Vincenzo Consolo: differenze tra le versioni

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==Citazioni di Vincenzo Consolo==
* Adesso odio il paese, l’isola, odio questa nazione disonorata, il governo criminale, la gentaglia che lo vuole... Odio finanche la lingua che si parla...<ref name=":0">Citato in Corrado Stajano, ''[http://www.corriere.it/cultura/17_settembre_17/vicenzo-consolo-testi-libro-bompiani-raccolta-mafia-c9cecac6-9bba-11e7-99a4-e70f8a929b5c.shtml Vincenzo Consolo, scritti sulla mafia]'', ''Corriere.it'', 17 settembre 2017.</ref><ref>Citazione dal romanzo ''Nottetempo, casa per casa'', Premio Strega 1992. </ref>
 
*A [[Palermo]] la rossa, a Palermo la bambina. Rossa, Palermo, come immaginiamo fosse Tiro o Sidone, fosse Cartagine, com'era porpora dei Fenici; di terra rossa e grassa, con polle d'acqua, da cui alto e snello, pieghevole ai venti, s'erge il palmeto fresco d'ombra, eco e nostalgia di oasi, verde: moschea, tappeto di ristoro e di preghiera, immagine dell'eterno giardino del Corano. Bambina perché dormiente e ferma, compiaciuta della sua bellezza, perché da sempre dominata da stranieri, e dominata soprattutto dalla madre, la fatale madre mediterranea che blocca i figli in un'eterna adolescenza. S'adagia, rigogliosa e molle, su una felice conca... (da ''La Sicilia passeggiata'')
*Chi ha uso di ragione, possesso di cognizione, sa che la [[mafia]], questa mala pianta, questo olivastro infestante e devastante, è nata in [[Sicilia]] per il ritardo storico in cui l’isola è stata tenuta, per l’ingiustizia a danno di essa costantemente perpetrata, da dominazioni, governi, da ottuse cieche caste di privilegio e sopruso; sa che in Sicilia la mafia si è sviluppata con l’abbandono, con l’assenza dello Stato, con la connivenza, l’aiuto di regimi politici, di poteri statali insipienti o corrotti.<ref name=":0" />
*{{NDR|Su [[Lucio Piccolo]]}} Così, nel poeta, convivono due anime, quella palermitana, spagnola, barocca, delle vecchie chiese, dei conventi, degli oratori, tutta scenografia interna che fa da sfondo alla sua infanzia-adolescenza; e quella messinese, greca, della campagna, della natura, scenografia esterna che fa da sfondo alla sua giovinezza-maturità, ma che egli riduce -è bene dirlo- sempre alla cifra barocca. (da ''Delle cose di Sicilia'', Palermo, Sellerio, 1986<ref>Scritto disponibile in ''[http://vincenzoconsolo.it/?p=663 Le 9 liriche del grande Piccolo Vincenzo Consolo]'', ''Vincenzo Consolo.it'', marzo 2002.</ref>)
*Credo che l'emigrazione sia veramente il cammino delle civiltà. Tutte le grandi civiltà si sono infatti formate attraverso le emigrazioni, a partire da quella greca.<ref name="meridia">Da un'intervista per il ''Corriere di Como'', 19 novembre 1997; riportata in ''[http://vincenzoconsolo.it/?p=1070 La Sicilia comasca di Consolo nei "Meridiani"]'', ''Vincenzo Consolo.it''.</ref>
*''Cu voli puisia venga 'n Sicilia'' ha cantato il poeta dialettale Ignazio Buttitta. Sì, tutti poeti noi siciliani; da sempre, e in quei saloni di Palazzo dei Normanni in cui attorno allo Stupor mundi, a Federico II, nacque la Scuola poetica siciliana, si muovono oggi i nuovi poeti, gli assessori della nuova giunta di Raffaele Lombardo.<ref>Da ''Poeti di Sicilia'', ''il Manifesto'', 23 settembre 2009; riportato in ''[http://vincenzoconsolo.it/?p=299 Poeti di Sicilia]'', ''Vincenzo Consolo.it'', settembre 2010.</ref>
*Ed è [[Palermo]], la fastosa e miserabile Palermo, con i suoi palazzi nobiliari che imitano le regge dei Borboni tra i «cortili» di tracoma e tisi, con le ville-alberghi in stile moresco-liberty di imprenditori come i Florio che s'alzavano sopra i tetti dei tuguri; la Palermo delle strade brulicanti d'umanità come quelle di Nuova Delhi o del Cairo e dei sotterranei dei conventi affollati di morti imbalsamati, bloccati in gesti e ghigni come al passaggio di quello scheletro a cavallo e armato di falce che si vede nell'affresco chiamato ''Trionfo della morte'' del museo Abatellis. (dalla prefazione di Vincenzo Consolo a Carlo Levi, ''Le parole sono pietre'', Giulio Einaudi editore, Torino, 2010, p. XI)
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*Fra tutte le [[Lombardi di Sicilia|colonie lombarde]], quella che ha più mantenuto costumi e lingua è stata [[San Fratello]], San Filadelfio in origine, costruita sul cocuzzolo di una montagna di 700 metri, vicina all'antica città siculo-greca Apollonia e quindi bizantina Demena (da cui prese il nome il Valdemone). (da ''Quei siciliani lombardi investiti dalla frana'', ''la Repubblica'', 25 febbraio 2010, edizione Palermo [http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/02/25/quei-siciliani-lombardi-investiti-dalla-frana.html p. 1.])
