Alan Dean Foster: differenze tra le versioni

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===Citazioni===
*Fra tutti loro, Ripley era quella che più si avvicinava a possedere quel potenziale particolare. Aveva un certo talento naturale per i sogni e un’immaginazione più agile dei suoi compagni. Ma le mancava una vera ispirazione e la possente maturità di pensiero caratteristiche dei sognatori professionisti.</br>Era molto abile nell’organizzare stivaggi e trasporti, nell’inserire la cassa A nel deposito B o nel collegare fra loro note di carico. Era nel magazzino della sua mente che il suo sistema di catalogazione non funzionava. Speranze e paure, congetture e semicreazioni sgusciavano disordinatamente da un compartimento all’altro.</br>La commissaria di bordo Ripley aveva bisogno di un maggiore autocontrollo.</br>I pensieri crudi e barocchi erano lì che aspettavano di essere spillati, subito sotto la superficie della coscienza. Un po’ più di sforzo, una maggiore intensità di autoidentificazione, e sarebbe divenuta una discreta sognatrice professionista. Per lo meno era quello che pensava ogni tanto. (p. 4)
* Ash era l’addetto scientifico, ma non era quello che rendeva così strani i suoi sogni. Strani nel senso di bizzarri, non divertenti. Fra i sogni di tutti i membri dell’equipaggio, i suoi erano quelli organizzati nel modo più professionale. Fra tutti, erano quelli che più si avvicinavano al suo io da sveglio. I sogni di Ash non contemplavano assolutamente alcuna delusione.</br>Non era sorprendente, se si conosceva davvero Ash. Però non era il caso di nessuno dei suoi sei compagni di bordo. Ash si conosceva bene. Se gli fosse stato domandato, avrebbe saputo rispondere perché non sarebbe mai potuto diventare un sognatore professionista. Nessuno aveva mai pensato di chiederglielo, nonostante fosse chiaro che l’addetto scientifico fosse quello che trovava più affascinante il sognare dei professionisti. (pp. 5-6)
*Era un’astronave. Era relativamente intatta, e più aliena di quanto chiunque di loro avesse pensato possibile. Dallas non l’avrebbe definita minacciosa, ma era più inquietante di quanto avrebbe dovuto essere un prodotto della tecnologia. Le linee dell’imponente relitto erano pulite, ma innaturali, e conferivano all’intera forma una sconvolgente anormalità.</br>Si ergeva su di loro e sulle rocce sulle quali posava. Da quanto riuscivano a vedere, arrivarono alla conclusione che era atterrata come la ''Nostromo'', a pancia in giù. Aveva essenzialmente la forma di un’enorme U metallica, con le due punte della U inclinate leggermente verso l’interno. Una era un po’ più corta dell’altra e più inclinata. Non avevano modo di sapere se fosse la conseguenza di un danno subìto o di una gradevole concezione aliena di simmetria.</br>Nell’avvicinarsi videro che la nave si allargava leggermente alla base della U, con una serie di dischi concentrici, come spessi piatti che si alzassero fino a una specie di
cupola finale. Dallas ipotizzò che le due punte contenessero il sistema di propulsione e la sala macchine, mentre la parte più larga costituisse la parte abitata, forse le stive, ed il ponte. Per quello che ne sapevano, poteva essere esattamente l’opposto.</br>Il vascello posava supino, senza dar segni di vita o di attività. Così da vicino il segnale, che avevano ritrovato, era assordante, tanto che tutti e tre si affrettarono ad abbassare il volume nei caschi.</br>Di qualunque metallo fosse composto lo scafo, alla luce sempre più forte riluceva in modo da non ricordare alcuna lega mai elaborata da mano d’uomo. Dallas non era nemmeno sicuro che si trattasse di metallo. Un primo esame non rivelò niente che assomigliasse ad una saldatura, ad una giuntura, o a qualsiasi altro metodo riconoscibile per unire piastre o sezioni separate. La nave aliena dava l’impressione di essere cresciuta, piuttosto che di essere stata costruita. (pp. 40-41)
