Karel Čapek: differenze tra le versioni

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===Citazioni===
*A dir la verità, la bellezza di Napoli è un po' un inganno. Napoli non è bella, finché non la guardate da lontano. Da lontano si stende dorata nel sole, il mare è azzurro, quanto ne avete appena un'idea, qui davanti un bel pino, lì quell'azzurro è Capri, il Vesuvio soffia un batuffolo di ovatta biancastra, Sorrento splende lontana e netta - Dio, è bello. E poi scende il crepuscolo, tutto si inazzurra e spuntano le luci, adesso è tutto un semicerchio di piccole scintille, sul mare si muove una nave e splende di luci verdi, azzurre, dorate: Dio, è bello! Ma entra in città, amico mio; cammina per le strade, posa su tutto i tuoi occhi boemi e goditi quanto puoi il pittoresco di questa vita; tra un po' ne sarai nauseato. Forse queste strade sono pittoresche, ma sono decisamente bruttissime. Girovaghi sotto ghirlande di biancheria sporca, ti fai largo tra una minutaglia di ogni risma, asini, mascalzoni, capre, bambini, automobili, ceste di ortaggi, e di altre equivoche porcherie, officine che fuoriescono sul marciapiede e arrivano al centro della strada, immondizie, marinai, pesci, carrozzelle, cespi di cavolo, strilloni, ragazze con i capelli acconciati, sudici monelli stesi a terra; è tutto uno spintonarsi, uno schiamazzare, un bastonare con malagrazia gli animali, un chiamare a gran voce, offrire, urlare, schioccare la frusta, derubare. (cap. ''Il popolo napoletano'', paragrafo II, pp. 57-58)
*A [[Monreale]] ci sono bellissimi mosaici della creazione; nemmeno Michelangelo nella Cappella Sistina comprese più profondamente la creazione delle acque, della terraferma e dei corpi celesti, e soprattutto dimenticò, non seppe rappresentare, che Dio il settimo giorno ''vide che era molto buono'' e si riposò. Dio a Monreale si riposa, sogna, come un agricoltore dopo il lavoro, con le mani in grembo. (cap. ''Palermo'', p.64)
*Anche Perugia è un sogno, una visione e una Betlemme tra il cielo azzurro e la terra azzurra; una Betlemme un po' più grande, una cittadina di palazzi e di case fortificate, porte etrusche e vedute stupefacenti. (cap. ''Dolce Umbria'', p. 91)
*''Che cosa non mi è piaciuto?'' [...] 3. La spaventosa folla di turisti a Venezia. La maggior parte dei tedeschi porta zaini da montagna o abiti di loden, gli inglesi macchine fotografiche, gli americani si riconoscono dalle spalle e i ciechi per il fatto che sembrano quasi tedeschi, ma parlano vistosamente a voce alta, forse perché da noi l'aria è più rarefatta [...] 5. Gli sposini. Senza rivelarne i motivi. 6. I veneziani, visto che sono russi. Una donna nera come il carbone e dagli occhi d'anguilla, che portava il vestito tradizionale dalle frange lunghe due palmi e il pettine sulla crocchia, un purissimo tipo veneziano, proprio mentre la guardavo ammirato, ha detto al suo cavaliere ''Da, da, jasnyj moj''; e io ho perso un'altra illusione. (cap. ''Venezia'', pp. 23-24)
*E poi la stessa [[Monreale]], strana città incollata al pendio di una collina, tra cactus arborei, palme, fichi e non so quanti altri alberi strani, una città piena di grate spagnole e saracene, di un [[barocco]] dolce e insolitamente colorato, di biancheria sporca, asinelli, bambini, maiali, di insegne popolari e di meravigliose vedute fino alle isole Lipari - la prima città che mi ha abbagliato. (cap. ''Palermo'', p.63)
