Giuseppe Antonio Borgese: differenze tra le versioni

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*Lei dice "chiunque intenda quella stessa lingua", "le parole sono segni di cose", e invece non vivono due persone che parlino la stessa lingua, né ci sono due momenti in cui una parola individui la stessa cosa, [[w:Panta rei|παντα ρει]]. […] la lingua della poesia e della vita non è né una lingua morta, né una lingua concettuale – sostituibile vale a dire, con un complesso di segni grafici senza suono […]. Il significato emozionale della parola varia da uomo a uomo, ed ogni sillaba è colorata dal tono del suo spirito (Lettera a [[Giovanni Alfredo Cesareo]], p. 318)
 
*Come ancor oggi Palermo è per i viaggiatori italiani città più lontana di [[Parigi]] e [[Londra]], così la sua vita di un secolo fa è meno ''simpatica'' al nostro spirito – dico ''simpatica'' nel senso profondo della parola – di quella che oggi si vive in America o in [[Giappone]]. E fors'anco è più affinità fra noi e i siciliani dell'epoca sveva, anzi che fra gli italiani d'oggi e i palermitani del regno di Ferdinando I. […] Eppure, sullo scorcio del secolo XVIII, la Sicilia era più remota da ogni sentimento d'italianità che non fosse, starei per dire, ai tempi di [[Federico II del Sacro Romano Impero|Federico II]]. Patria, razza, mondo era l'isola delle tre punte, l'isola che fu creata dalla testa di [[Giove (divinità)|Giove]], mentre l'Italia non era che una gamba della divinità secondo l'apologo del [[Giovanni Meli|Meli]]. ''Matrigna'' chiama il Meli la [[lingua italiana]], in antitesi alla siciliana madre. […] Certo in altre province d'Italia non si dormiva così grosso; e la prova ne è che la [[Rivoluzione francese|Rivoluzione]] le toccò tutte, fuorché la Sicilia, e che la Sicilia rimase fino a Waterloo l'unico sicuro asilo dell'''ancien régime'' in Italia. (recensione a ''Palermo avanti la rivoluzione'' del 12 febbraio 1905, p. 371)
 
==''Le belle''==