moggio: e si vendeva fino ad ottanta. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo XII|cap. XII]])
*Adelante, Pedro, con juicio. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo XIII|cap. XIII]])
*Per grazia del cielo, accade talvolta anche nel male quella cosa troppo frequente nel bene, che i fautori più ardenti divengano un impedimento. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo XIII|cap. XIII]])
*Comanda chi può e ubbidisce chi vuole.<ref group="fonte">Citato in Giuseppe Fumagalli, ''Chi l'ha detto?'', p. 583.</ref> ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo XIV|cap. XIV]])
*Vista ch'ebbe la guida, – maledetto! – disse tra sé: – che tu m'abbia a venir sempre tra i piedi, quando meno ti vorrei! – Data poi un'occhiata in fretta a Renzo, disse, ancora tra sé: – non ti conosco; ma venedo con un tal [[caccia]]tore, o [[cane]] o [[lepre]] sarai: quando avrai detto due parole ti conoscerò. – Però, di queste riflessioni nulla trasparve sulla faccia dell'[[oste]]. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo XIV|cap. XIV]])
*«Al pane», disse Renzo, ad alta voce e ridendo, «ci ha pensato la [[provvidenza]].» E tirato fuori il terzo e ultimo di que' pani raccolti sotto la croce di san Dionigi, l'alzò gridando: «ecco il pane della provvidenza!» ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo XIV|cap. XIV]])
*All'uomo impicciato, quasi ogni cosa è un nuovo impiccio! ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo XVI|cap. XVI]])
*Basta spesso una voglia, per non lasciar ben avere un uomo. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo XVII|cap. XVII]])
*Nella sua {{NDR|Storia}} c'era mescolato per tutto un sentimento, una parola, che non le pareva possibile di proferire, parlando di sé; e alla quale non avrebbe mai trovato da sostituire una perifrasi che non le paresse sfacciata: l'amore! ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo XVIII|cap. XVIII]])
*Chi, vedendo in un campo mal coltivato, un'erbaccia, per esempio un bel lapazio, volesse proprio sapere se sia venuto da un seme maturato nel campo stesso, o portatovi dal vento, o lasciatovi cader da un uccello, per quanto ci pensasse, non ne verrebbe mai ad una conclusione. Così anche noi non sapremmo dire se dal fondo naturale del suo cervello, o dall'insinuazione d'Attilio, venisse al conte zio la risoluzione di servirsi del padre provinciale per troncare nella miglior maniera quel nodo imbrogliato. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo XIX|cap. XIX]])
*[...] alcuni clienti legati alla casa per una dipendenza ereditaria, e al personaggio per una servitù di tutta la vita; i quali, cominciando dalla minestra a dir di [[sì e no|sì]], con la bocca, con gli occhi, con gli orecchi, con tutta la testa, con tutto il corpo, con tutta l'anima, alle frutte v'avevan ridotto un uomo a non ricordarsi più come si facesse a dir di no. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo XIX|cap. XIX]])
*{{NDR|L'innominato}} Era grande, bruno, calvo; bianchi i pochi capelli che gli rimanevano; rugosa la faccia: a prima vista, gli si sarebbe dato più de' sessant'anni che aveva; ma il contegno, le mosse, la durezza risentita de' lineamenti, il lampeggiar sinistro, ma vivo degli occhi, indicavano una forza di corpo e d'animo, che sarebbe stata straordinaria in un giovine. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo XX|cap. XX]])
*Il [[delitto]] è un padrone rigido e inflessibile, contro cui non divien forte se non chi se ne ribella interamente. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo XX|cap. XX]])
*[[Dio]] perdona tante cose, per un'opera di misericordia. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo XXI|cap. XXI]])
*È una storia la compassione un poco come la paura: se uno la lascia prender possesso, non è più uomo. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo XXI|cap. XXI]])
*[[Federico Borromeo|Federigo Borromeo]], nato nel 1564, fu degli uomini rari in qualunque tempo, che abbiano impiegato un ingegno egregio, tutti i mezzi d'una grand'opulenza, tutti i vantaggi d'una condizione privilegiata, un intento continuo, nella ricerca e nell'esercizio del meglio. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo XXII|cap. XXII]])
*Persuaso che la [[vita]] non è già destinata ad essere un peso per molti, e una festa per alcuni, ma per tutti un impiego, del quale ognuno renderà conto, cominciò da fanciullo a pensare come potesse render la sua utile e santa. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo XXII|cap. XXII]])
*Que' prudenti che s'adombrano delle [[vizio e virtù|virtù]] come de' [[vizio e virtù|vizi]], predicano sempre che la perfezione sta nel mezzo; e il mezzo lo fissan giusto in quel punto dov'essi sono arrivati, e ci stanno comodi. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo XXII|cap. XXII]])
*Il mestiere di molestar le femmine, il più pazzo, il più ladro, il più arrabbiato mestiere di questo mondo. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo XXIII|cap. XXIII]])
*I colpi cascano sempre all'ingiù; i cenci vanno all'aria. (don Abbondio: [[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo XXIV|cap. XXIV]])
*Quelli che fanno il [[bene e male|bene]], lo fanno all'ingrosso: quand'hanno provata quella soddisfazione, n'hanno abbastanza, e non si voglion seccare a star dietro a tutte le conseguenze; ma coloro che hanno quel gusto di fare il [[bene e male|male]], ci mettono più diligenza, ci stanno dietro fino alla fine, non prendon mai requie, perché hanno quel canchero che li rode. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo XXIV|cap. XXIV]])
