Musō Soseki: differenze tra le versioni

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*Un metodo semplice per reprimere i [[demone|demoni]] sta nell'astenersi dall'aggrapparsi mentalmente a qualunque cosa. Questo è illustrato da un antico racconto, in cui uno strano personaggio era solito vagabondare attorno al territorio dell'eremo di un certo maestro di meditazione. A volte appariva sotto forma di santo buddista, a volte di re celeste, a volte irradiava una luce straordinaria, a volte proferiva strane sentenze. Questo andò avanti per dieci anni, poi si concluse. Il maestro di meditazione disse ai suoi discepoli: "Un demone celeste veniva qui a importunarmi, ma quale che fosse l'aspetto da lui assunto io facevo in modo di non guardarlo e di non ascoltarlo. Le manifestazioni del demone sono finite, ma il mio non guardare e non ascoltare non hanno fine." (pp. 22-23)
*Fin dai tempi antichi viene detto che l'accertamento della [[verità]] è relativamente facile in confronto alla difficoltà di preservare la verità. Il mantenimento della verità è l'opera della maturazione. (p. 40)
*Attrazione e avversione sono due sentimenti che trattengono le persone nella schiavitù del comportamento ripetitivo ignorante. Coloro che ricercano solo ciò che li soddisfa e cercano di evitare ciò che li infastidisce agiscono in questo modo perchèperché non comprendono la natura del mondo. Per coloro che conoscono la natura del mondo, la mancanza di una completa soddisfazione o di adempimento nelle cose del mondo è in sé un consiglio a coltivare il distacco. Chi non brama di essere soddisfatto non sarà infastidito. Ciò che provoca la sofferenza mentale non è l'ambiente in sé ma la mente in sé. (p. 52)
*Cerimonie e rituali sono pratiche eseguite dal corpo, per cui è impossibile praticarle quando si sta facendo qualcos'altro. Recitazioni e invocazioni sono pratiche eseguite vocalmente, per cui questi esercizi devono essere messi da parte quando si sta parlando di qualcos'altro. La contemplazione dei principi è una pratica eseguita dall'intelletto, per cui non si può fare quando si sta pensando a qualcos'altro. Ma l'operare Zen non viene eseguito dal corpo, dalla parola o dall'intelletto; allora che cosa può essere definito importante? (p. 67)
*Nei racconti di [[illuminazione]] di antichi adepti, non leggiamo di nessuno che avesse chiesto come applicare la mente nello sforzo di entrare in armonia con il fondamentale. Essi erano soliti domandare direttamente cos'è il budda, cos'è lo Zen, da dove vengono i budda e così via. Poiché le domande erano dirette, anche le risposte che sollecitavano erano dirette e davano indicazioni immediate sul fondamentale. Queste indicazioni dirette e immediate non erano intese come materiali di ricerca o lezioni per la pratica, ma coloro che non le capivano erano soliti scavarvi a fondo, a volte per molti anni. Questo processo di continuo confronto delle indicazioni relative al fondamentale potrebbe essere chiamato pratica o addestramento, ma non è la stessa cosa che definire la comprensione, la pratica e la realizzazione e quindi coltivare varie contemplazioni. (p. 71)