Charles Dickens: differenze tra le versioni

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+ Impressioni italiane e Lettere dall'Italia
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[[ImmagineFile:Charles Dickens2.jpg|thumb|Charles Dickens]]
'''Charles Dickens''' (1812 – 1870), scrittore e giornalista britannico.
 
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*Non ci badate; tutto pel mio meglio, come disse lo {{sic|scolare}} pentito quando gli dettero il cavallo. (Tony Weller, [[s:Il Circolo Pickwick/Capitolo 52|cap. 52]]) {{NDR|[[wellerismi|wellerismo]]}}
*È destino di molti uomini, che vivono fra la gente e vanno innanzi con gli anni, di farsi molti veri amici e di perderli poi nel corso della vita. È destino di tutti gli autori o cronisti di crearsi degli [[Amico immaginario|amici immaginari]], e di perderli nel corso dell'arte. Né qui si arresta la disgrazia loro; perché si richiede inoltre da loro che di quelli rendano un conto preciso. ([[s:Il Circolo Pickwick/Capitolo 57|cap. 57]])
 
==''Impressioni italiane''==
*Potemmo vedere [[Genova]] prima delle tre e l'osservare come gradualmente si sviluppava il suo splendido anfiteatro, fila di case che spuntavano sopra fila di case, giardino sopra giardino, palazzo sopra palazzo, altura su altura, fu ampio motivo di occupazione per noi finché non entrammo nel suo porto imponente. (pp. 28-29)
*{{NDR|Su [[Genova]]}} Mai, in vita mia, fui così sbigottito! La meravigliosa novità di tutto, gli odori sconosciuti, l'inesplicabile sudiciume (malgrado sia considerata la più pulita delle città italiane), l'ammucchiarsi disordinato di case sporche, una sopra il tetto dell'altra; i vicoli, più squallidi e stretti che quelli di St. Giles o di Parigi vecchia; dentro e fuori i quali passavano e ripassavano non dei vagabondi ma delle signore eleganti, con veli bianchi e grandi ventagli; la totale assenza di rassomiglianza di qualsiasi casa d'abitazione o negozio o muro o sostegno o colonna con qualcosa che uno avesse visto prima; lo sporco scoraggiante, il disagio e lo sfacelo, mi stordirono completamente. (p. 29)
*Non immaginavo, quel giorno, che sarei mai arrivato ad avere un legame persino con le pietre della strada di [[Genova]] e che avrei ripensato alla città con affetto, perché connessa con tante ore di felicità e di quiete! (p. 30)
*Le prime impressioni che un posto del genere di [[Albaro]], il sobborgo di Genova dove attualmente, come direbbero i miei amici americani, sono "situato", possono difficilmente non essere, devo supporre, lugubri e deludenti. Ci vuole un po' di tempo e di abitudine per superare la sensazione di dpressione che, all'inizio, nasce da tanta rovina e tanta trascuratezza. (p. 31)
*La [[Villa Bagnarello]]: o la Prigione Rosa, espressione molto più indicata per l'edificio, è in una delle più splendide posizioni immaginabili. [...] Una decrepita, tetra, spettrale, echeggiante e sinistra casa disadorna: questo è; come non ne ho mai né viste né immaginate. (pp. 32, 34)
*{{NDR|Su [[Genova]]}} È un posto che "cresce dentro di voi" giorno per giorno. Sembra sempre che vi sia qualcosa da scoprirvi. Potete smarrire il vostro cammino (che cosa gradevole è, quando siete senza meta!) venti volte al giorno, se vi aggrada; e ritrovarlo tra le più sorprendenti ed inaspettate difficoltà. Abbonda dei più strani contrasti: cose pittoresche, brutte, meschine, magnifiche, deliziose e disgustose vi si parano davanti allo sguardo ad ogni angolo. (p. 45)
