Francesco Petrarca: differenze tra le versioni

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+ Itinerarium siriacum e un'altra dalle lettere
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*{{NDR|I [[libri]]}} Ora questi, ora quelli io interrogo, ed essi mi rispondono, e per me cantano e parlano; e chi mi svela i segreti della natura, chi mi dà ottimi consigli per la vita e per la morte, chi narra le sue e le altrui chiare imprese, richiamandomi alla mente le antiche età. E v'è chi con festose parole allontana da me la tristezza e scherzando riconduce il riso sulle mie labbra; altri m'insegnano a sopportar tutto, a non desiderar nulla, a conoscer me stesso, maestri di pace, di guerra, d'agricoltura, d'eloquenza, di navigazione; essi mi sollevano quando sono abbattuto dalla sventura, mi frenano quando insuperbisco nella felicità, e mi ricordano che tutto ha un fine, che i giorni corron veloci e che la vita fugge. E di tanti doni, piccolo è il premio che mi chiedono: di aver libero accesso alla mia casa e di viver con me, dacché la nemica fortuna ha lasciato loro nel mondo rari rifugi e pochi e pavidi amici. (da ''Rime, trionfi, e poesie latine'', a cura di Ferdinando Neri, Ricciardi, 1951)
*{{NDR|[[Napoli]]}}, per molti rispetti eccellente, ha questo oscuro e vergognoso e inveterato malanno, che il girar di notte vi è non meno pauroso e pericoloso che tra folti boschi, essendo le vie percorse da nobili giovani armati, la cui sfrenatezza né la paterna educazione né l'autorità dei magistrati né la maestà e gli ordini del re seppero mai contenere. (da ''Familiarum rerum libri''; in Francesco Petrarca, ''Opere'', vol. I, Sansoni, 1990)
*Piacciavi richiamare alla memoria quel tempo in cui felicissimi voi {{NDR|[[Genova|genovesi]]}} eravate tra tutti i popoli dell'Italia. Ero allora io fanciullo, e le cose vedute, quasi che sognate le avessi, confusamente rammento: ma viva sempre al pensiero ho la memoria dell'incantevole aspetto che di sè porgeva a levante e a ponente la vostra riviera, bella così da parere meglio celeste che non terrena dimora, simile a quella che la fantasia de' poeti dètte nei campi Elisi stanza ai beati, fra colli ameni, e deliziosi sentieri aperti nel seno delle verdeggianti convalli. Stupende a riguardarsi nell'alto torreggiavan le moli di superbi [[Palazzi dei Rolli|palagi]]: sorgevano a piè delle rupi le mermoree magioni de' vostri cittadini splendide al pari delle più splendide reggie, e a qualsivoglia città nobilissima invidiabil decoro: mentre vincitrice della natura l'arte vestiva gli sterili gioghi de' vostri monti di cedri, di viti, di olivi, spiegando all'occhio la pompa di una perpetua verdura. Aperti con ammirando artificio fra le rupi e gli scogli fermavan lo sguardo del navigante vaghissimi spechi, che sorretti da travi dorate echeggiavano al suono de' flutti, i quali spumeggiando si rompevano in sull'ingresso, e dentro ne spruzzavano le muscose pareti: ed ammirato il nocchiero alla novità dello spettacolo lasciavasi cadere il remo dalle mani, e fermava per meraviglia la barca a mezzo il corso. Che se per terra cammin facendo alcun traversasse le popolose vostre contrade, di quale stupore non lo colpivano le sontuosissime vesti, e la maestosa persona dei vostri cittadini, e delle vostre matrone, o il vedere nel mezzo de' boschi e delle remote campagne lusso e delizie da disgradarne le urbane magnificenze? Che se dentro le mura della vostra città finalmente ponesse il piede, in una città di re, siccome di Roma fu scritto, ed in un tempio sacro alla felicità e all'allegrezza d'essere entrato ei s'avvisava.<ref>Da una lettera al Doge e Consiglio di Genova del 1º novembre 1352, in ''Lettere di Francesco Petrarca'', libro XIV, lettera V, Le Monnier, Firenze, 1865, pp. 320-321</ref>
*Quegli cui non è castigo sufficiente una [[moglie]], è degno di averne parecchie.<ref>Da ''De remediis utriusque fortune''; citato in [[Giuseppe Fumagalli]], ''L'ape latina'', Hoepli, 1987.</ref>
:''Quem una uxor non castigat, dignus est pluribus.''
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:''Sentioque inexpletum quiddam in precordiis meis semper''. (da ''Secretum'')
*''Sicilia di tiranni antico nido | vide triste [[Agatocle]] acerbo e crudo | e vide i dispietati Dionigi | e quel che fece il crudel fabro ignudo | gittare il primo doloroso strido | e far ne l'arte sua primi vestigi.'' (da ''[http://www.liberliber.it/mediateca/libri/p/petrarca/frammenti_rime_estravaganti/pdf/petrarca_frammenti_rime_estravaganti.pdf Frammenti. Rime estravaganti]'', 20, vv. 65-70; p. 43)
*Vedrai una città regale, addossata a una collina alpestre, superba per gli uomini e per mura, il cui solo aspetto la indica signora del mare. {{NDR|[[Genova]]}}<ref>Da una lettera al Senato del 1352; citato in Dino Cofrancesco, ''Omaggio a Genova'', Fratelli Alinari, 2004, p. 22. ISBN 9788872924631</ref>
*[...] ventosa gloria è il cercar fama dalla splendidezza delle [[parola|parole]]. (dalla ''Lettera ai posteri'', in ''Del disprezzo del mondo, dialoghi tre'', prima versione italiana del rev. prof. Giulio Cesare Parolari, coi tipi di Luigi di Giacomo Pirola, Milano 1857)
 