*E su quel palmo di terra, tra moreschi archi ogivali dei portici, è cresciuto ed è fiorito tutto quello che con folle generosità il cielo ha versato nel grembo della Conca d'Oro del golfo di Palermo. Alcuni aranci e limoni si incurvano sotto il peso dei frutti maturi e ciò nonostante fioriscono: palme di datteri, roseti carichi, cespugli, con fiori a mo' di tromba della capacità di un litro buono, una vegetazione a me sconosciuta, ingarbugliata di fiori e di profumi. Su un cielo terribilmente azzurro si stagliano cinque rosse cupole saracene, simili a strani globi. Dio mio, forse è l'angolo più bello. (cap. ''Palermo'', p.63)
*Ho fatto questa esposizione storica per non dovermi vergognare quando dirò che [[Roma]], tutto sommato, a me non piace. Né il Foro Romano, né gli spaventosi ruderi in mattoni del Palatino, né nient'altro ha evocato in me sentimenti sacri; quelle dimensioni maniacali delle terme, dei palazzi e dei circhi, quella strana passione di costruire in modo sempre più colossale, sempre più esteso, è la vera ossessione barocca, che in seguito spinse Paolo V a deturpare la Basilica di San Pietro. (cap. ''Roma'', p. 51)
*Il dio umbro, poi, ebbe un meraviglioso azzurro per il cielo e un colore ancora più bello con cui tinteggiò le lontananze e le montagne. Perciò l'Umbria è così miracolosamente azzurra; la più azzurra di tutte le terre. (cap. ''Dolce Umbria'', p. 89)
*Inesprimibili sono le bellezze e le meraviglie del mondo. (cap. ''Palermo'', p. 65)
*Infine [[Taormina]], paradiso terrestre su un mare mormorante, isola di profumi e di fiori tra le rocce, luci sul mare, l'Etna rutilante. - No, adesso pensa alla tua patria! Quand'anche qui fosse cento volte più bello, pensa alla tua patria natia, al paese dei corsi d'acqua e dei boschi mormoranti e dalla grazia modestissima e intima. (cap. ''Da Palermo a Taormina'', p. 69)
*Invece il Canal Grande quasi vi deluderà. Alcuni favoleggiano dello splendore dei suoi palazzi e altri della loro malinconica agonia: io vi ho trovato soprattutto un gotico alquanto scadente, che ha dato ai nobili veneziani solo la famosa ''merlettatura di pietra'', con cui rivestire le facciate dei palazzi come bustini. Purtroppo mi sfugge il senso di questa passamaneria architettonica e di tutta la rigatteria da mercante della Venezia antica. Qui hanno sempre importato qualcosa: colonne greche, cannella orientale, tappeti persiani, influenze bizantine, broccati, gotico, rinascimento, per quei mercanti tutto andava bene, purché di gran lusso. Non c'è nulla che non abbiano inventato, finanche la loggia aperta al centro della facciata: bello, ma un po' poco per una buona architettura. (cap. ''Venezia'', pp. 27-28)
*L'arte italiana in ciò che ha di meglio offre due esempi: ricominciare costantemente e imparare molto. Cominciare dall'inizio, cercare, sperimentare, scoprire e rinnovare, provare e risolvere, misurare le possibilità e azzardare; e, al contrario, imparare da se stessi e dagli altri, frenare la particolarità deviante, il disordine dell'originalità e la spudorata pretesa di essere se stessi: sono le virtù di questa meravigliosa fioritura. (''Appendice'', p.121)
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*Machar trovò a Roma la classicità. È strano. Per quanto mi riguarda, vi ho trovato principalmente il barocco. Il Colosseo è barocco. Tutta la Roma imperiale è interamente barocca. Poi arrivò il cristianesimo e in un attimo pose fine al barocco imperiale. Di conseguenza, Roma si addormentò artisticamente, si svegliò solo alla prima occasione, quando glielo permisero le strette briglie che le aveva messo il cristianesimo, e quando poté ribollire in una nuova ondata di barocco, questa volta nel segno del papato. (cap. ''Roma'', pp. 49-50)