*Chi vuole vedere quanto è bella la campagna negli immediati dintorni di [[Genova]] deve salire, in una giornata serena, in cime al monte Faccio o, almeno, fare una cavalcata intorno alle mura della città che è un'impresa molto più facile da compiere. Non c'è panorama più bello e più vario delle mutevoli vedute del porto e delle valli dei due fiumi, la Polcevera e il Bisagno, da quelle alture lungo le quali sono costruite le mura, poderosamente fortificate, come una piccola grande muraglia cinese. (pp. 45-46)
*La grande maggioranza delle strade è tanto stretta quanto un passaggio pubblico è possibile che lo sia – in un luogo dove la gente (sia pure degli italiani), si suppone che viva e circoli; trattandosi di veri vicoli, con qua e là una specie di pozzo o di posto per respirare. (p. 47)
*Quando potrò dimenticare le strade dei palazzi: la ''[[Via Garibaldi (Genova)|strada Nuova]]'' e la ''[[Via Balbi|strada Balbi]]''? O come l'una mi apparve un giorno d'estate quando la vidi la prima volta sotto il più smagliante dei cieli estivi blu intenso che la sua stretta prospettiva di immense dimore riduceva ad una affusolata e preziosissima striscia di lucentezza, in contrasto con l'ombra scura sottostante? (p. 48)
*Lo splendore e la varietà delle chiese genovesi può difficilmente essere esagerato. Specialmente la [[Basilica della Santissima Annunziata del Vastato|chiesa ''dell'Annunciata'']]: costruita, come molte altre, a spese di una nobile famiglia e che ora viene lentamente restaurata: dalla porta esterna sino alla sommità dell'alta cupola, è così finemente dipinta e dorata che sembra (come dice il Simond, nel suo piacevole libro sull'Italia) una grande tabacchiera smaltata. (p. 65)
*Ci sono tre teatri in città, a parte uno vecchio che viene aperto raramente. Il più importante – il ''[[Teatro Carlo Felice|Carlo Felice]]'': il teatro dell'opera di Genova – è uno splendido, comodo e bel teatro. (p. 68)
*Il ''[[Teatro Diurno (Genova)|Teatro Diurno]]'' è un palcoscenico coperto, all'aria aperta, dove gli spettacoli hanno luogo con la luce del giorno, nel fresco del pomeriggio; con inizio verso le quattro o le cinque e della durata di tre ore. È curioso, seduti tra il pubblico, godere una bella vista delle colline e delle case circostanti, vedere i vicini guardare dalle loro finestre e sentire le campane delle chiese e dei conventi suonare completamente a sproposito con quello che avviene in scena. (p. 69)
*Non c'è in Italia, dicono (e io ci credo), un'abitazione più piacevole di ''[[Villa delle Peschiere|Palazzo Peschiere]]'' [...] Si trova su un'altura all'interno delle mura di Genova ma appartato dalla città: è circondato da bei giardini interni, abbelliti con statue, vasi, fontane, bacini marmorei, terrazze, viali di aranci e di limoni, boschetti di rose e di camelie. Tutti gli appartamenti sono belli per proporzioni e decorazioni; ma il grande vestibolo, alto una cinquantina di piedi, con tre grandi finestre sul fondo, che guardano sull'intera città di Genova, il porto e il mare che la circonda, offre uno dei più deliziosi ed affascinanti panorami del mondo. Sarebbe difficile immaginare una dimora più gradevole e comoda di quella che offrono le grandi stanze, all'interno; e certamente niente di più delizioso potrebbe essere immaginato dello scenario fuori, alla luce del sole o al chiaro di luna. Somiglia più ad un palazzo incantato in una novella orientale che ad una sobria e grave dimora. (p. 78)
