Alan Dean Foster: differenze tra le versioni

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*Era Bishop. No, non Bishop, ma un perfetto duplicato. Una copia assolutamente fedele del povero, disattivato Bishop. Bishop II, si disse Ripley, Bishop venuto a prendersi la regina.</br>Non finché la signora sarà in vita, pensò decisa.</br>— Lei sa chi sono, — affermò la figura.</br>— Sì. Un androide. Lo stesso modello di Bishop. Mandato qui dalla fottuta Compagnia.</br>— Io non sono Bishop l’androide. L’ho progettato. Io sono il prototipo, e naturalmente l’ho modellato con i miei stessi lineamenti. Io sono umano. Sono stato mandato qui per mostrarle un volto amico, e per farle capire quanto lei sia importante per noi. Per me. Io seguo questo progetto sin dall’inizio. Lei significa molto per me, tenente Ripley. Per tante persone. La prego, scenda.</br>— Io voglio solo aiutarla. Abbiamo qui tutto quello che serve per aiutarla, Ripley. — Le rivolse un’occhiata ansiosa. In quel momento Ripley si accorse che due degli uomini di Bishop II erano vestiti in modo diverso: erano dei biomedici. Le tornò in mente Clemens.</br>— Vada al diavolo. Conosco tutti i volti “amici” della Compagnia. L’ultimo che mi è capitato di vedere apparteneva a uno stronzo di nome Burke.</br>Il sorriso svanì dal volto dell’uomo. — Il signor Burke si è rivelato una scelta sbagliata per la sua precedente missione. Aveva più a cuore i suoi interessi personali che quelli della Compagnia. Le garantisco che tale errore non si ripeterà più. Ecco perché mi trovo qui io, invece che un inesperto ed ambizioso subalterno.</br>— E lei, naturalmente, non ha ambizioni personali.</br>— Io voglio solo aiutarla.</br>— Lei mente, — replicò la donna con calma. — A lei non importa un accidente di me né di chiunque altro. Lei vuole solo portarsi via l’alieno. Queste creature hanno acido al posto del sangue, voialtri denaro. Non ci vedo molta differenza.</br>Bishop II fissò per un momento il pavimento prima di alzare gli occhi verso la sagoma solitaria sulla piattaforma della gru. — Lei ha tutte le ragioni di essere diffidente; ma, purtroppo, non ci è rimasto molto tempo. Noi vogliamo riportarla a casa. Non ci interessano più quelle creature. Sappiamo quello che ha passato. Lei ha dimostrato grande coraggio.</br>— Balle!</br>— Mi creda. Noi vogliamo aiutarla.</br>— In che modo?</br>— Vogliamo tirare fuori l’alieno che ha in corpo.</br>— E tenervelo.</br>Bishop II scosse la testa. — No, distruggerlo.</br>Ripley ebbe un attimo di esitazione, avrebbe voluto credergli. Cogliendo il suo smarrimento, Bishop II si affrettò ad aggiungere: — Ripley, lei è stanca, sfinita. Si conceda un momento per riflettere. A me sta a cuore solo il suo benessere. Sulla mia astronave, la Patna, c’è un’attrezzatissima sala operatoria. Possiamo asportare il feto, o larva, o come lo si voglia chiamare. Non abbiamo un nome per le diverse fasi di gestazione. L’operazione andrà benissimo! Lei avrà una lunga vita piena di gioie.</br>Ripley lo guardò, ora tranquilla, rassegnata. — Ho già avuto una vita, grazie. Una vita di cui non ho dovuto rendere conto a nessuno.</br>L’uomo alzò una mano in un gesto di supplica. — Ragioni, Ripley! Ammetto che abbiamo fatto degli errori, ma involontariamente. Possiamo riparare. Farle recuperare tutto il tempo perduto. Può ancora avere figli. Riscatteremo il suo contratto. Avrà tutto quello che merita. Glielo dobbiamo.</br>Lei esitò ancora una volta. — Non porterete l’alieno sulla Terra?</br>— No. Ora sappiamo con chi abbiamo a che fare. Lei aveva ragione fin dall’inizio. Ma il tempo stringe, dobbiamo intervenire. La sala operatoria sull’astronave è già pronta.