Alan Dean Foster: differenze tra le versioni

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*«Ho parlato con David», disse Walter rispondendo al loro sguardo. «Abbiamo discusso di vari argomenti.» Intuita la curiosità di Daniels, sollevò lo strumento, piccolo, ma raffinato. «Di musica tra l'altro. C'è un intensità in lui che non riesco a comprendere. A volte si comporta in modo perfettamente normale per un androide, ma un attimo dopo parte per la tangente. Forse si aspetta che sia io a elaborare gli indizi, ma ancora non sono riuscito a individuare un disegno preciso. Il suo atteggiamento è rimasto amichevole, ma credo che la mia perplessità l'abbia deluso. Sembra confuso, anche se non è questa la parola giusta. C'è qualcos'altro.»</br>«Ostile?» chiese Oram di punto bianco.</br>«Inquietante.» Il colloquio con il suo simile l'aveva lasciato sconcertato, e Walter non cercò di nasconderlo. «È rimasto solo e senza manutenzione per dieci anni. Siamo entrambi modelli autosufficienti, ma ci sono aspetti della nostra esistenza che traggono beneficio da una regolare messa a punto: le nostre abilità si logorano quanto i pezzi di ricambio. La trascuratezza può condurre a... aberrazioni. Incertezze.»</br>Il suo sguardo passò da Oram a Daniels.</br>«Nessuno può prevedere le conseguenze di un'assoluta mancanza di contatti con altre intelligenze, siano esse artificiali o umane», proseguì. «Gli androidi non esistono da abbastanza tempo: su di loro non è stato ancora condotto un esperimento per valutare gli effetti di un isolamento così prolungato. Non so che cosa accade quando un robot impazzisce, sempre ammesso che sia questo il caso. Forse lo scopriremo.» (pp. 223-224)
*«Tipico della vostra specie disprezzare tutto ciò che è diverso. Anche quando la differenza rappresenta un progresso. Non ti sembra ironico che voi umani, che voi considerate il vertice della creazione, passiate tanto tempo a combattervi l'un l'altro, sia come individui sia come società? Persino quando le circostanze vi impongono di collaborare, provate rancore invece che esultanza. Qualcuno tra voi è consapevole di queste contraddizioni, eppure nessuno alza un dito per risolverle.»</br>Ora il portale era spalancato.</br>«Ma lasciamo da parte il pensiero filosofico, che con ogni evidenza reputate esclusivo appannaggio della vostra specie. Almeno come scienziato, dovrai ammettere che quanto sto per mostrarti è una scoperta di notevole interesse. Persino rivoluzionaria. Non devi fare altro che tenere la mente aperta.» (p. 237)
*Passando da una lente all'altra, il capitano vide dispiegato nel materiale semitrasparente l'intero ciclo di vita del virus.</br>Aggregati di spore che inserivano un ovopositore in organismi piccoli come insetti e li riempivano di uova, che crescevano e si ingrandivano fino alla schiusa, lacerando il corpo dell'ospite per riprendere il ciclo.</br>Poi David lo condusse verso un altro angolo della stanza.</br>«Una volta invaso l'ospite e modificato il proprio DNA, il patogeno dà vita a un erede più maturo, il cui aspetto e le cui caratteristiche dipendono dalla natura dell'ospite. La progenie di un insetto parassitato, per esempio, sarà molto diversa da quella generata da un ospite quadrupede. Lo scopo ultimo, per quanto mi è dato di capire, è di produrre qualcosa di simile agli ibridi invidiabili contenuti nel mio favoloso besitiario...»</br>Oram si trovò a passare in rassegna una serie di bipedi alti e minacciosi.</br>Gli esoscheletri resistenti luccicavano come acciaio nero. A dispetto di qualche variante individuale, tutti avevano in comune lo stesso aspetto aggressivo: lunghe code che terminavano in un aculeo simile a quello degli scorpioni, crani allungati e privi d'occhi visibili, fauci irte di zanne lisce e acuminate.</br>Sul fondo della stanza erano esposti gli esemplari meno riusciti. Sagome più piccole, di un biancore spettrale e dal corpo deforme. Dalla perfezione all'aberrazione, rifletté Oram. Come le apparizioni di un incubo. Alcuni erano intatti, mentre altri erano stati oggetto di una dissezione parziale o completa, come il cadavere scorticato dell'Ingegnere. Mostrando i suoi tesori al capitano, David li sfiorava con delicatezza, quasi con affetto.</br>«Naufragato su questo pianeta», proseguì, «ho avuto tutto il tempo di osservare e apprendere. Non avendo altro con cui tenermi occupato, ho dato libero sfogo alla mia curiosità innata, passando dal semplice collezionismo a qualche piccolo esperimento. Innesti, ibridazioni, incroci di ogni tipo. Mi piace pensare che, da ingegneri genetici, gli sventurati abitanti di questo pianeta avrebbero approvato i miei sforzi.»</br>Quelle parole rammentarono a Oram di stringere la presa sul mitra. «Questi sono... opera tua?»</br>David sorrise di nuovo. «Una mente oziosa è il laboratorio del Diavolo.» (pp. 242-243)
 
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