*La cosa aveva essenzialmente la forma di una mano con molte dita, lunghe e ossute, ripiegate nel palmo. Assomigliava molto alla mano di uno scheletro, a parte le dita in più. Dal centro del palmo si estendeva qualcosa, un corto tubo di qualche genere. Sotto la base della mano era avvolta una coda muscolosa. Sul dorso riusciva appena a vedere una forma vaga e convessa che sembrava un occhio vetrificato.</br>Quell’occhio... se era un occhio e non semplicemente un’escrescenza rilucente... meritava uno sguardo più accurato. Nonostante la ripugnanza che gli stringeva lo stomaco, Kane si avvicinò ancora di più e alzò il fascio di luce per vedere meglio.</br>L’occhio si mosse e lo guardò.</br>L’ovoide esplose.</br>Spinto all’esterno dall’improvviso rilasciamento dell’energia contenuta nella coda avvolta, la mano si aprì e balzò verso di lui. Kane sollevò un braccio per proteggersi, troppo tardi. La cosa si fissò alla sua visiera. Poté vedere orribilmente da vicino il tubo che oscillava al centro del palmo che colpiva la superficie del vetro, a pochi centimetri dal suo naso. Qualcosa cominciò a sfrigolare e il materiale della visiera cominciò a liquefarsi.</br>Fu preso dal panico, cercò di strapparsi di dosso la creatura. Aveva forato la lastra. Atmosfera aliena, fredda e aspra, mescolata ad aria irrespirabile. Si sentì debole, continuò a tirare debolmente la mano. Qualcosa stava spingendo con forza contro le sue labbra. Ormai al di là di qualsiasi orrore, barcollò nella stanza, cercando di staccare quell’abominio. Le lunghe dita sensibili erano penetrate attraverso la visiera. Erano arrivate al cranio e gli avevano circondato la testa, mentre la spessa coda era andata ad avvolgersi come un serpente intorno al collo.</br>Riuscendo a malapena a respirare, con l’orrendo tubo che sembrava un grasso verme che gli scivolava lungo la gola, inciampò sui propri piedi e cadde all’indietro. (p. 54)
* — Alcune varietà molto raffinate di acido molecolare sono enormemente potenti, ma generalmente agiscono solo su materiali specifici. Hanno applicazioni limitate. Questa roba, invece, sembra un corrosivo universale. L’abbiamo già vista dimostrare la sua capacità su sostanze molto differenti l’una dall’altra con uguale facilità. La sua capacità... o la sua indifferenza, se preferite. La lega dello scafo, i guanti chirurgici, il lettino: li ha forati tutti con la stessa disinvoltura.</br>— E quella maledetta creatura la usa come sangue. Un bel duro, quel piccolo mostro bastardo. — Brett parlò dell’alieno a forma di mano con rispetto, nonostante quello che provava nei suoi confronti.</br>— Non siamo sicuri che sia il suo sangue. — La mente di Ash stava facendo un lavoro straordinario sotto la pressione della situazione. — Potrebbe essere una componente di un sistema circolatorio separato, intesa a lubrificare l’interno della creatura. O potrebbe far parte di uno strato protettivo interno, una specie di endotelio liquido di difesa. Potrebbe non essere che il corrispettivo di quella creatura del nostro fluido linfatico.</br>— In ogni caso è un meraviglioso meccanismo di difesa, — osservò Dallas. — Non si ha il coraggio di ucciderlo. (pp. 68-69)
*Credi di sapere tutto di me. Lo credete tutti quanti. Siete così sicuri di conoscere esattamente che tipo di persona sia. Lascia che ti dica una cosa, Ripley. Quando ho aperto il portello interno, mi rendevo perfettamente conto di quello che stavo facendo. Ma per quanto riguarda chi sia il comandante in una certa situazione, be’, sono capace di dimenticanze come chiunque altro. La mia memoria è molto buona, ma è soggetta ad amnesie come quella di tutti. Anche una memoria meccanica come quella di Mamma può perdere le tracce di alcune informazioni. (p. 75)
*Conosco le regole riguardanti la quarantena e le forme di vita aliene. Le ho valutate rispetto alla vita di un uomo. Forse avrei dovuto lasciarlo morire là fuori. Forse ho esposto tutti quanti ad un rischio. Ma so una cosa. Chi fa i regolamenti detta sempre le sue preziose leggi al comodo ed al sicuro, non sul campo, dove quelle norme assolute andrebbero poi applicate. In quei momenti ci si deve basare sulla propria mente e sulle proprie sensazioni. Ed è quello che ho fatto. (p. 76)