</br>I biomedici avanzarono immediatamente. — È un’operazione breve, indolore. Un paio di incisioni. Sarà tutto finito nel giro di un paio d’ore. Poi sarà di nuovo in piedi, pronta per ricominciare da zero.</br>— Che garanzie ho che, una volta tirato fuori, lo distruggerete?</br>Bishop II avanzò di un altro passo. Adesso era molto vicino. — Dovrà avere fiducia in me. — Tese una mano. — Abbia fiducia in me. La prego. Vogliamo solo aiutarla.</br>Ripley rifletté con calma. Vide Aaron e Morse che la guardavano. Il suo sguardo si posò nuovamente su Bishop II.</br>Fece scorrere il cancelletto della piattaforma che la separava da loro. — No... (pp. 125-126)
 
===''Aliens scontro finale''===
==[[Incipit]] di alcune opere==
===[[Incipit]]===
 
===''Aliens scontro finale''===
Due sognatori.<br>
Non erano poi gran che diversi l'uno dall'altra, a parte le debite distinzioni. Uno era piuttosto piccolo, l'altra più grossa. Una era femmina, l'altro maschio. La bocca della prima conteneva un misto di denti taglienti e no, ad indicare chiaramente che era onni­vora, mentre l'apparato mascellare dell'altro era concepito esclusivamente per tagliare e penetrare. Discendevano entrambi da una razza di assassini. Era un impulso genetico che la specie della sognatrice aveva imparato a tenere a freno. Il sognatore invece era rimasto a uno stadio selvaggio. (p. 2)
 
===Citazioni===
*Quelle cose esistono. Potete annientare me, ma non loro. Lassù, su quel pianeta, c’è una nave aliena e su quella nave ci sono migliaia di uova. Migliaia. Lo capite? Avete un’idea di cosa significhi? Vi consiglio di inviare una spedizione a cercarla, usando i dati del registratore di volo, e di trovarla in fretta. Trovatela e sistematela, possibilmente con un’atomica orbitale, prima che una delle vostre squadre esplorative ritorni con una bella sorpresina. (p. 14)
*L’astronave aliena torreggiava sul trattore, mentre questo si arrestava a poca distanza. Due archi di vetro metallico si alzavano leggiadri – e inquietanti – verso il cielo dalla coda del relitto. Da lontano sembravano le braccia distese di un morto, immobilizzate dal rigor mortis. Uno era più corto dell’altro, senza peraltro alterare la simmetria della nave.</br>Il design era alieno come la composizione. Sembrava essere stato “cresciuto” più che costruito. La liscia convessità dello scafo mostrava una strana lucentezza vitrea, non ancora completamente nascosta dalle sabbie di Acheron. (p. 23)
* — Non mi hai mai detto che c’era un androide a bordo. Perché? Non mentirmi, Carter. Ho visto il suo marchio tatuato, fuori delle docce.</br>Burke era imbarazzato. — Be’, non mi è venuto in mente. Non capisco perché sei così sconvolta. La Compagnia impiega da anni i sintetici a bordo delle navi. Non hanno bisogno di ipersonno, ed è molto più economico che assumere un pilota umano, per coordinare i passaggi interstellari. E non dà di volta loro il cervello a lavorare tutto quel tempo da soli. Non c’è niente di strano.</br>— Per conto mio, preferisco l’espressione “persona artificiale”, — interloquì gentilmente Bishop. — C’è qualche problema, posso fare qualcosa, forse?</br>— Ne dubito. — Burke si ripulì le labbra sporche di uovo. — Un sintetico non ha funzionato come doveva, durante la sua ultima traversata. Ci sono stati dei morti.</br>— Ne sono sconvolto. Quanto tempo fa?</br>— Un bel po’, sì. — Burke non entrò nei particolari, cosa di cui Ripley gli fu grata.</br>— Allora può essersi trattato di un modello più vecchio.</br>— Cyberdine Systems 120-A/218.</br>Bishop si piegò verso Ripley con fare conciliante. — Bene, questo spiega tutto. I vecchi A/2 erano sempre un po’ nervosi. Adesso come adesso non potrebbe succedere, non con l’installazione dei nuovi inibitori comportamentali. Mi è impossibile nuocere o, per omissione, permettere che sia fatto del male ad un essere umano. Gli inibitori sono stati montati in fabbrica insieme con il resto delle mie funzioni cerebrali. Nessuno può manometterli. Quindi, come può vedere, io sono totalmente innocuo. (pp. 36-37)