*Non vorrei scrivere molto su Venezia; penso che tutti la conoscano. È realmente simile, fino al fastidio, ai vari ''souvenirs de Venice''; quando mi sono fermato per la prima volta a piazza San Marco, sono rimasto confuso e a lungo non ho potuto liberarmi dalla opprimente sensazione che non fosse un luogo reale, ma il Lunapark dove deve svolgersi la notte veneziana. Aspettavo soltanto che cominciassero a gemere le chitarre e che il gondoliere cantasse come il signor Schütz. Por fortuna il gondoliere ha misteriosamente taciuto, ma alla fine mi ha derubato in modo poco cristiano, agitandomi davanti agli occhi un qualche tariffario. (cap. ''Venezia'', p.27)
*Pagatemi queste righe a peso d'oro, non per la loro bellezza intrinseca, ma perché per esse tanto ho dovuto pagare. Ma se conto dieci centesimi per ogni stella e un centesimo per ogni mormorio del mare, dieci lire per il fuoco vermiglio dell'Etna e per l'aria balsamica mezza lira all'ora - come vedete, non conto né i riverberi del mare, né le palme, né l'antico castello e nemmeno il teatro greco che adesso, di notte, non ha alcunché di attraente - orbene, poi ne varrà la pena, e sia lodato Iddio che mi ha mandato in questa terra. Con il suo miracoloso potere mi ha condotto prima da Palermo attraverso la Sicilia, attraverso una quantità di colline sacre, strane e tristi, per viali di cactus e miniere di zolfo fino a Girgenti, che è una cittadina su una montagna, con a pochi passi tutta una serie di templi greci. Sono di ordine dorico e di conseguenza molto leggiadri. (cap. ''Da Palermo a Taormina'', p. 66)
*Per il resto, Firenze è spaventosamente infestata da stranieri. La gente del luogo, poi, va soprattutto in bicicletta e meno che altrove scarabbocchia tra i muri '' Viva il fascio''. Quanto ai fascisti il loro grido è ''eiaeiaeia'' e il loro saluto è un tale fendente della mano nell'aria da far terrore. (cap. ''Firenze'', p. 42)
*Per il resto, Pisa è comunemente nota per la sua torre pendente; orbene, ne ha unaltra, ed è quella di San Nicola: Gloria e caratteristica fondamentale di Pisa è la sua bella architettura a colonne, ovvero una felice mania per le leggere loggette che rivestono tutte le facciate con il loro amabile ritmo. (cap. ''La Toscana'', p. 95)
*Questa Ravenna naturalmente non ha niente a che fare con la Ravenna morta, con la Ravenna delle antichissime architetture cristiane e dei mosaici più belli del mondo. Se scriverò in maniera più dettagliata su quello che ho visto - e certamente non lo farò - i masaici ravennati saranno la pagina più commossa. (cap. ''Ravenna, San Marino'', p. 36)
*Questi carri sono infatti dipinti magnificamente; leggende, duelli cavallereschi, scene storiche, guerre, immagini drammatiche della vita contemporanea, tutto è dipinto con primitività gotica o un po' alla maniera delle antiche carte da gioco [...] Il primo carretto avrei voluto comprarlo immediatamente; mi pareva un pezzo da museo. Dopo due giorni ne ho viste alcune migliaia, e tra loro delle perfette meraviglie policromatiche. Se l'arte popolare vive una vita piena, è qui. (cap. ''Palermo'', p.62)
*Quindi Siracusa, città su un'isola, frammento dell'antica Syrakus. Questa, in verità, sorgeva sulla terraferma e aveva un'estensione straordinaria, un teatro, un anfiteatro e le famose cave di pietra, a questo i Cristiani aggiunsero enormi catacombe. Le cave di pietra si chiamano ''latomie'' e sono molto belle! Sono paradisi vegetali, circondati da pareti di roccia; l'unico accesso è vigilato da un custode, cui si paga, e perciò, nelle cosiddette ''latomie'', il tiranno Dionisio rinchiudeva i prigionieri. Anche a Siracusa i contadini hanno i carri dipinti, solo che ai quadri storici preferiscono le scene della vita dei nobili; e tra essi ci sono pezzi di particolare leggiadria. (cap. ''Da Palermo a Taormina'', p. 68)