Jonathan Safran Foer: differenze tra le versioni

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PROLOGO AL COMINCIAMENTO DI UN MOLTO RIGIDO VIAGGIO<br>
 
Il mio nome per la legge è Alexander Perchov. Ma tutti i miei amici mi chiamano Alex, perché è una versione del nome più flaccida da pronunciare. Mia madre mi chiama Alexi-basta-di-ammorbarmi perché sempre la ammorbo. Se volete sapere perché sempre la ammorbo, è perché sempre sono in altri posti con amici, e seminando tanta moneta e eseguendo così tante cose che possono ammorbare mia madre. Mio padre mi chiamava Shapka per il cappello di pelliccia che calzavo in testa anche nei mesi d'estate. Poi ha smesso di dirmi così perché gli ho ordinato di smettere di dire così. Mi sembrava un nome bambinoso, e io invece mi sono sempre pensato un uomo molto potente e inseminativo. Ho avuto una baldoria di ragazze, credetemi, e tutte per me hanno un nome differente(p. 7)
 
===Citazioni===
*A questo punto, quasi tutti i trecento e passa cittadini dello shtetl si radunarono per dibattere quella faccenda di cui non sapevano nulla. E meno un cittadino ne sapeva, più era granitico nelle sue argomentazioni. Niente di nuovo in questo. (p. 20)
 
*Quella sera l'usuraio infamato Yankel D portò a casa la bambina. ''Eccoci qui,'' le disse, ''saliamo il gradino. Siamo arrivati. Questa è la tua porta. Ed ecco, questo che sto girando è il pomolo della tua porta. Ed ecco, qui è dove mettiamo le scarpe quando entriamo. E qui è dove appendiamo le giacche.'' Parlava come se lei potesse capirlo, mai in toni striduli o a monosillabi infantili, e assolutamente mai con parole senza senso. ''Questo è il latte che ti do da mangiare. Arriva dal lattaio Mordechai, di cui un giorno farai la conoscenza. Lui tira il latte da una mucca, cosa che se ci pensi è molto strana e inquietante, quindi non ci pensare... Questa è la mia mano che ti accarezza la faccia. Certe persone sono mancine, e altre sono destrorse. Noi non sappiamo ancora cosa sei tu, perché te ne stai semplicemente lì seduta e lasci che sia io a usare la mano... Questo è un bacio. È quello che succede quando si arricciano le labbra e si premono contro qualcosa, a volte altre labbra, a volte una guancia, a volte ancora qualcos'altro. Dipende... Questo è il mio [[cuore]]. Lo stai toccando con la mano sinistra non perché sei mancina, anche se potresti esserlo, ma perché sono io che la tengo contro il mio cuore. Quello che senti è il battito del mio cuore. È quello che mi tiene vivo.'' <br /> Fece un lettino con giornali accartocciati in una pentola fonda per cuocere il pane e lo infilò delicatamente nel forno in modo che la bambina non fosse disturbata dal rumore delle cascatelle. Lasciò aperto lo sportello del forno e restò seduto a guardarla per ore come si potrebbe guardare una pagnotta che lievita. (p. 55)
*''Non sono [[tristezza|triste]], io,'' si ripeteva tante volte. ''Non sono triste,'' come se un giorno potesse riuscire a convincersi. O a gabbare se stesso. O a convincere gli altri – peggio di essere triste è solo quando gli altri sanno che sei triste. (p. 60)