*L’alieno giaceva addormentato, disteso bocconi in un buco che si confondeva perfettamente con il resto della camera. Emerse lentamente dalla sua tana, mentre il fumo della combustione di bozzoli e materia organica fluttuava fino al soffitto, riducendo praticamente a zero la visibilità. (p. 75)
*Nel laboratorio medico della colonia Bishop era chino su una sonda ottica. Sotto le lenti giaceva un frammento campione di uno dei mostriciattoli morti, prelevato da un esemplare del più vicino cilindro di stasi. Anche morta, la creatura sembrava minacciosa, stesa sul dorso sul banco di dissezione. Le zampe prensili sembravano costruite appositamente per artigliare il volto di chi si avvicinasse troppo, la potente coda per far balzare la bestia attraverso la stanza con un solo colpo.</br>La struttura interna era affascinante come quella esterna, e Bishop era assorbito dallo studio di un occhio. Combinando la potenza analizzatrice della sonda con la versatilità della propria vista artificiale, era in grado di scoprire una quantità di elementi sfuggiti ai coloni.</br>Una delle domande che lo interessavano in modo particolare e a cui era ansioso di trovare risposta riguardava la precisa possibilità di un parassita alieno di introdursi in un organismo sintetico come il suo, radicalmente diverso dalla struttura di un essere umano esclusivamente biologico. Un parassita sarebbe stato in grado di avvertire la differenza? E se avesse cercato di utilizzare un androide come ospite, quali potevano essere i risultati di questa unione forzata? Si sarebbe semplicemente staccato alla ricerca di un altro corpo, od avrebbe tranquillamente deposto l’embrione di cui era portatore in un ospite artificiale? Se così, l’embrione sarebbe stato capace di crescere, oppure sarebbe stato il più sorpreso dei due scoprendo di dover maturare all’interno di un corpo privo di carne e sangue?</br>Un robot poteva essere attaccato dai parassiti? (p. 86)
*— Fammi ricapitolare. Gli alieni hanno paralizzato i coloni che non hanno ucciso, li hanno portati nel processore e li hanno imbozzolati per servirsene come incubatrici. — Ripley indicò la stanza dove i cilindri di stasi conservavano i rimanenti campioni di mostriciattoli.</br>— Il che significherebbe un mucchio di quei parassiti, giusto? Uno per ogni colono. Almeno un centinaio, calcolando un tasso di mortalità di un terzo durante la lotta finale per uscire.</br>— Sì, il ragionamento fila, — ammise senza difficoltà Bishop.</br>— Ma questi cosi, queste mostruose forme parassitarie, nascono da uova. Perciò dove sono le uova dalle quali provengono? Quando il tizio che ha trovato per primo la nave aliena ce lo ha riferito, ha detto che c’erano un sacco di uova all’interno, ma non ha mai precisato quante, e nessun altro è andato a controllare dopo di lui. E non tutte quelle uova potevano essere in grado di svilupparsi.</br>— Il punto, a giudicare dal modo in cui la colonia è stata invasa, è che non credo che l’alieno abbia avuto il tempo di trasportare uova, dalla nave a qui. Il che starebbe a dimostrare che devono provenire da qualche altra parte.</br>— Questa è la questione fondamentale. — Bishop fece ruotare la sedia per guardarla in faccia. — Ci ho pensato continuamente da quando abbiamo afferrato per la prima volta la vera natura del disastro.</br>— Qualche idea più o meno brillante?</br>— Senza altre prove concrete, non è più di una supposizione.</br>— Va’ avanti e supponi, allora.