*I [[poveri]], ci vuol poco a farli comparir birboni. (Agnese: [[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo XXIV|cap. XXIV]])
*Volete aver molti in [[aiuto]]? Cercate di non averne bisogno. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo XXV|cap. XXV]])
*Con l'idee donna Prassede si regolava come dicono che si deve far con gli amici: n'aveva poche; ma a quelle poche era molto affezionata. Tra le poche, ce n'era per disgrazia molte delle storte; e non eran quelle che le fossero men care. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo XXV|cap. XXV]])
*Il [[coraggio]] uno non se lo può dare. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo XXV|cap. XXV]])
*Non c'è rimedio, chi ne sa più degli altri non vuol essere strumento materiale nelle loro mani, e quando entra negli affari altrui, vuol anche fargli andare un po' a modo suo. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo XXVII|cap. XXVII]])
*Ma cos'è la storia senza la politica? Una guida che cammina, cammina, con nessuno dietro che impari la strada, e per conseguenza butta via i suoi passi; come la politica senza la storia è uno che cammina senza guida. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo XXVII|cap. XXVII]])
*[[Colico]] fu la prima terra del ducato, che invasero que' demòni; si gettarono poi sopra Bellano; di là entrarono e si sparsero nella Valsassina, da dove sboccarono nel territorio di [[Lecco]]. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo XXVIII|cap. XXVIII]])
*Così quell'uomo sul quale, se fosse caduto, sarebbero corsi a gara grandi e piccoli a calpestarlo; messosi volontariamente a terra, veniva risparmiato da tutti, e inchinato da molti. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo XXIX|cap. XXIX]])
*Pochi e valenti, come i versi di [[Giovanni Torti|Torti]].<ref group="fonte">Citato in Giuseppe Fumagalli, ''Chi l'ha detto?'', p. 732.</ref> ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo XXIX|cap. XXIX]])
*Il [[buon senso]] c'era; ma se ne stava nascosto, per paura del senso comune. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo XXXII|cap. XXXII]])
*La [[collera]] aspira a punire: e, come osservò acutamente, a questo stesso proposito, un uomo d'ingegno<ref>L'«uomo d'ingegno» è [[Pietro Verri]] e l'aforisma citato è presente in Pietro Verri, ''Osservazioni sulla tortura'', in ''Scrittori classici italiani di economia politica: {{small|parte moderna}}'', tomo XVII, p. 203.</ref>, le piace più d'attribuire i mali a una perversità umana, contro cui possa far le sue vendette, che di riconoscerli da una causa, con la quale non ci sia altro da fare che rassegnarsi. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo XXXII|cap. XXXII]])
*Da tante cose dipende la celebrità de' libri! ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo XXXIII|cap. XXXIII]])
*Va', va', povero untorello, non sarai tu quello che spianti Milano. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo XXXIV|cap. XXXIV]])
*Cercala lì; cercala con fiducia e... con rassegnazione. Perché, ricordati che non è poco ciò che tu sei venuto a cercar qui: tu chiedi una persona viva al lazzeretto! Sai tu quante volte io ho veduto rinnovarsi questo mio povero popolo! quanti ne ho veduti portar via! quanti pochi uscire!... Va' preparato a fare un sacrifizio... (fra Cristoforo: [[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo XXXV|cap. XXXV]])
*Puoi [[odio|odiare]], e perderti; puoi, con un tuo sentimento, allontanar da te ogni benedizione. (fra Cristoforo: [[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo XXXV|cap. XXXV]])
*Parlo da buon cristiano ; e della [[Maria|Madonna]] penso meglio io che non voi; perché credo che non vuol promesse in danno del prossimo. Se la Madonna avesse parlato, oh allora! Ma che cos'è stato? una vostra idea di voi. Sapete che cosa dovete promettere alla Madonna? Promettetele che la prima Figlia che avremo, le metteremo nome Maria: chè questo son qui anch'io a prometterlo: queste son cose che fanno ben più onore alla Madonna. (Renzo: [[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo XXXVI|cap. XXXVI]])
*L'attività dell'uomo è limitata; e tutto il di più che c'era nel comandare, doveva tornare in tanto meno nell'eseguire. Quel che va nelle maniche, non può andar ne' gheroni. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo XXXVII|cap. XXXVII]])
*Non si può spiegare quanto sia grande l'autorità d'un dotto di professione, allorché vuol dimostrare agli altri le cose di cui sono già persuasi. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo XXXVII|cap. XXXVII]])
*Le [[parole]] fanno un effetto in bocca, e un altro negli [[orecchi]]. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo XXXVIII|cap. XXXVIII]])
*Si dovrebbe pensare più a far [[bene]], che a star bene: e così si finirebbe anche a star meglio. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo XXXVIII|cap. XXXVIII]])
*L'uomo, fin che sta in questo mondo, è un infermo che si trova sur un letto scomodo più o meno, e vede intorno a sé altri letti, ben rifatti al di fuori, piani, a livello: e si figura che ci si deve star benone. Ma se gli riesce di cambiare, appena s'è accomodato nel nuovo, comincia, pigiando, a sentire qui una lisca che lo punge, lì un bernoccolo che lo preme: siamo in somma, a un di presso, alla storia di prima. ([[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo XXXVIII|cap. XXXVIII]])
 
