Oriana Fallaci: differenze tra le versioni

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*{{NDR|parlando di [[Giulio Andreotti]]}} A chi fa paura un malatino, a chi fa paura una tartaruga? A chi fanno male? Solo più tardi, molto tardi, realizzai che la paura mi veniva proprio da queste cose: dalla forza che si nascondeva dietro queste cose. Il vero [[potere]] non ha bisogno di tracotanza, barba lunga, vocione che abbaia. Il vero potere ti strozza con nastri di seta, garbo, intelligenza.
*{{NDR|parlando di [[Giulio Andreotti]]}} L'intelligenza, perbacco se ne aveva. Al punto di potersi permettere il lusso di non esibirla. A ogni domanda sgusciava via come un pesce, si arrotolava in mille giravolte, spirali, quindi tornava per offrirti un discorso modesto e pieno di concretezza. Il suo humor era sottile, perfido come bucature di spillo. Lì per lì non le sentivi le bucature ma dopo zampillavano sangue e ti facevano male.
*{{NDR|parlando di [[Haile Selassie]]}} È ancora difficile, per un italiano, scrivere spassionatamente del defunto Ailé Selassié. Perché è arduo dimenticare che lo aggredimmo, lo insultammo, lo derubammo del suo paese con l'inutile guerra che Mussolini gli scatenò addosso quarantadue anni fa [...] Più che imbarazzo, senso di colpa. Anzi vergogna. E così a tale colpa, a tale vergogna, gli italiani che oggi si accostano al ricordo di Ailé Selassié reagiscono vedendone esclusivamente i lati migliori: i meriti del passato. I suoi ritratti grondano sempre ossequio eccessivo, ammirazione incondizionata, lusinghe. Raccontano sempre la sua compostezza ieratica, la sua dignità regale, la sua intelligenza acutissima, la sua generosità verso gli ex nemici. Non spiegano mai chi fosse in realtà il sovrano da noi reso vittima. Non osano dirci se era qualcosa di meno e qualcosa di più che una vittima. Ad esempio un vegliardo irrigidito in princìpi disfatti da secoli. Ad esempio il padrone assoluto di un paese che non ha mai udito le parole diritto, democrazia, e appena fuori città vive ai limiti della preistoria: oppresso dalla fame, dalle malattie, dall'ignoranza, dallo squallore di un regime feudale che non conoscemmo neppure nel Medioevo più buio.
*Nel 1935 avemmo anche noi il nostro Vietnam. Si chiamava [[Etiopia]].
*{{NDR|parlando di [[Haile Selassie]]}} Durò più di un ora il colloquio. Sua Maestà rispondeva a fatica, con interminabili pause, ansimando. Spesso, poi, non capiva ciò che gli chiedevo evitando allusioni dirette. Forse perché non sapeva il francese come affermava, forse perché la sua vecchia mente non seguiva i concetti. E mi toccava ripetere, sopportar la sua stizza che a tratti diventava offensiva: «Ètudiez! Ètudiez!». Cosa dovevo studiare? La buona creanza o l'ipocrisia o le mille cose che i re non sanno? All'ultima domanda, infine, si spaventò. Era una domanda sulla morte. E Sua Maestà non amava la parola morte. Aveva troppa paura di morire, lui che mandava gli altri a morire con tanta facilità.
*Il pane, in Etiopia, è un cibo da ricchi. Il piatto nazionale, in Etiopia, è l'ingera: una trippa di pasta grigia, molle. La si mangia inzuppata di berberé, un sugo micidiale, composto di peperoncini e cipolle tritate. Il berberé toglie lo stimolo della fame, l'ingera gonfia lo stomaco. La carne si mangia soltanto due o tre volte all'anno, cruda. La ragione di ciò è che l'Etiopia è il paese col reddito pro capite più basso del mondo.
*In Etiopia si ignorava perfino cosa fossero le elezioni, cosa fosse il voto. Se qualcuno avesse spiegato a un pastore del Gondar che aveva diritto d'esprimere la sua opinione e manifestarla con una cosa che si chiama voto, egli sarebbe ritenuto beffato e non ci avrebbe creduto. Naturalmente, non esistevano partiti politici. Neanche clandestini. La polizia segreta era organizzatissima, i telefoni erano controllati, e perfino gli stranieri avevano paura a esprimere un punto di vista che non coincidesse con quello dell'imperatore. Per un nulla si poteva essere accusati di lesa maestà, e finire in prigione o impiccati. Il fatto era che l'imperatore non credeva all'Etiopia inserita in un clima di libertà e di democrazia, e non stimava molto il suo popolo. Con le persone di cui si fidava ripeteva sempre, con sprezzo: «Vous savez, ces gens...». E citava l'esempio del Congo: «Ecco cosa succede a dare la libertà a certa gente».