*{{NDR|Su [[Villa delle Peschiere]]}} Che si possa vagare di stanza in stanza senza mai stancarsi di osservare le decorazioni fantastiche sui muri e sui soffitti, così vivaci nella loro freschezza di colori come se fossero stati dipinti ieri; o come un piano, o anche il grande ingresso su cui si aprono altre otto stanze, sia una spaziosa passeggiata; o come ci siano corridoi e camere da letto che non usiamo e che raramente visitiamo e delle quali a malapena ritroviamo la strada; o che ci sia una veduta diversa per ognuna delle quattro facciate dell'edificio, poco importa. Ma quel panorama del vestibolo è come una visione per me. (pp. 78-79)
*{{NDR|Sul [[Monte Fasce]]}} [...] la più splendente delle colline con il bel tempo, ma la più tetra quando si avvicina il temporale [...] (p. 79)
*{{NDR|Sull'[[Spianata dell'Acquasola|Acquasola]]}} [...] una passeggiata pubblica dove la banda militare suona gaiamente, dove i veli bianchi delle genovesi si radunano numerosi e dove le famiglie nobili della città cavalcano in tondo e in tondo e in tondo, almeno in abito e carrozza di gala, se non con perfetta padronanza. (p. 80)
*Quando i suoi straordinari paesaggi sono finiti e si snoda tra una lunga linea di sobborghi, che si stendono sulla piatta riva del mare, verso [[Genova]], allora le mutevoli brevi apparizioni di questa magnifica città e del suo porto destano nuove fonti di interesse; rinnovate da ogni vasta, ingombrante, semidisabitata vecchia casa di periferia: e arrivando all'apice quando si raggiunge la porta della città e tutta Genova, con la sua bellissima baia e le colline circostanti, esplode orgogliosamente alla vista. (p. 93)
 
==''La piccola Dorrit''==
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*Il cuscino di Oliver era stato sprimacciato da mani gentili quella sera, e amore e virtù vegliarono sul suo sonno.
*Gli uomini che tengono in considerazione la natura e i loro simili e piangono perché tutto è scuro e cupo sono nel giusto; ma i colori foschi sono i riflessi dei loro occhi invidiosi e dei loro cuori. I veri colori sono delicati e hanno bisogno di una visione più pulita.
 
==''Lettere dall'Italia''==
*{{NDR|Su [[Villa Bagnarello]]}} Mi trovo in una vecchia tenuta sconquassata, la più completamente solitaria, arrugginita, stagnante che tu possa immaginare. Che cosa non darei perché tu potessi solo dare un'occhiata al cortile! Lo contemplo ogni volta che passo vicino a una finestra che guarda da quel lato della casa, perché la stalla è così piena di «insetti e sciami» [...] che mi aspetto sempre di vedere la carrozza uscirsene trainata di peso da legioni di laboriose pulci perfettamente bardate, per proprio conto. (lettera a John Forster, 20 (?) luglio 1844; p. 21)
*{{NDR|Sui modi [[Genova|genovesi]]}} [...] sono estremamente vivaci e pantomimici, tanto che due amici popolani in placida conversazione nella strada sembrano sempre sul punto di accoltellarsi da un istante all'altro. E uno straniero resta profondamente sconcertato dal fatto che poi questo non succeda. (lettera a John Forster, 20 (?) luglio 1844; p. 21)
*Ma non so come te la caveresti sui lastricati, che mettono a dura prova. È come camminare su delle biglie roventi e fumanti, con ogni tanto uno spuntone che fa inciampare. (lettera al fratello Frederick, 22 luglio 1844; p. 22)