*''Sei triste, Yankel?'' gli chiese una mattina a colazione. <br /> ''Certo,'' rispose lui imboccandola a fette di melone, con un tremulo cucchiaio. <br /> ''Perché?'' <br /> ''Perché parli, invece di mangiare. <br /> E prima ancora, eri triste? <br /> Certo. <br /> Perché? <br /> Perché allora stavi mangiando invece di parlare, e quando non sento la tua voce mi intristisco. <br /> Quando guardi la gente ballare, questo ti intristisce? <br /> Certo. <br /> [...] Tu pensi che Bitzl Bitzl sia un uomo particolarmente triste? <br /> Non so. <br /> E Shanda la dolente? <br /> Oh, sì... lei è particolarmente triste. <br /> È evidente, no? E Shloim, è triste? <br /> Chi lo sa? <br /> E le gemelle? <br /> Forse. Non è affar nostro. <br /> [[Dio]] è triste?'' <br /> ''Per essere triste [[Problema dell'esistenza di Dio|dovrebbe esistere]], no?'' <br /> [''Lo so'', disse lei, dandogli un leggero buffetto sulla spalla...] ''È per quello che lo chiedevo, per sapere finalmente se ci credi!'' <br /> ''Allora ti dirò solo questo: se Dio esiste, ha molte ragioni per essere triste. E se non esiste, secondo me anche questo Lo rattrista non poco. Insomma, per rispondere alla tua domanda, Dio deve essere triste.'' (p. 97)
*''A Lutsk ti ho comperato dei [[libro|libri]],'' le disse Yankel [...]chiudendo la porta a prima sera, chiudendo fuori il resto del mondo.<br /> ''Non possiamo permetterceli,'', ribatté lei [.afferrando la borsa pesante. ''Domani dovrò restituirli''.] <br /> ''Non possiamo permetterci neanche di non averli. Qual è la cosa che possiamo permetterci di meno: averli o non averli? A mio parere, perdiamo in ogni caso. Meglio perdere con i libri.'' (p. 100)
*Brod scoprì seicentotredici tristezze, ciascuna assolutamente unica, ciascuna una singola emozione, non più simile a qualunque altra tristezza di quanto fosse simile all'ira, all'estasi, ai sensi di colpa e alla frustrazione. Tristezza dello Specchio. Tristezza degli Uccelli Addomesticati. Tristezza di Esser Triste di fronte a un Genitore. Tristezza dell'Umorismo. Tristezza dell'Amore senza Scioglimento. (p. 97)
*Si scambiavano a vicenda la grande bugia salvatrice – che il nostro amore per le cose sia più grande del nostro amore per il nostro amore per le cose – recitando di buon grado le parti che scrivevano per sé, creando di buon grado le finzioni necessarie alla vita, e credendoci. (p. 102)
*''A Lutsk ti ho comperato dei [[libro|libri]],'' le disse Yankel [...] <br /> ''Non possiamo permetterceli,'' ribatté lei [...] <br /> ''Non possiamo permetterci neanche di non averli. Qual è la cosa che possiamo permetterci di meno: averli o non averli? A mio parere, perdiamo in ogni caso. Meglio perdere con i libri.'' (p. 100)
*Dallo spazio gli astronauti vedono quelli che fanno l'amore come puntolini di luce. (p. 117)
*''Questo è amore'', -pensava lei-, ''sì o no? Quando noti l'assenza di qualcuno, e detesti quell'assenza più di ogni altra cosa. Ancora più di quanto ami la sua presenza.'' (p. 148)
*''Non ha sofferto'', le dissero. ''Anzi, non ha provato niente''. Questo la fece piangere ancor di più, e più forte. La morte è la sola cosa nella vita di cui sia necessario essere coscienti mentre accade. (p. 152)
*Tutto è quello che è perché tutto è stato quello che è stato. (Alexander, p. 174)
*Io non so cosa fare, Jonathan, e desidero che mi dica cosa tu pensi che sia la cosa giusta. So che non è necessario che ci sia una cosa sola giusta. Potrebbero esserci due cose giuste. Potrebbero non esistere cose giuste. (p. 259)
*Tutti eseguiscono cattive azioni. Anch'io. Anche il Babbo. E anche tu le eseguisci. Una persona cattiva è un uomo che non compiange le sue cattive azioni. (Alexander, p. 175)
*''Mi trovi meravigliosa?'' gli chiese lei un giorno [...] <br /> ''No,'' lui rispose. <br /> ''Perché? <br /> Perché ci sono tante ragazze meravigliose. Immagino che oggi centinaia di uomini abbiano chiamato meravigliose le loro innamorate, ed è solo mezzogiorno. Non puoi essere come centinaia di altre.'' (p. 273)
