Elsa Morante: differenze tra le versioni

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*[...] il [[lavoro]] non è per gli uomini, è per i ciucciarelli. Anche una [[fatica]], magari, può dar gusto qualche volta, purché non sia un lavoro. Una fatica oziosa può riuscire utile e simpatica, ma il lavoro, invece, è una cosa inutile, e mortifica la fantasia. (l'Amalfitano: I, ''Un sogno dell'Amalfitano''; p. 65)
*Ma vivere senza nessun mestiere è la miglior cosa: magari accontentarsi di mangiare pane solo, purché non sia guadagnato. (l'Amalfitano: I, ''Un sogno dell'Amalfitano''; p. 65)
*A uno non basta la contentezza di essere un valoroso, se tutti quanti gli altri non sono uguali a lui, e non si può fare amicizia. Il giorno che ogni uomo avrà il cuore valoroso e pieno d'onore, come un vero re, tutte le antipatie saranno buttate a mare. E la gente non saprà piú che farsene, allora, dei re. Perché ogni uomo, sarà re di se stesso. {{sic|!!}} (Arturo: II, ''Gli eccellenti Condottieri''; p. 115)
*Beh, il primo pensiero, il massimo di tutti, è questo: ''Non bisogna importarsene della morte!'' (Arturo: II, ''Gli eccellenti Condottieri''; p. 117)
*Impara: {{maiuscoletto|il [[sacrificio]] è la sola, vera perversione umana}}. (Wilhelm: III, ''Contro le madri (e le femmine in genere)''; p. 143)
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*E cosí in eterno ogni [[perla]] del mare ricopia la prima perla, e ogni rosa ricopia la prima rosa. (VII, ''Perle e rose convenzionali''; p. 301)
*Spesso certi nostri affetti, che presumiamo magnifici, addirittura sovrumani, sono, in realtà, insipidi; solo un'amarezza terrestre, magari atroce, può, come il sale, suscitare il sapore misterioso della loro profonda mescolanza! Per tutta la mia infanzia e fanciullezza, io avevo creduto di amare W. G.; e forse m'ingannavo. Soltanto adesso, forse, incominciavo ad amarlo. Mi accadeva qualcosa di sorprendente, che certo in passato non avrei potuto credere, se me l'avessero predetta: W. G. mi faceva compassione. (VIII, ''Ombra odiata''; p. 322)
*E immediatamente mi rendevo conto che in realtà non c’erac'era stato nulla, né frastuoni né terremoti; era il [[dolore]], che usava quegli artifici maligni per tenermi sveglio e non lasciarmi mai. Esso non mi lasciò mai, difatti, per tutta la giornata! Era la prima volta, da quando vivevo, che conoscevo veramente il dolore. (VIII, ''Il 5 dicembre'')
*La [[speranza]], tuttavia, s’eras'era annidata ormai dentro di me come un parassita, che non lascia volentieri il suo nido. (VIII, ''Il 5 dicembre'')
*Forse, la nostra natura ci porta a considerare i giochi dell'imprevisto piú vani e arbitrari, troppo, di quel che sono. Cosí, ogni volta, per esempio, che in un racconto, o in un poema, l'imprevisto sembra giocare d'accordo con qualche segreta intenzione della sorte, noi volentieri accusiamo lo scrittore di vizio romanzesco. E, nella vita, certi avvenimenti imprevisti, per se stessi naturali e semplici, ci appaiono, per la nostra disposizione del momento, straordinari o addirittura soprannaturali. (VIII, ''Lo spillone fatato''; pp. 364-5)
*In sostanza, io conoscevo la storia fino dai tempi degli antichi egiziani, e le vite degli eccellenti condottieri, e le battaglie di tutti i passati secoli. Ma dell'epoca contemporanea, non sapevo nulla. Anche quei pochi segnali dell'epoca presente che arrivavano all'isola, io li avevo appena intravisti senza nessuna attenzione. Non m'aveva incuriosito mai, l'attualità. Come fosse tutto cronaca ordinaria da giornali, fuori della Storia fantastica, e delle Certezze Assolute. (VIII, ''Lo spillone fatato''; p. 367)