Leonardo Sciascia: differenze tra le versioni

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*Di pensiero in pensiero, si trovò avventatamente a dire: «Una cosa cui allora si badò poco: era libero docente di diritto penale all'università di Bologna».<br />«Chi?» domandò il procuratore.<br />«[[Giacomo Matteotti|Matteotti]]» disse il giudice: ma dallo sguardo guardingo, e con un che di compassionevole, del procuratore, capì di avergli suscitato, oltre che diffidenza, un sospetto di disordine mentale, di sconnessione. L'argomento era spinoso, spinosissimo; e che c'entrava quel particolare della libera docenza? Ma da quel particolare era rampollata nella mente del giudice una constatazione: che Matteotti era stato considerato, tra gli oppositori del fascismo, il più implacabile non perché parlava in nome del socialismo, che in quel momento era una porta aperta da cui scioltamente si entrava ed usciva, ma perché parlava in nome del [[diritto]]. Del diritto penale.
*«Ma torniamo al punto... Qui, lei sa, corre l'opinione che da quando c'è il fascismo si dorme con le porte aperte...».<br />«Io chiudo sempre la mia» disse il giudice.<br />«Anch'io: ma dobbiamo riconoscere che le condizioni della sicurezza pubblica, da quindici anni a questa parte, sono notevolmente migliorate. Anche in Sicilia, malgrado tutto. Ora, quali che siano le nostre opinioni sulla pena di morte, dobbiamo ammettere che il ripristino serve a ribadire nella testa della gente l'idea di uno Stato che si preoccupa al massimo della sicurezza dei cittadini; l'idea che davvero, ormai, si dorma con le porte aperte».<br />«Lo ammetto senz'altro» disse il giudice.<br />«E dunque siamo d'accordo» disse il procuratore: con la fretta di chi teme di scoprire che non si è per nulla d'accordo. Si alzò, si alzò anche il giudice, si strinsero la mano.<br />«Posso pregarla» disse il giudice «di prestarmi questa rivista? Vorrei rileggere l'articolo di sua eccellenza Rocco».<br />Il procuratore gliela diede, l'accompagnò alla porta, l'aprì: l'usciere stava lì davanti, la faccia con una posticcia espressione di ossequio rendeva ancor più sgradevole quella vera: avida, da furetto. Procuratore e giudice, a guardarlo, si ricordarono di avere doppiamente infranto il foglio d'ordini del partito fascista si erano dati del lei e si erano salutati con la stretta di mano. Si scambiarono convenevoli dandosi del voi e si risalutarono romanamente.
*Ecco (era arrivato a casa, si era messo in pantofole, aveva aperto il balcone, accesa la luce sulla scrivania: e aveva cominciato a rileggere l'articolo sul ripristino della pena di morte in Italia), ecco questo povero Rocco – e davvero ne aveva un senso di commiserazione, quasi di pietà – che apre con un lungo elenco dei grandi nomi della «scienza» italiana e straniera che hanno ammesso, o addirittura invocato, la pena di morte.<br />Scienza, la scienza. Questo povero Rocco: ordinario di diritto e procedura penale nella regia università di Roma, ministro della giustizia (e grazia), sua eccellenza Rocco. Titoli che andavano benissimo, a paludamento del lacchè: ma quello di avvocato, che amava far precedere al suo nome, questo titolo no, il giudice non riusciva a concederglielo.<br />Sua eccellenza Rocco: il procuratore non lo dimenticava mai. Un brav'uomo, il procuratore: ma di [[Brav'uomo|brav'uomini]] è la base di ogni piramide d'[[Ingiustizia|iniquità]].
 
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