Toscana: differenze tra le versioni

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*La patria ideale di ogni toscano non è il Paradiso, ma l'inferno: soltanto laggiù si sente a casa sua, fra gente come lui, fra pari suoi, soltanto laggiù può essere gavazziere a suo piacere, e ridere di tutto, beffarsi di tutto e di tutti.
*Nessuno ci vuole bene (e a dirla fra noi non ce ne importa nulla). E se è vero che nessuno ci disprezza (non essendo ancora nato, e forse non nascerà mai, l’uomo che possa disprezzare i toscani), è pur vero che tutti ci hanno in sospetto. Forse perché non si sentono compagni a noi (compagno, in lingua toscana, vuol dire eguale). O forse perché, dove e quando gli altri piangono, noi ridiamo, e dove gli altri ridono, noi stiamo a guardarli ridere, senza batter ciglio, in silenzio: finché il riso gela sulle loro labbra
*Di fronte a un toscano, tutti si sentono a disagio. Un brivido scende nelle loro ossa, freddo e sottile come un ago. Tutti si guardano intorno inquieti e sospettosi. Un toscano apre la porta ed entra? Un silenzio impacciato lo accoglie, una muta inquietudine s’insinua, là dove prima regnavano l’allegria e la confidenza. Basta l’apparizione di un toscano, perché una festa, un ballo, un pranzo nuziale, si mutino in una triste, tacita, fredda cerimonia. Un funerale al quale prenda parte un toscano, diventa un rito ironico: i fiori si mettono a puzzare, le lacrime seccano sulle gote, le gramaglie cambian colore, perfino il cordoglio dei parenti del morto sa di beffa. Basta che fra il pubblico ci sia un toscano col suo risolino in bocca, e subito l’oratore si turba, la parola gli si sgonfia sulle labbra, il gesto gli si ghiaccia a mezz’aria.
 
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