Jonathan Safran Foer: differenze tra le versioni

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===Citazioni===
*A questo punto, quasi tutti i trecento e passa cittadini dello shtetl si radunarono per dibattere quella faccenda di cui non sapevano nulla. E [[Ignoranza|meno un cittadino ne sapeva]], più era granitico nelle sue argomentazioni. Niente di nuovo in questo. (p. 20)
*''Non sono [[tristezza|triste]], io,'' si ripeteva tante volte. ''Non sono triste,'' come se un giorno potesse riuscire a convincersi. O a gabbare se stesso. O a convincere gli altri – peggio di essere triste è solo quando gli altri sanno che sei triste. (p. 60)
*''[[Dio]] è triste?'' <br /> ''Per essere triste [[Problema dell'esistenza di Dio|dovrebbe esistere]], no?'' <br /> ''Lo so'', disse lei, dandogli un leggero buffetto sulla spalla. ''È per quello che lo chiedevo, per sapere finalmente se ci credi!'' <br /> ''Allora ti dirò solo questo: se Dio esiste, ha molte ragioni per essere triste. E se non esiste, secondo me anche questo Lo rattrista non poco. Insomma, per rispondere alla tua domanda, Dio deve essere triste.'' (p. 97)
*''A Lutsk ti ho comperato dei [[libro|libri]],'' le disse Yankel chiudendo la porta a prima sera, chiudendo fuori il resto del mondo.<br /> ''Non possiamo permetterceli'', ribatté lei afferrando la borsa pesante. ''Domani dovrò restituirli''. <br /> ''Non possiamo permetterci neanche di non averli. Qual è la cosa che possiamo permetterci di meno: averli o non averli? A mio parere, perdiamo in ogni caso. Meglio perdere con i libri.'' (p. 100)
*Si scambiavano a vicenda la grande bugia salvatrice – che il nostro [[amore]] per le cose sia più grande del nostro amore per il nostro amore per le cose – recitando di buon grado le parti che scrivevano per sé, creando di buon grado le finzioni necessarie alla vita, e credendoci. (p. 102)
*Dallo spazio gli [[Astronauta|astronauti]] vedono quelli che [[Fare l'amore|fanno l'amore]] come puntolini di luce. (p. 117)
*''Questo è [[amore]]'', pensava lei, ''sì o no? Quando noti l'assenza di qualcuno, e detesti quell'assenza più di ogni altra cosa. Ancora più di quanto ami la sua presenza.'' (p. 148)
*''Non ha sofferto'', le dissero. ''Anzi, non ha provato niente''. Questo la fece piangere ancor di più, e più forte. La [[morte]] è la sola cosa nella vita di cui sia necessario essere coscienti mentre accade. (p. 152)
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*Mio nonno era innamorato del profumo delle [[donna|donne]]. Ne portava gli aromi come anelli attorno alle dita e sulla punta della lingua come parole – combinazioni inconsuete di odori consueti. (p. 207)
*{{Maiuscoletto|Gli [[ebrei]] hanno sei [[sensi]]}}<br/>Tatto, gusto, vista, odorato, udito... [[memoria]]. Mentre i gentili fanno esperienza del mondo mediante i sensi tradizionali e usano la memoria solo come strumento di second'ordine per interpretare i fatti, per gli ebrei la memoria non è meno primaria della puntura di uno spillo, o del suo argenteo luccichio, o del gusto del sangue che sprigiona dal dito. L'ebreo è punto da uno spillo e ricorda altri spilli. È solo riconducendo la puntura dello spillo ad altre punture – quando sua madre tentava di aggiustargli la manica con il suo braccio dentro; quando le dita di suo nonno si addormentarono accarezzando la fronte madida di suo bisnonno; quando Abramo saggiò il coltello per essere sicuro che Isacco non sentisse dolore – che l'ebreo appura perché faccia male.<br/>Quando un ebreo incontra uno spillo domanda: ''Che cosa mi ricorda?'' (pp. 237-238)