*Vi è una Chiesa, qui, la [[Basilica della Santissima Annunziata del Vastato|Chiesa dell'Annunciazione]], che stanno adesso restaurando (certe famiglie nobili) con gran dispendio, come opera pia. È un'ampia Chiesa, con un gran numero di cappellette all'interno, e una cupola davvero alta. Ogni Pollice di questo edificio è dipinto, e ogni Disegno è circondato da una gran cornice o bordatura dorata, di complicata lavorazione. Non puoi immaginare nulla di altrettanto splendido. Merita un intero viaggio solo il venirla a vedere. (lettera a Daniel Maclise, 22 luglio 1844; p. 24)
*{{NDR|Su ''Tour in Italy'' di Louis Simond}} È un libro proprio incantevole e lo si apprezza soprattutto per l'eccellente proposito e determinazione di non riprodurre gli stereotipi convenzionali. (lettera a John Forster, 3 agosto 1844; p. 27)
*[...] a un certo punto della sera e del mattino l'azzurro del [[Mar Mediterraneo|Mediterraneo]] supera ogni immaginazione o descrizione. È il colore più intenso e meraviglioso, credo, di tutta la natura. (lettera a John Forster, 3 agosto 1844; p. 27)
*La Villa {{NDR|[[Villa Bagnarello|Bagnarello]]}} è piuttosto disadorna in fatto di mobili, ma è estremamente pulita. La Sala è molto ampia e le camere da letto ottime. (lettera al Conte D'Orsay, 7 agosto 1844; p. 29)
*[...] mi sono guardato attorno e credo d'aver concluso un accordo per una sistemazione alle [[Villa delle Peschiere|Peschiere]]: spero di prendere possesso di quel Palazzo il primo d'ottobre. Ho a disposizione l'intero edificio, tranne il Piano Terra. Non so se abbiate mai visto le stanze. Sono davvero splendide, e ogni millimetro delle pareti è affrescato. I Giardini sono anch'essi bellissimi. (lettera al Conte D'Orsay, 7 agosto 1844; p. 29)
*Che luogo triste è l'[[Italia]]! Un paese piombato nel sonno, e senza alcuna prospettiva di risvegliarsi. (lettera al Conte D'Orsay, 7 agosto 1844; pp. 30-31)
*Non dimenticherò mai, finché vivrò, le mie prime impressioni mentre avanzavo per le vie di [[Genova]], dopo aver contemplato la splendida Vista della città, per un'ora intera, con un telescopio, dal ponte del vapore. Pensavo che fra tutte le più ammuffite, desolate, sonnolente, luride, abbandonate, immobili città del mondo intero, dimenticate da Dio, nessuna la potesse eguagliare. Mi pareva di essere giunto dove tutto finisce, dove non vi è più progresso, movimento, sviluppo, o possibilità di migliorare oltre. Tutto sembrava essersi fermato da secoli, per non riscuotersi mai più, restando immobile sotto il sole in attesa del giorno del Giudizio.<br>Adesso, invece, mi attira molto andarvi a camminare o girovagare, quando mi ci reco, in una specie di stato sognante, che è anche estremamente distensivo. Mi sembra di pensare, ma non so a che cosa, non ne ho la minima coscienza. Posso sedermi in una chiesa, o fermarmi alla fine di uno stretto Vico, zigzagando come una lurida biscia verso la parte alta, senza sentire il minimo desiderio per alcun altro tipo di divertimento. Non diversamente mi stendo sugli scogli la sera, fissando l'acqua azzurra senza ritegno, o giro per gli stretti vicoli e guardo le lucertole inseguirsi per i muri (così leggere e rapide che mi sembrano sempre ombre di qualcos'altro che passi sulle pietre) e sparire nei loro buchi così all'improvviso da lasciare pezzetti di coda di fuori, senza che se ne rendano conto. (lettera al Conte D'Orsay, 7 agosto 1844; p. 31)
*Siete mai stato a [[Lione]]? ''Quello'' è il posto. È un grande Incubo, una cattiva coscienza, un colpo di indigestione, il ricordare di aver commesso un delitto. Un posto terribile! (lettera al Conte D'Orsay, 7 agosto 1844; p. 31)
