Manlio Cancogni: differenze tra le versioni

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→‎Citazioni: Amerigo Dumini, capo della squadra fascista che sequestrò e uccise Giacomo Matteotti
→‎Citazioni: nota esplicativa
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*Carosi<ref>«Nel pisano primeggiava su tutti Sandro Carosi, un farmacista di Vecchiano ch'era diventato il terrore della provincia», M. Cancogni, ''op. citata'', p. 106.</ref> giocava con l'arma e intanto guardava, senza parlare, gli operai e i contadini che, dal momento che i fascisti erano entrati, tacevano fermi ai loro tavoli con le carte in mano. «Tu», disse indicandone uno. L'interpellato guardava impaurito ora gli amici ora il fascista. «Mettiti là», disse Carosi. Indicandogli il punto con la pistola lo fece andare in fondo alla stanza con le spalle appoggiate al muro. Si alzò, si accostò a una credenza, prese da una fruttiera una mela, la mise sulla testa dell'uomo. «Adesso sta' fermo», disse. Andò al capo opposto della stanza, puntò la pistola, fece fuoco. L'uomo scivolò per terra colpito in fronte. Si chiamava Pietro Pardi. (Capitolo VI, p. 107)
*Nei primi tempi dello squadrismo a Cremona, i socialisti avevano dato a [[Roberto Farinacci]] il soprannome di Tettoia che poi gli conservarono anche quando, alle elezioni del '21, fu eletto deputato. Lo chiavano così perché era impiegato alle ferrovie, ma il soprannome nascondeva un'allusione maligna. Infatti Farinacci, durante la guerra, benché fosse interventista e avesse l'età e la salute per la vita di trincea, era rimasto in servizio nelle ferrovie, non staccandosi mai dall'amica tettoia. (Capitolo ottavo, p. 137)
*Facendo il lattaio, il carbonaio, l'incettatore di fieno, di lana, l'allevatore di pecore, di maiali, il camionista, {{NDR|[[Amerigo Dumini]], emigrato in Cirenaica}} era riuscito a frasi una posizione. S'era anche sposato con la figlia di un colono dell'altipiano, una ragazza molto più giovane di lui, piccola e timida. Allo scoppio della guerra {{NDR|seconda guerra mondiale}} viveva a Derna dove dirigeva una azienda di trasporti. S'era fatto molti amici fra gli arabi. Forse quella gente apprezzava proprio ciò che nella sua persona lo rendeva pauroso agli occhi degli italiani: la fissità opaca dello sguardo, la capacità di tacere a lungo guardando nello stesso punto, l'incedere duro e indifferente, e quella sorta di fatalità che lo accompagnava dovunque fosse. (Capitolo undicesimo, p. 200)
 
==Note==