</br>— Potremmo fare un parallelo con certe specie di insetti dotate di un sistema organizzativo ad alveare. Una colonia di formiche odi termiti, per esempio, è retta da una singola femmina, la regina, la quale è la produttrice delle uova.</br>Ripley si accigliò. Dalla navigazione interstellare all’entomologia, un salto mentale a cui non era preparata. — Anche le regine nascono dalle uova?</br>Il sintetico annuì. — Sì, certo.</br>— Cosa succederebbe se non ci fossero state uova regine a bordo della nave che ha portato qui quei cosi?</br>— Nelle società di insetti non esistono “uova regine” finché le operaie non decidono di crearne una. Formiche, api, termiti, tutte usano essenzialmente lo stesso metodo. Scelgono un uovo comune e nutrono la pupa elaborando uno speciale cibo con un alto contenuto di certi ingredienti. Quello delle api, per esempio, viene chiamato gelatina reale. I componenti chimici della gelatina agiscono mutando la composizione della pupa in maturazione, di modo che ciò che ne risulta alla fine è una regina e non un’altra operaia. Teoricamente da qualsiasi uovo potrebbe nascere una regina. Perché gli insetti scelgano un determinato uovo è qualcosa che non sappiamo ancora.</br>— Stai dicendo che una di quelle cose produce tutte le uova?</br>— Be’, non esattamente come siamo abituati a vedere. Solo se regge l’analogia con gli insetti. Supponendolo, ci potrebbero essere altre somiglianze. Un’aliena regina, analogamente a un’ape o ad una termite regina, potrebbe essere fisicamente molto più grande degli alieni che abbiamo incontrato finora. Una termite regina ha un addome talmente gonfio di uova da non riuscire assolutamente a muoversi da sola. Viene nutrita e curata dalle operaie, coperta dai fuchi e difesa da guerrieri altamente specializzati. È anche quasi innocua. D’altra parte, un’ape regina è molto più pericolosa delle operaie perché può pungere parecchie volte. Lei è il centro della loro vita, quasi letteralmente la madre della loro società.</br>— Sotto un certo aspetto siamo fortunati che l’analogia non regga fino in fondo. Formiche ed api si sviluppano da uova direttamente in larve, pupe ed adulti. Ogni embrione alieno invece ha bisogno di un ospite nel quale maturare. Altrimenti Acheron ne sarebbe completamente ricoperto. (p. 102-103)
*Gigantesca apparizione nella foschia rosata, la regina aliena sovrastava il suo grappolo di uova come un enorme, scintillante Buddha insettiforme. Il teschio irto di zanne era l’incarnazione dell’orrore. Sei arti – due gambe e quattro braccia armate di artigli – sporgevano grottescamente da un addome dilatato. Gonfio di uova, comprendeva un grosso sacco tubolare sospeso all’intrico di tubi e condutture mediante una membrana, come se un lungo tratto d’intestino fosse stato drappeggiato tra i macchinari.</br>Ripley si rese conto di essere passata sotto il sacco un momento prima. Dentro il recipiente addominale, innumerevoli uova ribollivano verso un ovopositore pulsante, come in una disgustosa catena di montaggio. Qui emergevano luccicanti e viscide per essere raccolte da minuscoli fuchi. Quelle versioni in miniatura dei guerrieri alieni correvano avanti ed indietro per soddisfare i bisogni delle uova e della regina. Ignoravano lo spettatore umano in mezzo a loro, concentrati unicamente nella mansione di trasportare il carico in un posto sicuro. (p. 145)
 
==[[Incipit]] di alcune opere==
===''Il mistero del Krang''===
Flinx era un mariuolo provvisto di una morale, poiché rubava soltanto ai ladri. E anche così, soltanto quand'era assolutamente necessario. Be', forse non assolutamente. Ma si sforzava. A causa dell'ambiente in cui viveva, la sua morale era molto elastica. Quando uno vive solo e non ha ancora raggiunto la diciassettesima estate, bisogna pure concedergli qualcosa.