==[[Explicit]]==
Il bello era a sentirlo raccontare le sue avventure: e finiva sempre col dire le gran cose che ci aveva imparate, per governarsi meglio in avvenire. – Ho imparato, – diceva, – a non mettermi ne' tumulti: ho imparato a non predicare in piazza: ho imparato a guardare con chi parlo: ho imparato a non alzar troppo il gomito: ho imparato a non tenere in mano il martello delle porte, quando c'è lì d'intorno gente che ha la testa calda: ho imparato a non attaccarmi un campanello al piede, prima d'aver pensato quel che possa nascere –. E cent'altre cose.
 
Lucia però, non che trovasse la dottrina falsa in sé, ma non n'era soddisfatta; le pareva, così in confuso, che ci mancasse qualcosa. A forza di sentir ripetere la stessa canzone, e di pensarci sopra ogni volta, – e io, – disse un giorno al suo moralista, – cosa volete che abbia imparato? Io non sono andata a cercare i guai: son loro che sono venuti a cercar me. Quando non voleste dire, – aggiunse, soavemente sorridendo, – che il mio sproposito sia stato quello di volervi bene, e di promettermi a voi.
 
Renzo, alla prima, rimase impicciato. Dopo un lungo dibattere e cercare insieme, conclusero che i guai vengono bensì spesso, perché ci si è dato cagione; ma che la condotta più cauta e più innocente non basta a tenerli lontani; e che quando vengono, o per colpa o senza colpa, la fiducia in Dio li raddolcisce, e li rende utili per una vita migliore. Questa conclusione, benché trovata da povera gente, c'è parsa così giusta, che abbiam pensato di metterla qui, come il sugo di tutta la storia.
 
La quale, se non v'è dispiaciuta affatto, vogliatene bene a chi l'ha scritta, e anche un pochino a chi l'ha raccomodata. Ma se in vece fossimo riusciti ad annoiarvi, credete che non s'è fatto apposta.
 