*Prima credevo che l'umorismo fosse l'unico modo di misurare quanto è meraviglioso e terribile il mondo, per festeggiare la grandezza della vita. Capisci cosa voglio dire? [...] Ma adesso credo tutto il contrario. L'umorismo è una maniera di ritrarsi da questo mondo meraviglioso e terribile. (Jonathan, p. 190)
*''Più [[amore|ami]] qualcuno,'' pensava, ''e più dirglielo è difficile.'' Lo stupiva che persone sconosciute non si fermassero a vicenda in strada per dire ''Ti amo''. (p. 279)
*Sapeva che ''ti amo'' vuol dire anche: ''ti amo più di chiunque altro ti ami o ti abbia mai amata, o ti amerà'', e anche: ''io ti amo in un modo in cui nessuno ti ama, o ti ha mai amato, o ti amerà mai'', e anche: ''ti amo in un modo in cui non amo nessun'altra e non ho mai amato nessun'altra e non amerò mai nessun'altra.'' (p. 205)
*E questo è vivere vicino a una cascata, Safran. Ogni [[vedova]] si sveglia ogni mattina, forse dopo anni di un lutto puro e inossidabile, per rendersi conto di aver trascorso una bella nottata di sonno, e di poter far colazione, e di non sentire il fanstasma del marito ininterrottamente, ma solo a tratti. Al suo dolore subentra un'utile tristezza. Ogni genitore che ha perso un figlio troverà il modo di tornare a ridere. Il timbro si sbiadisce. La lama si smussa. Il dolore si affievolisce. Ogni amore è scolpito nella perdita.
*EraMio nonno era innamorato del profumo delle [[donna|donne]]. Ne portava gli aromi come anelli attorno alle dita e sulla punta della lingua come parole – combinazioni inconsuete di odori consueti. (p. 207)
*Il [[ricordo]] avrebbe dovuto riempire il tempo, ma rendeva il tempo un buco da riempire.
*{{Maiuscoletto|Gli [[ebrei]] hanno sei [[sensi]]}}<br/>Tatto, gusto, vista, odorato, udito... [[memoria]]. Mentre i gentili fanno esperienza del mondo mediante i sensi tradizionali e usano la memoria solo come strumento di second'ordine per interpretare i fatti, per gli ebrei la memoria non è meno primaria della puntura di uno spillo, o del suo argenteo luccichio, o del gusto del sangue che sprigiona dal dito. L'ebreo è punto da uno spillo e ricorda altri spilli. È solo riconducendo la puntura dello spillo ad altre punture – quando sua madre tentava di aggiustargli la manica con il suo braccio dentro; quando le dita di suo nonno si addormentarono accarezzando la fronte madida di suo bisnonno; quando Abramo saggiò il coltello per essere sicuro che Isacco non sentisse dolore – che l'ebreo appura perché faccia male.<br/>Quando un ebreo incontra uno spillo domanda: ''Che cosa mi ricorda?'' (pp. 237-238)
*Si addormentava con il cuore ai piedi del letto, come un animale domestico che non faceva parte di lui.
*L'arte è quella cosa che ha attinenza soltanto con se stessa – l'esito di un tentativo riuscito di fare un'opera d'arte. Purtroppo non ci sono esempi di arte, né buoni motivi di pensare che esisterà mai l'arte. (Tutto quello che si è fatto è stato fatto con uno scopo, ogni cosa ha un fine che esiste al di fuori di essa, ad es. ''Io voglio vendere questo'', oppure ''Voglio che questo mi renda famoso e benvoluto'', oppure ''Voglio che questo mi completi'', o peggio ancora ''Voglio che questo completi gli altri''.) Tuttavia continuiamo a scrivere, dipingere e comporre. Ci comportiamo con stoltezza? (pp. 241-242)
*Solo, nella illimitatezza del suo dolore; solo, nella sua colpa senza scopo; solo, perfino nella sua solitudine.