*Il [[Villa delle Peschiere|Peschiere]] è tenuto in gran considerazione per la sua salubrità: è situato nel mezzo del più splendido panorama, entro le mura di Genova, nel cuore di tutte le passeggiate della Collina, circondato dai più deliziosi giardini (pieni di fontane, alberi di arancio, e ogni sorta di piacevolezza) che tu possa immaginare [...]. All'interno, è tutto dipinto, muri e soffitti, in ogni centimetro, nel più sfarzoso dei modi. Vi sono dieci stanze per piano: solo poche sono più piccole delle più grandi stanze d'abitazione del palazzo di Hampton Court, e una è sicuramente altrettanto larga e lunga del Saloon del Teatro di Drury Lane, con una gran copertura a volta più alta di quella della Galleria Waterloo nel Castello di Windsor, anzi, a pensarci bene, molto più alta. (lettera a Thomas Mitton, 12 agosto 1844; pp. 35-36)
*{{NDR|Sui [[I promessi sposi|Promessi sposi]]}} È proprio un bel libro! Non mi sono ancora addentrato molto nella storia, ma ne sono del tutto incantato. I dialoghi fra lo Sposo e il Prete, la Mattina del mancato matrimonio, fra lo Sposo e la Sposa e la Madre di lei, e la descrizione del tragitto del povero Renzo alla casa del dotto avvocato, con i capponi, la scena fra loro due e l'idea complessiva del personaggio e della vicenda di Padre Cristoforo sono delineati a tocchi estremamente delicati e suggestivi. Ho appena lasciato il buon padre nella chiassosa Sala da Pranzo di Don Rodrigo e ti assicuro che sono ansiosissimo di andare avanti. (lettera a Samuel Rogers, 1 settembre 1844; pp. 42-43)
*Ricordi la Chiesa dei Cappuccini, l'[[Basilica della Santissima Annunziata del Vastato|Annunciata]]? Stanno ridipingendola e rinnovando completamente le dorature. E stanno costruendo un portico di marmo sopra l'entrata principale. La parte dell'interno, circa due terzi, che hanno già finito di ridecorare, è quanto di più sfarzoso si possa immaginare. Se si guarda verso le tre Cupole in alto in un giorno luminoso, stando davanti al Grande Altare, si resta storditi dallo scintillìo e dalla gloria del luogo. Ma il contrasto tra questo Tempio e i suoi ministri è sicuramente il più singolare e netto che esista al Mondo. (lettera a Samuel Rogers, 1 settembre 1844; p. 43)
*[...] mio caro amico, qualunque cosa al mondo tu abbia udito su Venezia, nessuna uguaglia la magnificenza e lo splendore della realtà. Le più sfrenate visioni delle Mille e Una Notte non sono nulla in confronto a Piazza San Marco e della prima impressione dell'interno della chiesa. La realtà sontuosa e stupefacente di Venezia è al di là delle fantasie del più audace sognatore. Nemmeno l'oppio potrebbe far sorgere un luogo simile, e un incantesimo sfumarlo poi in visione. Tutto quello che ho sentito dire, o letto in descrizioni realistiche o romanzate, o immaginato su di essa viene scavalcato di migliaia di miglia. E tu sai che, quando mi aspetto troppo da un luogo, è facile che ne resti poi deluso: ma Venezia è al di sopra, al di là, al di fuori della portata di ogni immaginazione umana. Non la si è mai decantata abbastanza. A vederla, ti commuoveresti fino alle lacrime. [...] Da oggi, Venezia è parte della mia mente. (lettera a John Forster, 12 novembre 1844; pp. 61-62)
*Non mi è mai successo prima di aver paura di descrivere quanto mi è capitato di vedere. Ma nel dirti che cos'è [[Venezia]], ebbene, sento che mi è impossibile. (lettera a John Forster, 12 novembre 1844; p. 62)