==Citazioni su ''I promessi sposi''==
*È proprio un bel libro! Non mi sono ancora addentrato molto nella storia, ma ne sono del tutto incantato. I dialoghi fra lo Sposo e il Prete, la Mattina del mancato matrimonio, fra lo Sposo e la Sposa e la Madre di lei, e la descrizione del tragitto del povero Renzo alla casa del dotto avvocato, con i capponi, la scena fra loro due e l'idea complessiva del personaggio e della vicenda di Padre Cristoforo sono delineati a tocchi estremamente delicati e suggestivi. Ho appena lasciato il buon padre nella chiassosa Sala da Pranzo di Don Rodrigo e ti assicuro che sono ansiosissimo di andare avanti. ([[Charles Dickens]])
*Esaminando liberamente il romanzo storico del Manzoni non istudierò miserie. Ditemi ora, o lettori, qual sarà il soggetto di un romanzo, che si raggira intorno a tal epoca? Quali saranno le imprese dei Milanesi, perché il romanzo è intitolato ''Storia milanese?''... Quali saranno gli eroi? Forse l'ambizioso [[Gonzalo Fernandez de Cordoba|Governator di Milano]] promotore della guerra che si accende in Italia? Forse il coraggioso [[Carlo I di Gonzaga-Nevers|Duca di Nevers]], che difende animosamente i diritti della sua casa?... Né un solo di cotesti personaggi è l'eroe del romanzo, né una sola di siffatte vicende forma il soggetto dell'istoria scoperta e rifatta dal Manzoni. Renzo Tramaglino e Lucia Mondella, due poveri lavoratori del contado di Como, sono gli eroi per cui dobbiamo interessarci; se si sposeranno, o no, è l'importante vicenda che tener deve gli animi nostri sospesi... Eccovi, o lettori, tutto il tessuto di questa istoria milanese rifatta: e s'ella è cosa che meriti il nome di storia giudicatelo voi. ([[Felice Romani]])
*In tanti angoli dei ''Promessi sposi'' si scorgono vicende e pensieri di intensa profondità e di carattere sapienziale, che hanno fatto del libro una specie di Bibbia laica (ma fondata sul cristianesimo) del vivere italiano dell'Ottocento. ([[Andrea Riccardi]])
*''I promessi sposi'', che han la fama esteriore di "romanzo storico", ma il cui centro artistico è una storia dell'uomo vista con una profonda calma e saggezza, eguagliata soltanto da quella di [[Goethe]]. ([[Giuseppe Prezzolini]])
*''I promessi sposi'' si collocano all'inizio della storia linguistico-culturale italiana che precede di pochi anni la nascita dello Stato unitario e l'affermarsi dell' Italia come nazione. Restano un' opera che accompagna la crescita dello spessore nazionale e l'identificazione di crescenti gruppi sociali nel destino nazionale. ([[Andrea Riccardi]])
*Può essere – e perché no? – che i {{maiuscoletto|promessi sposi}} vivano più a lungo di tutti gli altri romanzi ottocenteschi. Ma di quale vita? Artisticamente disinfettati al massimo, e preservati, fino agli ultimi limiti dell'ingegno umano, dai vermi della corruzione; questo sì, sono. Ma la cosa che è conservata! Nell'ipotesi più benigna un attacco di agorafobia. ([[Umberto Saba]])
*{{NDR|Riferendosi alla frase «Il coraggio, uno non se lo può dare»}} Questa confessione è un così fedele e compiuto ritratto di Don Abbondio, circoscrive così bene l'angustia invincibile del suo spirito, svela una tale penosa coscienza della sua natura e una tale rassegnazione a non saperla mai varcare, che in questo momento il nostro giudizio tace. ([[Attilio Momigliano]])
*Se la dottrina de' ''Promessi Sposi'', quanto alla religione, è antica, quanto alla sapienza e liberalità, ond'è adoperata, ritrae palesemente dalla moderna filosofia. Da quella, che mentre pareva affaccendata ad isvellere dagli animi umani la fede, operava senza avvedersene a spargere nel mondo quegl'insegnamenti, per amore de' quali la fede appunto era stata negli animi umani raccolta; e di speculativi e gridati nelle scuole e nei tempî, li riduceva a pratica, cercando nelle umili case i popolani, troppo più che non vuole giustizia, caduti, e nelle regge i grandi, troppo più insorti, affinché si raffrontassero insieme e tornassero a scambievole conoscenza. ([[Giovita Scalvini]])
 
==Note==
<references/>
 
===Fonti===
<references group="fonte"/>
 
==Bibliografia==
*Alessandro Manzoni, ''[[s:I promessi sposi (1840)|I promessi sposi]]'' (1840), tip. Guglielmini e Redaelli, Milano, 1840.
 
==Voci correlate==
*[[I promessi sposi (sceneggiato televisivo 1990)]]
 
==Altri progetti==
{{Interprogetto}}
 
{{DEFAULTSORT:Promessi sposi, I}}
[[Categoria:Romanzi]]