Malattia e destino: differenze tra le versioni

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*Non conosciamo una sola sollecitazione di [[Gesù]] a migliorare questo [[mondo]] e a trasformarlo in un [[paradiso]] — ma in ogni sua frase Gesù sollecita l'uomo a osare di fare il passo che porta alla [[salvezza]]. (p. 42)
*La redenzione dalla [[colpa]] è la conquista dell'unità – ma raggiungere l'unità è impossibile a chi cerca di evitare una metà della realtà. (p. 61)
*Di regola le interpretazioni esatte suscitano un senso di malessere, un senso di [[paura]] e quindi di ripulsa: e questo indica che si è individuato il reciproco rapporto. In questi casi può essere utile avere un partner o un [[amico]] sincero che si possa interrogare e che abbia il coraggio di dire apertamente quali sono i nostri punti deboli, quelli almeno che lui vede in noi. Ancora più sicuro è prestare ascolto alle [[critiche]] dei nostri [[nemici]] - loro hanno quasi sempre ragione. Regola: Quando un'interpretazione colpisce nel segno, sgomenta. (p. 103)
*La [[guarigione]] tende all'unità e alla completezza. L'uomo è sano una volta che ha trovato il suo vero Sé ed è diventato una cosa sola con tutto quello che è. [...] La [[malattia]] costringe l'uomo a non abbandonare la via che porta all'[[unità]], per questo ''la malattia è una via che conduce alla [[perfezione]]''. (p. 104)
*Onesti in ogni caso sono qui i nomi delle armi: ''[[antibiotico|antibiotici]]''. Questa parola si compone delle due parole greche ''anti'' = contro e ''bios'' = vita. Gli antibiotici sono quindi «sostanze dirette contro la [[vita]]»: questa è sincerità! (p. 116)
*Tutte queste considerazioni non dovrebbero essere male interpretate e considerate ricette. Non si tratta di decidere se «ci si debba far [[vaccinazione|vaccinare]] oppure no», o «se sia meglio non fare mai uso di [[antibiotico|antibiotici]]». In ultima analisi è totalmente indifferente quello che si fa - finché si ''sa'' quello che si fa! Quello che ci sta a cuore è la ''[[consapevolezza]]'', non le ricette prefabbricate. (p. 117)
*Tutto quello che avviene nel [[corpo]], noi lo viviamo anche nella nostra [[coscienza]], nella psiche. Se ci diamo una martellata su un dito, diciamo: il dito fa male. Il che però non è del tutto esatto, perché il dolore è esclusivamente nella coscienza, non nel dito: ci limitiamo a proiettare la sensazione psicologica "dolore" sul dito. Dato che il dolore è un fenomeno psicologico, è possibile influire su di esso: con la distrazione, l'[[ipnosi]], la narcosi, l'agopuntura. (Chi trova esagerata questa affermazione, si ricordi del fenomeno del dolore-fantasma!). Tutto quello che viviamo e soffriamo in un processo patologico fisico, avviene esclusivamente nella nostra coscienza. La distinzione tra "psichico" e "somatico" si riferisce esclusivamente al piano proiettivo. (pp. 117-118)
*Se il [[pensiero]] taglia i legami col basso, perde le radici. Il pensiero funzionale della [[scienza]] è per esempio un pensiero privo di radici - gli manca il rapporto col motivo primo - la ''[[religione|religio]]''. L'uomo che segue soltanto la propria [[testa]] sale ad altezze vertiginose senza alcun ancoraggio verso il basso: nessuna meraviglia quindi che perda la testa. La testa suona il campanello d'allarme. Fra tutti gli organi, la testa è quello che reagisce più rapidamente attraverso il [[dolore]]. (p. 173)
*Ogni [[dolore]] è sempre il risultato di un'azione aggressiva. Se io do libero corso alla mia aggressività e la scarico su un altro, è la mia vittima che sente dolore. Se domino l'impulso aggressivo, questo si ritorce contro di me e sono io che avverto il dolore (autoaggressività). Chi ha dei dolori, dovrebbe sempre chiedersi a chi in realtà essi erano rivolti. (p. 230)
*[[Perfezione]] e [[unione]] possono essere realizzate soltanto nella [[coscienza]], non dentro la [[materia]], perché la materia è l'[[ombra]] della coscienza. Nell'ambito del fuggevole mondo delle forme l'uomo non può realizzare ciò che appartiene a un piano eterno. Nonostante ogni sforzo, il [[mondo]] non sarà mai sano, senza conflitti e senza problemi, senza tensioni e lotte. Non esisterà mai l'uomo sano, senza malattia e senza [[morte]], e neppure l'[[amore]] che tutto abbraccia, perché il mondo delle forme vive dei suoi confini. (p. 267)