Anna Maria Ortese: differenze tra le versioni

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*L'uomo vive avulso dalla Natura, in questa grande casa passa come un servo o un padrone, quasi mai come un figlio o un fratello. E, invece, tutto ciò che tocchiamo è meravigliosamente vivo e permeato della sensibilità e dolcezza dello Spirito che ha generato l'Uomo: un cavallo, un uccello, una farfalla, e persino la vipera e l'orrido rospo, non sono, in diversa maniera, meno rispettabili dell'uomo. Essi palpitano. Chi è che palpita in essi, se non lo stesso Dio che ci rende coscienti? Alcuni non vogliono chiamarlo Dio. Lo chiamino come vogliono: è evidente che tutto ciò che vive è espresso da quest'Uno, che nei momenti più alti della vita si chiama Intelligenza, ma più spesso non è che sensibilità, e non bisogna offenderlo e tormentarlo, ma dedicargli rispetto e tenerezza infinita. (pp. 83-84)
*Quando ci capita di avvicinare una carovana del [[Circo]], questa specie di città, di paese sempre straniero in qualsiasi paese, la paura e lo stupore dell'infanzia rinascono dentro di noi. [...] È la paura e lo stupore, e insieme un leggero senso di pena, che abbiamo riprovato lunedì scorso nella piazza di Porta Volta, davanti la cupola verde del [[Circo Togni|Circo Massimo Togni]]. Quelle bandiere sventolanti nel cielo uniforme di Milano, quei volti impastati di bianco e di rosso dei clown, quei lontani barriti di elefanti, rendevano più vivo il contrasto col traffico delle macchine e il passaggio della folla lungo le strade, confondendoci le idee sulla validità dei due mondi così brutalmente posti l'uno di fronte all'altro. [...] Solo riaffiorerà più acuta la pena per le bestie ammaestrate: i cavalli, fatti per il libero vento, che vanno a passo di danza anziché a sfrenato galoppo di prateria; gli elefanti, nati per vivere nella pace delle grandi foreste, ridotti a seguire il cenno della bacchetta e il colpo di pungolo; i leoni, imprigionati tra quattro sbarre di ferro, seduti sugli sgabelli come inquieti scolari. (pp. 97-98)
*Il [[domatore]] entra nella gabbia preceduto da schiocchi secchi di frusta: i leoni s'impennano come sotto un colpo improvviso di vento. Fiutano il nemico, l'uomo che li ha portati e li tiene lontano da quella terra di ricordo. [...] Ma il domatore è diventato il loro re; vuole che i leoni si mettano in fila, si seggano sugli sgabelli, saltino l'uno sull'altro: li vuole umiliare. [...] Il domatore ha vinto anche stasera. Il fascino, la paura, l'ammirazione, ci fanno battere le mani: lo sguardo malinconico dei leoni ci fa soffrire. (pp. 99-100)
*Si può giudicare della civiltà di un paese, come di una persona, dal fatto che nei suoi comportamenti abituali l'ammirazione il riguardo e la compassione per la vita abbiano o no il primo posto. (p. 101)
 
==Citazioni su Anna Maria Ortese==