*Un artefatto è il prodotto di un tentativo riuscito di ricavare una bella cosa senza scopo, senza utilità, da un fatto al tempo passato. Non può mai essere arte, e non può mai essere un fatto. Gli ebrei sono gli artefatti del Paradiso Terrestre. (p. 242)
*E a metà pomeriggio era di nuovo sopraffatto dal desiderio di essere altrove, di essere un altro, di essere un altro altro altrove.
*Dio ama i plagiari. E così sta scritto: «Dio creò l'uomo a Sua immagine, a immagine di Dio lo creò». Dio è il plagiario originale. Con carenza di fonti ragionevoli da cui rubacchiare – l'uomo creato a immagine di che? Degli animali? – la creazione dell'uomo fu un plagio riflessivo; Dio depredò lo specchio. Quando operiamo un plagio, creiamo a nostra volta ''a immagine'', e partecipiamo del compimento della Creazione. (p. 246)
*Da dove si trova, la pagina – il suo futuro sottile come carta – è infinitamente pesante.
*Gli ebrei sono le cose che Iddio ama. Poiché le rose sono bellissime, dobbiamo dedurre che Iddio le ami. Di conseguenza, le rose sono ebree. Allo stesso modo, le stelle e i pianeti sono ebrei, tutti i bambini sono ebrei, l'«arte» bella è ebrea (Shakespeare non era ebreo, ma Amleto sì), e il sesso, quando venga praticato fra moglie e marito in posizione buona e acconcia, è ebreo. E la Cappella Sistina è ebrea? Sarà d'uopo che lo crediate. (p. 247)
*L'unica cosa peggiore di essere obliatori attivi è essere rammentatori interti.
*La fine del mondo è giunta spesso, e continua a giungere spesso. Impietosa, implacabile, latrice di tenebra su tenebra, la fine del mondo è una cosa a cui siamo ben adusi, un fatto abituale, che abbiamo ritualizzato. È nostro dovere tentare di scordarcene in sua assenza, di riconciliarci con essa quando non è negabile, e di ricambiare il suo abbraccio quando infine viene a noi come fa sempre. (p. 250)
*La [[vita]] continuò perché la vita continua, e il [[tempo]] passò, perché il tempo passa.
*Io non so cosa fare, Jonathan, e desidero che mi dica cosa tu pensi che sia la cosa giusta. So che non è necessario che ci sia una cosa sola giusta. Potrebbero esserci due cose giuste. Potrebbero non esistere cose giuste. (Alexander, p. 259)
*Lui capì di non essere morto, ma innamorato.
*''Mi trovi meravigliosa?'' gli chiese lei un giorno [..mentre erano appoggiati al tronco di un acero pietrificato.] <br /> ''No,'', lui rispose. <br /> ''Perché?'' <br /> ''Perché ci sono tante ragazze meravigliose. Immagino che oggi centinaia di uomini abbiano chiamato meravigliose le loro innamorate, ed è solo mezzogiorno. Non puoi essere come centinaia di altre.'' (p. 273)
*''Sono completamente [[solitudine|solo]].''<br /> ''Non sei solo'' disse Lista, appoggiandosi al petto la testa di lui. <br /> ''Si invece.'' <br /> Lista si accorse che lui stava piangendo, e lei no. ''Non sei solo,'' gli disse. ''È che ti senti solo.''
*''Più [[amore|ami]] qualcuno,'', pensava, ''e più dirglielo è difficile.'' Lo stupiva che persone sconosciute non si fermassero a vicenda in strada per dire ''Ti amo''. (p. 279)
*Gli confessò che avrebbe voluto che ci fosse un altro [[Dieci comandamenti|comandamento]], uno in più inciso nelle tavole della Legge: ''Non cambierai.''