*[...] giuro (con assoluta convinzione) che [[Venezia]] è ''il'' prodigio, la nuova meraviglia del mondo. Se tu potessi esservi trasportato, senza averne mai sentito parlare, sarebbe la stessa cosa. Calpestarne le pietre, averne davanti gli scorci e nella mente la storia è qualcosa che supera tutto ciò che di essa si scrive, si dice, si pensa. Non potresti parlarmi in questa stanza, né io a te, senza stringermi le mani e dire: «Buon Dio, mio caro amico, abbiamo vissuto per vedere tutto questo!» (lettera a John Forster, 12 novembre 1844; p. 62)
*Sono rimasto alquanto scosso ieri (non sono molto forte in minuzie geografiche) nello scoprire che Romeo venne bandito a sole venticinque miglia. Tale è la distanza fra [[Mantova]] e [[Verona]]. Quest'ultimo è uno strano vecchio posto, con grandi case ormai solitarie e chiuse, esattamente come ci si aspetta che sia. La prima ha una gran quantità di farmacisti, tutt'oggi, che potrebbero interpretare la parte shakespeariana al naturale. Di tutti i piccoli stagni immobili visti finora, è il più verde e il più coperto d'erbacce. (lettera a Douglas Jerrold, 16 novembre 1844; pp. 63-64)
*Non vi è nulla che mi abbia colpito in vita mia come [[Venezia]]. È ''la'' meraviglia del mondo. Un dannato antico posto da sogno, stupendo, immateriale, impossibile, perverso, irreale. Vi sono arrivato di sera, e la sensazione di quella sera e della luminosa mattina successiva è ormai parte di me per il resto della mia esistenza. (lettera a Douglas Jerrold, 16 novembre 1844; p. 64)
*{{NDR|Sulla [[lingua napoletana]]}} [...] è assai particolare ed estremamente difficile: per capirla ci vorrebbe almeno un anno di pratica costante. Non somiglia all'italiano più di quanto l'inglese non somigli al gallese. E poiché non dicono nemmeno la metà delle cose che intendono, sostituendo intere frasi con strizzate d'occhio o calci, mi meraviglio che riescano a comprendersi. (lettera a Thomas Mitton, 17 e 22 febbraio 1845; p. 90)
*Il posto {{NDR|[[Napoli]]}} è bello, ma molto meno di quanto la gente non dica. Il famoso golfo, secondo me, come veduta, è incomparabilmente inferiore a quello di [[Genova]], che è quanto di più bello abbia mai visto. Nemmeno la città, dal canto suo, è paragonabile a Genova, con cui in Italia nessuna regge il confronto, salvo Venezia. Quanto ai palazzi, nessuno uguaglia le [[Villa delle Peschiere|Peschiere]] per architetture, collocazione, giardini o stanze. (lettera a Thomas Mitton, 17 e 22 febbraio 1845; p. 90)
*[[Napoli]] in sé, invece, almeno un po' mi ha deluso. Il golfo non mi pare bello come quello di Genova, non è facile scorgerne o coglierne la linea, e l'effetto delle montagne è sciupato dalle sue dimensioni. La vita per le strade non è pittoresca e insolita neanche la metà di quanto i nostri sapientoni giramondo amino farci credere. (lettera a Emile De La Rue, 23 e 25 febbraio 1845; p. 90)
*[...] In linea di massima, la gente comune, qui in Italia, mi piace moltissimo, ma i Napoletani meno di tutti e i [[Roma]]ni poco più, perché sono focosi e brutali. (lettera a Miss Burdett Coutts, 18 marzo 1845; p. 99)
*Il fascino che ha il golfo di Genova ai miei occhi manca completamente a quello di Napoli. La città di [[Genova]] è proprio bella e pittoresca e la casa in cui abitiamo {{NDR|[[Villa delle Peschiere]]}} non ha nulla da invidiare a un Palazzo delle fiabe. (lettera a Miss Burdett Coutts, 18 marzo 1845; p. 99)
*[...] [[Venezia]] è stata un tale splendido sogno che non riesco mai a parlarne, sentendomi del tutto incapace di descriverne l'impatto sulla mia mente. (lettera a Miss Burdett Coutts, 18 marzo 1845; p. 99)
