Emilio Cecchi: differenze tra le versioni

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==Citazioni di Emilio Cecchi==
*[[Dino Buzzati|Buzzati]] è fra i più sperimentati e garbati dosatori d'allarmi e spaventi, che esercitano tale mestiere con l'aiuto della penna. È un addomesticatore di apocalissi.<ref>Citato Enzo Catagna e Francesco Desiderio, ''Espressioni letterarie del Novecento, {{small|Pagine critiche e testi esemplari di scrittori e poeti contemporanei, Antologia italiana per le Scuole Medie Superiori}}'', Signorelli, Milano, 1981, pp. 942-943.</ref>
*Che Dio ci guardi dagli [[scrittore|autori]] candidi, col cuore in mano, che giurano di non aver maniera!<ref>Da ''L'osteria del cattivo tempo'', Corbaccio.</ref>
*{{NDR|[[Paul Valéry]]}} Il maggior lirico francese dopo [[Charles Baudelaire|Baudelaire]].<ref>Citato in [[Mario Picchi]], ''Paul Valéry, il piccolo Faust'', ''La Fiera Letteraria'', novembre 1971.</ref>
*Io sono sempre stato per i carabinieri a cavallo.<ref>Citato in Armanda Guiducci, ''Il mito Pavese'', Vallecchi, Firenze, 1967, p. 136.</ref>
*L'[[arte]] non adopera materialmente le cose dell'esperienza; ma dà forma comunicativa all'emozione ch'esse suscitano in noi.<ref>Da ''Parolacce'' in ''Di giorno in giorno'', Garzanti.</ref>
*L'[[errore]] di una forte personalità artistica, è quasi sempre più istruttivo dei successi di un talento irrilevante.<ref>Da ''Scrittori inglesi e americani'', Mondadori.</ref>
*Nella igiene e nella salute del [[mondo]] ha gran parte, forse la parte suprema, il trascurare, il [[Distruzione|distruggere]], semplificare e dimenticare. Le antiche [[civiltà]] erano vigorose e vitali perché generosamente distruggitrici e si affidavano spavaldamente all'[[oblio]]. (da ''America Amara''<ref name="beic">Citato da [[Paolo Monti]] nel catalogo della mostra ''Quarta Mostra Biennale Internazionale della Fotografia'', Edizioni Biennale Fotografica, Venezia, 1963; citato in ''[http://www.beic.it/mostre/monti/conversazioni.html Conversazioni]'', ''Archivio Paolo Monti'', ''Beic.it''.</ref>)
*Non siamo mai in un [[atto]], ma sempre alla periferia, al punto di tangenza di due o più atti.<ref>Dai ''Taccuini'', a cura di N. Gallo e [[Pietro Citati]], Mondadori.</ref>
*Non so di che specie egli {{NDR|[[Dino Campana]]}} fosse: se superiore o inferiore alla comune nostra; certo è ch'era di altra specie. [...] Da lui e dal coetaneo [[Giuseppe Ungaretti|Ungaretti]], s'inaugura un tono intimo e grave nella nostra ultima poesia.<ref>Da ''L'Approdo'', gennaio-febbraio 1952; citato in ''Antologia critica'' a [[Dino Campana]], ''Canti orfici e altri scritti'', Oscar Mondadori, 1972.</ref>
*[[Giuseppe Prezzolini|Prezzolini]] si vantò sempre d'essere uno che in realtà, tutta la vita, non fece che negarsi ogni capacità e ambizione artistica, e sempre considerò le proprie, abbondantissime, virtù di scrittore come puramente strumentali, a determinati effetti divulgativi e didattici. Diciamolo chiaro, noi che fummo sempre suoi amici. In questo mezzo secolo, nel nostro ambiente culturale, è probabile non s'incontri nessun altro così volenteroso, d'altrettanto disinteresse, pronto a fare pieno di abnegazione, ma al medesimo tempo, difficile e scorbutico come lui. Alla sua scontrosa bizzarria gli antichi avrebbero applicato qualcuno di quei loro bizzarri modi di dire: che non gli si trova mai il basto che gli entri; che è come il carbone che tinge o che scotta. Spinoso come un riccio, come un ananasso, che da qualsiasi parte lo tocchi ti punge. Spregiudicato e pedante, impazientissimo eppure tenace, simpatico e al medesimo tempo scostante, bastian contrario per la pelle.<ref>Citato in Guglielmo Lo Curzo, ''Prezzolini grande maestro'', ''L'osservatore politico letterario'', a. 29, n° 4, maggio 1983, pp. 33-46; disponibile anche su ''[http://circe.lett.unitn.it/le_riviste/riviste/bibliografia_spe/biblio/locurzo.pdf Circe.lett.unitn.it]''.</ref>