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===Citazioni sul ''Canzoniere''===
*Laura è certamente esistita. È esistita; ed era, alla luce di tutti i giorni, una bionda signora, nelle profondità inaccesse (infantili) dell'anima del poeta, era sua madre; era la ''donna che non si può avere''. E tutta la fascinosa, un po' monotona, storia del {{maiuscoletto|Canzoniere}}, di venti e più anni di corteggiamenti, per non arrivare, per voler non arrivare a nulla, è qui. Se Laura che lo loda, lo rimprovera, lo ammonisce a ben fare, siede in sogno sulla sponda del suo letto, si comporta in tutto e per tutto come una tenera madre col suo amato, e un po' indiscreto bambino, gli si fosse data (ma è questo che il poeta – fingendo desiderarlo – temeva; il {{maiuscoletto|Canzoniere}} è pieno di accenti di gratitudine per quelle che colla sua «virtù», colla sua «castità» gli risparmiava, con la tentazione, il pericolo di fare una brutta figura) sarebbe accaduto al Petrarca quello che accadde al [[Charles Baudelaire|Baudelaire]] con la bella signora Sabatier, e che non gli accadeva con la sua triste mulatta. La figura di Laura assorbì tutta la tenerezza del poeta. La sua sensualità egli la rivolse ad altro (ebbe – si racconta – non infecondi amori ancillari); a donne che, per la diversità delle origini, non potevano richiamare al suo inconscio, sempre vivo e vigile, la presenza – ben altrimenti diletta! – della madre. Ma l'amore, l'amore vero, l'amore intero, vuole una cosa e l'altra; vuole la fusione perfetta della sensualità e della tenerezza: anche per questo è raro. Così non c'è, in tutto il lungo {{maiuscoletto|Canzoniere}}, un verso, uno solo, che possa propriamente dirsi d'amore; molte cose ci sono ma non {{maiuscoletto|la bocca mi baciò tutto tremante}}<ref>{{cfr}} [[Dante Alighieri]], ''Divina commedia'', ''Inferno'', canto V, v. 136: «''La bocca mi basciò tutto tremante''».</ref>, il più bel verso d'amore che sia stato scritto. ([[Umberto Saba]])
 
==''Itinerarium Siriacum''==
*Veniamo a [[Genova]], che dici di non aver mai visto. Vedrai una città regale, addossata ad una collina alpestre, superba per uomini e per mura, il cui solo aspetto la indica signora del mare; la sua stessa potenza, come è già accaduto a molte città, le nuoce e le reca danno, perché offre materia alle contese e alle gelosie cittadine.
*[...] di questa ammirerai ora il comportamento dei cittadini, la posizione dei luoghi, lo splendore degli edifici e soprattutto la flotta, formidabile e temibile per ogni nazione come è stato scritto di quella di Tiro; ammirerai il molo opposto al mare e il [[Porto di Genova|porto]], opera dell'uomo, di inestimabile valore e di molto lavoro, che invano colpiscono le quotidiane tempeste.
*Quando avrai diligentemente osservato questa città, il litorale che l'avvolge a destra e a sinistra, i monti che sovrastano i flutti, inoltre le persone, gli animi forti ed il comportamento della gente, sappi di aver visto quel secondo coltello che per molti anni, con un esercizio continuo, affilò la spada del valore romano.
 
==''Le Epistole familiari''==
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*Francesco Petrarca, ''[http://www.liberliber.it/libri/p/petrarca/index.htm De secreto conflictu curarum mearum (Secretum)]'', in "Prose", a cura di G. Martellotti e P. G. Ricci, E. Carrara, P. G. Ricci, Riccardo Ricciardi editore, Milano-Napoli, 1955.
*Francesco Petrarca, ''[http://www.liberliber.it/libri/p/petrarca/index.htm I trionfi]'', a cura di Guido Bezzola sul testo approntato da Raffaello Ramat per i Classici Rizzoli (Milano 1957), edizione Rizzoli (B.U.R), Milano, 1997. ISBN 8817124702
*Francesco Petrarca, ''Itinerarium Siriacum'', 1358; citato in Giovanna Petti Balbi, ''Genova medievale vista dai contemporanei'', Sagep Editrice, Genova, 1978, pp. 80-83
*Francesco Petrarca, ''[http://www.liberliber.it/libri/p/petrarca/index.htm Le senili]'', volgarizzate e dichiarate con note da Giuseppe Fracassetti, Firenze, Le Monnier, 1879-1870.