*''Sono completamente [[solitudine|solo]].''<br /> ''Non sei solo'', disse Lista, appoggiandosi al petto la testa di lui. <br /> ''SiSì, invece.'' <br /> Lista si accorse che lui stava piangendo, e lei no. ''Non sei solo,'', gli disse. ''È che ti senti solo.'' <br /> ''Sentirsi soli è esserlo. Ecco cos'è.'' (p. 282)
*Tutto è per proteggerti. Esisto nel caso che tu abbia bisogno di protezione.
*Con la lingua le titillò i capezzoli, e capì che era tutto così assolutamente sbagliato, tutto quanto, dal momento della sua nascita a ora, tutto stava evolvendo nella maniera sbagliata – non al contrario, ma peggio ancora: in prossimità. (p. 284)
*Gli [[ebrei]] hanno sei [[sensi]]. Tatto, gusto, vista, odorato, udito... memoria.
*Tu non devi avere vergogna nella mia vicinanza. I parenti sono le persone con cui mai bisogna avere vergogna. (Alexander, p. 291)
*Era innamorato del profumo delle [[donna|donne]]. Ne portava gli aromi come anelli attorno alle dita e sulla punta della lingua come parole.
*L'unica cosa peggiorepiù didolorosa dell'essere obliatori attivi è essere rammentatori intertiinerti. (p. 308)
*La sua vita era una lotta pressante e disperata per giustificare la sua vita.
*E mi domando se non puoi fingere per un po', se non possiamo fingere di amarci.
*Raccoglieva le sue lacrime in ditali per dargliele da bere l'indomani mattina (''l'unico modo per vincere la tristezza è consumarla,'' diceva.)
*Si scambiavano a vicenda la grande bugia salvatrice – che il nostro amore per le cose sia più grande del nostro amore per il nostro amore per le cose – recitando di buon grado le parti che scrivevano per sé, creando di buon grado le finzioni necessarie alla vita, e credendoci.
*La vita di Brod fu una lenta assimilazione del fatto che la vita non era fatta per lei.
*Aveva la sensazione di tracimare, di produrre e accumulare sempre più amore dentro di sé. Ma senza mai scioglimento.
*Era un genio della tristezza, e in essa si tuffava disgiungendone i molti fili, apprezzadone le sfumature più sottili. Era un prisma attraverso cui la tristezza poteva suddividersi nel suo infinito spettro.
 
===[[Explicit]]===
{{NDR|Jonathan Safran Foer, ''Ogni cosa è illuminata'', Guanda, 2004.}}
In casa tutti sono a letto tranne che me. Sto scrivendo questo alla luminosità della televisione, e mi dispiace tanto se adesso è difficile da leggere, Sasha, ma la mia mano trema così tanto, e non è per debolezza che andrò nel bagno quando sono sicuro che stai dormendo, e non è perché non riesco a sopportarlo. Lo capisci? Sono al completo della felicità, ed è questo che devo fare e che farò. Tu mi capisci? Camminerò senza fare rumore, e aprirò la porta nel buio e{{Sic|<!--si conclude senza punto-->}} (p. 327)
 
==''Molto forte, incredibilmente vicino''==
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==Bibliografia==
*Jonathan Safran Foer, ''Ogni cosa è illuminata'' (''Everything Is Illuminated'', 2002), traduzione di Massimo Bocchiola, Guanda, Parma, 2004. ISBN 9788882466664978-88-8246-666-4
*Jonathan Safran Foer, ''Molto forte, incredibilmente vicino'' (''Extremely Loud and Incredibly Close'', 2005), traduzione di Massimo Bocchiola, Guanda, 2007. ISBN 9788882469412
*Jonathan Safran Foer, ''Se niente importa. Perché mangiamo gli animali?'' (''Eating Animals'', 2009), traduzione di Irene Abigail Piccinini, Guanda, Parma, 2010. ISBN 978-88-6088-113-7 ([http://books.google.it/books?id=KmDvCjLIP9AC&printsec=frontcover&redir_esc=y#v=onepage&q&f=false Anteprima su Google Libri])