*— Tu e Kane siete stati insieme in molti voli?</br>— Abbastanza per conoscerci. — Dallas aveva risposto a voce bassa, con gli occhi fissi sulla console.</br>— Ed Ash?</br>— Ricominci un’altra volta? — Sospirò. Non c’era modo di sfuggire. — Ash che cosa?</br>— Stessa domanda. Hai detto che conosci Kane. Conosci anche Ash? Hai mai viaggiato con lui, prima?</br>— No. — Il pensiero non disturbava minimamente Dallas. — È la prima volta. Ho fatto cinque viaggi, lunghi e brevi, con diverse navi, insieme ad un altro addetto scientifico. Poi, due giorni prima di lasciare Thedus, l’hanno sostituito con Ash. Lei lo fissò in modo significativo.</br>— E allora? — controbatté lui. — Hanno anche sostituito il mio vecchio commissario di bordo con te.</br>— Non mi fido di lui.</br>— È un buon atteggiamento. Guarda me... io non mi fido di nessuno. — È tempo, pensò, di cambiare argomento.</br>Da quanto aveva visto fino ad allora, Ash era un buon ufficiale, anche se un po’ riservato quando si trattava di cameratismo. Ma l’intimità personale non era necessaria in viaggi nei quali la maggior parte del tempo, tranne la partenza e l’arrivo, veniva trascorsa nella narcosi dell’ipersonno. Purché facessero il loro dovere, a Dallas non importava niente della personalità dei membri dell’equipaggio. Finora non c’erano stati motivi per mettere in dubbio la competenza di Ash. (P. 86)
*Sulla tuta di Kane era comparsa una macchia rossa. Si ampliò rapidamente, divenendo una larga chiazza irregolare di sangue che quasi gli copriva la parte inferiore del petto. Seguì il rumore del tessuto che si strappava, sgradevole ed intimo nella stanza affollata. La camicia si aprì come la buccia di un melone, si fece indietro su tutti e due i lati, mentre una piccola testa delle dimensioni di un pugno umano si spingeva all’esterno. Si contorceva e si dimenava come un serpente. Il piccolo cranio era quasi tutto denti, affilati e macchiati di sangue. La pelle era di un pallido colore malsano, scurito adesso da una bava cremisi. Non mostrava organi esterni, neppure occhi. Le narici dell’equipaggio furono raggiunte da un odore fetido e indecente.</br>Oltre a quelli di Kane, ci furono altre urla, grida di panico ed orrore, mentre le persone si tiravano istintivamente indietro. Il gatto li precedette in quella ritirata spontanea. Con la coda attaccata al corpo, i peli ritti, soffiando ferocemente, superò la tavola e la stanza in due balzi tesi.</br>Il cranio dentato si faceva convulsamente strada verso l’esterno. All’improvviso sembrò compiere uno scatto. La testa ed il collo erano attaccati ad un corpo tozzo coperto dalla stessa pelle bianca. Braccia e gambe terminanti in artigli lo spinsero in fuori a velocità inattesa. Atterrò disordinatamente sulla tavola, fra i piatti e il cibo, tirandosi dietro frammenti dell’intestino di Kane. Dietro di lui si formò una sporca pozza di sangue e fluido. A Dallas venne in mente un tacchino appena ucciso, con i denti sporgenti.</br>Prima che qualcuno riacquistasse il controllo ed agisse, l’alieno era sceso dal tavolo con la velocità di una lucertola ed era svanito nel corridoio. (p. 97)
*Parker aveva la nausea, non pensò neppure lontanamente a dire qualcosa di sarcastico a Ripley quando lei si voltò in preda a conati di vomito. — Gli stava crescendo dentro e lui non se n’era nemmeno accorto.</br>— Se ne serviva come incubatrice, — ipotizzò piano Ash. — Come fanno certe vespe con i ragni, sulla Terra. Prima paralizzano il ragno, poi vi depongono le uova. Quando le larve vengono alla luce, cominciano a cibarsi di...</br>— Per amor del Cielo! — gridò Lambert, uscendo dalla sua trance. — Stai zitto, ti riesce?</br>Ash sembrò offeso. — Cercavo solo... — Poi notò lo sguardo di Dallas, annuì quasi impercettibilmente, e cambiò argomento. — Quello che è successo è evidente. — Quella macchia scura sullo schermo medico. — Neppure Dallas si sentiva troppo bene. Si domandò se apparisse agitato come i suoi compagni. — Non era sulla lente, dopotutto. Era dentro di lui. Perché i rilevatori non ce l’hanno detto?</br>— Non c’era motivo, assolutamente alcun motivo, per sospettare una cosa del genere, — osservò rapidamente Ash. — Quando gli abbiamo esaminato l’interno, la macchia era troppo piccola perché la prendessimo seriamente. E sembrava un difetto della lente. In effetti avrebbe anche potuto corrispondere ad un’imperfezione sulla lente.</br>— Non ti seguo.</br>— È possibile che in questo stadio la creatura generi un campo naturale in grado di intercettare e bloccare le radiazioni. A differenza della prima forma, quella “a mano”, dentro la quale siamo riusciti a vedere con facilità. Ci sono altre creature in grado di produrre campi di questo tipo. Fa pensare a necessità biologiche che non possiamo nemmeno immaginare, oppure ad un sistema di difesa sviluppato per far fronte ad avversari così evoluti che preferisco non immaginare. (p. 98)