*Agli inizi del suo regno Ailé Selassié introdusse in Etiopia la radio. Più tardi, i giornali e la televisione. Malgrado ciò, anche ad Addis Abeba non si sapeva nulla di ciò che accadeva nel resto del mondo. Sia la radio che i giornali e la televisione servivano solo come strumenti di propaganda reale.
*Vi erano due argomenti proibiti con Ailé Selassié: L'Eritrea e il ruolo che il principe ereditario Asfa Wossen ebbe nel colpo di Stato del 1960.
*{{NDR|parlando di [[Haile Selassie]]}} I suoi veri amici erano gli americani cui consentiva il controllo politico ed economico del paese e ai cui consiglieri militari aveva consegnato l'esercito, l'aviazione, i servizi segreti. I suoi veri nemici erano i sovietici che aizzavano Gibuti all'indipendenza e aiutavano il Sudan che a sua volta aiutava l'Eritrea. Però andò anche a Mosca e l'Etiopia era piena di bulgari, di rumeni, di polacchi, di jugoslavi, insomma di ambasciate comuniste. Ailé Selassié andava d'accordo coi paesi arabi però chiamò gli israeliani a istruire la polizia segreta, la polizia criminale e la Guardia Imperiale. Con loro aveva in comune tutto l'interesse a non perdere i porti di Asmara e di Assab. I suoi rapporti erano ottimi anche coi francesi, nel timore che rinunciassero a Gibuti. Restavano freddini solo con gli inglesi: non gli aveva mai perdonato il distacco con cui lo avevano accolto durante l'esilio. E, sebbene gli inglesi lo avessero rimesso sul trono, nessuno lo aveva mai udito pronunciare una parola nella loro lingua. Che conosceva benissimo.
*Ailé Selassié era molto superstizioso e disperatamente attaccato alla vita. Ogni anno si recava a Ginevra dove si sottoponeva a cure di ringiovanimento e sembra che spesso rinnovasse il suo sangue con sangue giovane e fresco. Lo affliggeva un principio di arteriosclerosi. Ma la sua morte era più temuta dagli altri che da lui stesso. Il suo talento politico, infatti, non era stato abbastanza vasto da preparare il giorno in cui egli non ci sarebbe stato più. La sua genialità non era stata abbastanza completa da piantare un solido seme quando il suo sarebbe seccato. Le sue vecchie mani non avevano mai mollato o delegato il potere. Il suo vecchio cuore non aveva mai superato il principio dell'après-moi-le-déluge. Forse la morte gli faceva tanta paura perché sapeva che Ailé Selassié rischiava d'essere l'ultimo imperatore d'Etiopia, Leone di Giuda, Eletto di Dio, Potenza della Trinità, Re dei Re.
*{{NDR|parlando di [[Mohammad Reza Pahlavi]]}} [...] malgrado tre ore di domande e risposte l'uomo restava un mistero. Era idiota, ad esempio, o intelligente? Probabilmente è come Bhutto, un personaggio dove i contrasti più paradossali si fondono per regalare alla tua ricerca un enigma. Crede ai sogni premonitori, ad esempio, alle visioni, a un infantile misticismo, e poi discute sul petrolio come un esperto. (Lo è). Governa come un re assolutista, ad esempio, e poi si rivolge al popolo col tono di chi crede al popolo e lo ama: dirigendo una Rivoluzione Bianca che a quanto pare qualche sforzino lo fa per combattere l'analfabetismo e il sistema feudale. Ritiene che le donne vadano giudicate alla stregua di accessori graziosi, incapaci di pensare come un uomo e poi, in una società dove le donne portano ancora il velo, ordina addirittura alle ragazze di fare il servizio militare. Ma insomma che è questo Mohammad Reza Pahlavi che da trentadue anni siede solidamente sul trono più scottante del mondo? Appartiene all'epoca dei tappeti volanti o a quella dei computer? È un residuo del profeta Maometto o un accessorio dei pozzi di Abadan? Io non l'ho capito.
*Ciò che ogni creatura degna d'esser nata dovrebbe cercare non esiste. È un sogno che si chiama Libertà, che si chiama Giustizia. E piangendo bestemmiando soffrendo noi possiamo solo rincorrerlo dicendo a noi stessi che quando una cosa non esiste la si inventa. Non abbiamo fatto lo stesso con Dio? Non è forse il destino degli uomini quello di inventare ciò che non esiste e battersi per un sogno?