*Il [[Colosseo]] di giorno, al chiaro di luna, a lume di torcia e con ogni sorta di luce è quanto di più stupendo e terribile. (lettera a Miss Burdett Coutts, 18 marzo 1845; p. 99)
*Il [[Mar Mediterraneo|Mediterraneo]] si stende a perdita d'occhio oltre la città, ed è così azzurro, in questo momento, che nemmeno il più puro e vivido blu di Prussia che Mac abbia mai preparato sulla sua tavolozza potrebbe sostenerne il confronto. (lettera a John Forster, (?) aprile 1845; p. 104)
*[[Napoli]] mi ha ampiamente deluso. È pur vero che il tempo è stato brutto per gran parte della mia permanenza là, ma se non vi fosse stato il fango, vi sarebbe stata la polvere. E se anche avessi avuto il Sole, avrei comunque avuto anche i Lazzaroni, che sono così cenciosi, così luridi, abietti, degradati, immersi e imbevuti nella più totale impossibilità di riscatto, che renderebbero scomodo anche il Paradiso, semmai dovessero arrivarci. Non mi aspettavo di vedere una bella Città, ma qualcosa di più piacevole della lunga monotona {{Sic|filza}} di squallide case che si stendono da Chiaia al Quartiere di Porta Capuana, sì; e mentre ero piuttosto preparato all'idea di una popolazione miserabile, mi aspettavo comunque di vedere qualche straccio pulito ogni tanto, qualche gamba che ballasse, qualche viso sorridente, abbronzato dal sole. La realtà, invece, è che, se penso a Napoli in sé per sé, non mi resta un solo ricordo ''piacevole''. (lettera alla Contessa di Blessington, 9 maggio 1845; p. 107)
*{{NDR|Su Lord Holland e la sua cuoca}} Se anche dovessero aprire un ristorante pulito a [[Genova]], cosa poco credibile, data la naturale predilezione per la sporcizia, l'aglio e l'olio dei genovesi, sarebbe lo stesso un grosso rischio, perché i preti farebbero di tutto per danneggiare un uomo che ha sposato una Protestante. (lettera a John Forster, 12 maggio 1845; p. 115)
 
==''Martin Chuzzlewit''==
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*Charles Dickens, ''Il circolo Pickwick'', a cura di Marisa Sestito, traduzione di Augusto C. Dauphiné, BUR, 2008<sup>3</sup>.
*Charles Dickens, ''Il segnalatore'', traduzione di Grazia Alineri, in "Il colore del male. I capolavori dei maestri dell'horror", a cura di David G. Hartwell, Armenia Editore, 1989. ISBN 8834404068
*Charles Dickens, ''Impressioni italiane'', traduzione di Claudio Maria Messina, Robin Edizioni, Roma, 2005. ISBN 88-7371-178-2
*Carlo Dickens, ''[http://www.liberliber.it/libri/d/dickens/index.php La bottega dell'antiquario]'', traduzione di Silvio Spaventa Filippi, Sonzogno, Milano, 1931.
*Carlo Dickens, ''[http://www.liberliber.it/libri/d/dickens/index.php La piccola Dorrit]'', traduzione di F. Verdinois, Milano, F.lli Treves, 1879.
*Carlo Dickens, ''[http://www.liberliber.it/libri/d/dickens/index.php Le avventure di Nicola Nickleby]'', traduzione di Silvio Spaventa Filippi, Sonzogno, Milano, 1937.
*Carlo Dickens, ''[http://www.liberliber.it/mediateca/libri/d/dickens/le_due_citta/pdf/le_due_p.pdf Le due città]'' (o ''Racconto di due città''), traduzione di Silvio Spaventa Filippi, Sonzogno (Tip. A. Matarelli), Milano, 1936.
*Charles Dickens, ''Lettere dall'Italia'', traduzione di Lucio Angelini, Rosellina Archinto Editore, Milano, 1987.
*Carlo Dickens, ''Oliver Twist'', a cura di Deda Pini, Malipiero, 1971.
*Charles Dickens, ''Tempi difficili. Per questi tempi'' (''Hard Times. For These Times'', 1854), a cura di Maria Rita Cifarelli, traduzione di Maria Rita Cifarelli e Cristina Scagliotti, con un saggio di [[George Orwell]], Einaudi, Torino, 1999. ISBN 8806151355