*L'[[arte]] è quella cosa che ha attinenza soltanto con se stessa – l'esito di un tentativo riuscito di fare un'opera d'arte. Purtroppo non ci sono esempi di arte, né buoni motivi di pensare che esisterà mai l'arte. (Tutto quello che si è fatto è stato fatto con uno scopo, ogni cosa ha un fine che esiste al di fuori di essa, ad es. ''Io voglio vendere questo'', oppure ''Voglio che questo mi renda famoso e benvoluto'', oppure ''Voglio che questo mi completi'', o peggio ancora ''Voglio che questo completi gli altri''.) Tuttavia continuiamo a scrivere, dipingere e comporre. Ci comportiamo con stoltezza? (pp. 241-242)
*Un [[artefatto]] è il prodotto di un tentativo riuscito di ricavare una bella cosa senza scopo, senza utilità, da un fatto al tempo passato. Non può mai essere arte, e non può mai essere un fatto. Gli [[ebrei]] sono gli artefatti del Paradiso Terrestre. (p. 242)
*[[Dio]] ama i plagiari. E così sta scritto: «Dio creò l'uomo a Sua immagine, a immagine di Dio lo creò». Dio è il plagiario originale. Con carenza di fonti ragionevoli da cui rubacchiare – l'uomo creato a immagine di che? Degli animali? – la creazione dell'uomo fu un plagio riflessivo; Dio depredò lo specchio. Quando operiamo un [[plagio]], creiamo a nostra volta ''a immagine'', e partecipiamo del compimento della Creazione. (p. 246)
*Gli [[ebrei]] sono le cose che Iddio ama. Poiché le rose sono bellissime, dobbiamo dedurre che Iddio le ami. Di conseguenza, le rose sono ebree. Allo stesso modo, le stelle e i pianeti sono ebrei, tutti i bambini sono ebrei, l'«arte» bella è ebrea (Shakespeare non era ebreo, ma Amleto sì), e il sesso, quando venga praticato fra moglie e marito in posizione buona e acconcia, è ebreo. E la Cappella Sistina è ebrea? Sarà d'uopo che lo crediate. (p. 247)
*La [[fine del mondo]] è giunta spesso, e continua a giungere spesso. Impietosa, implacabile, latrice di tenebra su tenebra, la fine del mondo è una cosa a cui siamo ben adusi, un fatto abituale, che abbiamo ritualizzato. È nostro dovere tentare di scordarcene in sua assenza, di riconciliarci con essa quando non è negabile, e di ricambiare il suo abbraccio quando infine viene a noi come fa sempre. (p. 250)
*Io non so cosa fare, Jonathan, e desidero che mi dica cosa tu pensi che sia la cosa giusta. So che non è necessario che ci sia una cosa sola giusta. Potrebbero esserci due cose giuste. Potrebbero non esistere cose giuste. (Alexander, p. 259)
*''Mi trovi meravigliosa?'' gli chiese lei un giorno mentre erano appoggiati al tronco di un acero pietrificato. <br /> ''No'', lui rispose. <br /> ''Perché?'' <br /> ''Perché ci sono tante ragazze meravigliose. Immagino che oggi centinaia di uomini abbiano chiamato meravigliose le loro innamorate, ed è solo mezzogiorno. Non puoi essere come centinaia di altre.'' (p. 273)
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*''Sono completamente [[solitudine|solo]].''<br /> ''Non sei solo'', disse Lista, appoggiandosi al petto la testa di lui. <br /> ''Sì, invece.'' <br /> Lista si accorse che lui stava piangendo, e lei no. ''Non sei solo'', gli disse. ''È che ti senti solo.'' <br /> ''Sentirsi soli è esserlo. Ecco cos'è.'' (p. 282)
*Con la lingua le titillò i capezzoli, e capì che era tutto così assolutamente sbagliato, tutto quanto, dal momento della sua nascita a ora, tutto stava evolvendo nella maniera sbagliata – non al contrario, ma peggio ancora: in prossimità. (p. 284)
*Tu non devi avere vergogna nella mia vicinanza. I [[parenti]] sono le persone con cui mai bisogna avere vergogna. (Alexander, p. 291)
*L'unica cosa più dolorosa dell'essere [[Oblio|obliatori]] attivi è essere [[Ricordo|rammentatori]] inerti. (p. 308)