Raffaele La Capria: differenze tra le versioni

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[[Immagine:Raffaele La Capria - foto di Augusto De Luca.jpg|thumb|upright=1.4|Raffaele La Capria]]
'''Raffaele La Capria''' (1922 – vivente), scrittore e sceneggiatore italiano.
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==Citazioni==
*A [[Napoli]], – e in questo mondo di kamikaze dove pietà l'è morta – siamo andati «molto oltre tutto quello che si poteva immaginare». Se eliminassimo tutti gli assassini che vanno in giro nelle nostre città si dovrebbe aprire una succursale dell'Inferno.<ref>Da ''[https://web.archive.org/web/20160101000000/http://archiviostorico.corriere.it/2009/novembre/01/vero_hanno_paura_che_strano_co_8_091101014.shtml È vero, hanno paura: che c'è di strano?]'', ''Corriere della sera'', 1 novembre 2009, p. 11.</ref>
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*Quando vidi il film realizzato da Vittorio (Caprioli), feci un'altra scoperta. Dopo tutto il lavoro di sceneggiatura, giorni e giorni per precisare questo e quell'episodio, questo o quel personaggio, questo o quell'ambiente, quando poi il film era girato, montato, doppiato e io lo vedevo nel buio della sala, non riconoscevo niente di quello che avevo scritto. [...] Cercando di analizzare le cose capii che quando in una sceneggiatura scrivevo che nella stanza dove si svolgeva una scena c'era ''un'' letto, ''una'' sedia, ''un'' comodino, la parola stanza, letto, sedia, comodino, era ''indeterminata'', poteva essere lasciata all'immaginazione. Ma quando poi nel film vedevo la stanza, il letto, la sedia, il comodino non erano più indeterminati, ma erano quelli che vedevo e non altri, ''quella'' stanza e proprio quella, ''quel'' letto e proprio quello, ''quelle'' sedie e quel comodino. E lo stesso accadeva per i personaggi. Fu così che imparai, umilmente, che il film apparteneva al regista, al creatore delle immagini; e imparai a distinguere meglio la portata delle parole da quella delle immagini. (p. 208)
 
==[[Incipit]] di ''Ferito a morte''==
===[[Incipit]]===
La [[spigola]], quell'ombra grigia profilata nell'azzurro, avanza verso di lui e pare immobile, sospesa, come un reattore quando lo vedi sbucare ancora silenzioso nel cerchio tranquillo del mattino. L'occhio fisso, di celluloide, il rilievo delle squame, la testa corrucciata di una maschera cinese — è vicina, vicinissima, a tiro. La Grande Occasione. L'aletta dell'arpione fa da mirino sulla linea smagliante del fucile, lo sguardo segue un punto a destra delle branchie. Sta per tirare — sarà più di dieci chili, pensa — e la Cosa Temuta si ripete: una pigrizia maledetta che costringe il corpo a disobbedire, la vita che nel momento decisivo ti abbandona. Luccica lì, sul fondo di sabbia, la freccia inutile. La spigola passa lenta, come se lui non ci fosse, quasi potrebbe toccarla, e scompare in una zona d'ombra, nel buio degli scogli. Adesso sta inseguendo la Grande Occasione Mancata. Per lunghi oscuri corridoi sottomarini, ombre come alghe viola, e gelo in tutto il corpo. Man mano che si abitua a quel morto chiarore distingue le poltrone del salotto, il lungo tavolo di legno scuro, il paralume verde, il divano, la macchia di caffè sul cuscino giallo. La spigola dev'essere scomparsa in qualche angolo buio, dietro quel cassettone o nella stanza di là, sotto il letto dove lui ora sta dormendo. Ma non importa più, ormai ci siamo, eccola La Scena. Si ripresenta sempre identica: lo sguardo di Carla che splende come un mattino tutto luce in fondo al mare, e lei così vicina — anche il battito del cuore, è pazzesco! — vicina, con l'occhio marino aspettando. E poi offesa? stupita? incredula? prontamente disinvolta comunque, eccola di nuovo seduta sul letto pettinandosi, per sempre lontanissima, che tenta di superare l'imbarazzo. Lui la guarda mentre lei si pettina i capelli raccolti sulla nuca, bionda coda di cavallo oscillante — luminosi come sulla spiaggia nella notte di Capodanno! — lui senza vita e un sorriso umiliato che copre il desiderio di morire. E i ragazzi, t'immagini le facce? le risate? le chiacchiere, se sapessero. Lui, solo, con la Grande Occasione Mancata, e tutti i loro occhi aperti sulla Scena.