*Costruito, [[San Fratello]], nell'Alto Medio Evo, dalle truppe mercenarie raccolte nella [[Padania|Valle Padana]] (ma questo non bisogna farlo sapere a [[Umberto Bossi|Bossi]]) da [[Ruggero I di Sicilia|Ruggero il Normanno]] per la riconquista. Queste truppe di mercenari si erano stabilite in Sicilia formando le cosiddette [[Lombardi di Sicilia|colonie lombarde]] ([[Nicosia (Italia)|Nicosia]], [[Aidone]], [[Piazza Armerina]], [[Francavilla di Sicilia|Francavilla]], [[Novara di Sicilia]] e San Fratello, appunto). Colonie chiuse che hanno conservato le loro tradizioni [[Lombardia|lombarde]], i loro costumi e, soprattutto, la loro lingua, il gallo italico o mediolatino. San Fratello è stata la più tipica e la più chiusa di queste colonie. Paese di pastori, di carbonai e di contadini, che aveva la sua ragione di vita nel ricco bosco adiacente al paese, il bosco della Miraglia, che fa parte del Parco dei Nebrodi, ricco di faggi, cerri, querce. La fine del mondo contadino degli anni Cinquanta, Sessanta, ha fatto crollare l'economia di San Fratello e costretto molti dei suoi abitanti ad emigrare. Emigrare dove? In Lombardia naturalmente, come in una sorta di richiamo ancestrale. C'è stata una trafila migratoria in Val Ceresio, nei paesi soprattutto di Saltrio e Viggiù. (da ''La metafora di San Fratello'', ''Il Manifesto'', 17 febbraio 2010)
*Il problema della lingua è stato agitato da parecchi scrittori della nostra letteratura: Leopardi, ad esempio, guarda oltralpe, afferma che il francese tende all'unità, è una lingua che si è geometrizzata a partire dall'epoca di Luigi XIV, mentre in Italia esistono un'infinità di lingue. La Francia ha "perso l'infinito" che aveva in origine, mentre l'Italia lo ha mantenuto, ha mantenuto cioè la possibilità di alimentare la propria lingua attraverso l'apporto delle parlate popolari, dei dialetti.<ref name="meridia" />
*Tutti dovettero avere una grande superbia, un grande orgoglio, un alto senso si sé, di sé come individui e di sé come comunità, se subito dopo il terremoto vollero e seppero ricostruire miracolosamente quelle città, con quelle topografie, con quelle architetture barocche: scenografiche, ardite, abbaglianti concretizzazioni di sogni, realizzazioni di fantastiche utopie. Sembrano nei loro incredibili movimenti, nelle loro aeree, apparenti fragilità, una suprema provocazione, una sfida ad ogni futuro sommovimento della terra, ad ogni ulteriore terremoto; e sembrano insieme, le facciate di quelle chiese, di quei conventi, di quei palazzi pubblici e privati, nei loro movimenti, nel loro ondeggiare e traballare "a guisa di mare", nel loro gonfiarsi e vibrare come vele al vento, la rappresentazione, la pietrificazione, l'immagine, apotropaica o scaramantica, del terremoto stesso: la distruzione volta in costruzione, la paura in coraggio, l'oscuro in luce, l'orrore in bellezza, l'irrazionale in fantasia creatrice, l'anarchia incontrollabile della natura nella leibniziana, illuministica anarchia creatrice; il caos in logos, infine. Che è sempre il cammino della civiltà e della storia. (da ''Il barocco in Sicilia'')
*Io non so che voglia sia questa, ogni volta che torno in [[Sicilia]], di volerla girare e girare, di percorrere ogni lato, ogni capo della costa, inoltrarmi all'interno, sostare in città e paesi, in villaggi e luoghi sperduti, rivedere vecchie persone, conoscerne nuove. Una voglia, una smania che non mi lascia star fermo in un posto. Non so. Ma sospetto sia questo una sorta d'addio, un volerla vedere e toccare prima che uno dei due sparisca. (da ''Le pietre di Pantalica'', p. 179)
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*La Sicilia è la metafora dell'Italia. Come diceva [[Ignazio Buttitta]] "a Sicilia puoitta a banniera".<ref>Dall'intervista di Sergio Buonadonna, ''[http://vincenzoconsolo.it/?p=405 La Sicilia è un'isola sequestrata]'', ''Vincenzo Consolo.it'', giugno 2011.</ref>
*[[Carlo Levi#Le parole sono pietro|''Le parole sono pietre'']] — mai titolo di libro fu più felicemente duro e capace di colpire — è il frutto di un viaggio in Sicilia in tre tempi: nel 1951, nel 1952 e nel 1955, anno, questo stesso, in cui fu pubblicato per la prima volta. [...] Ultimo, allora, di una lunghissima e illustrissima schiera di viaggiatori in Sicilia, viaggiatori che spesso, in questa terra antica e composita, enormemente stratificata, sono stati ingannati o fuorviati da superfici arditamente colorate o da monumentalità incombenti, fino a giungere qualche volta allo smarrimento (come successe a quel povero inglese di nome Newman, divenuto poi cardinale, che dalla Sicilia scappò confuso e febbricitante), ultimo, dicevo, Levi, non ha distrazioni e incertezze. (dalla prefazione a ''Le parole sono pietre'', Giulio Einaudi editore, Torino, 2010, pp. VI-VII)
*Un uomo, [[Pino Puglisi|don Pino]] {{Ndr|Puglisi}} in lotta contro i non uomini, i mafiosi e i sicari del quartiere, per salvare i bambini e i ragazzi da un destino di violenza, di illegalità, di miseria e ignoranza, di inciviltà.<ref name=":0" />
 
==''La Trezza''==