Vitaliano Brancati: differenze tra le versioni

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*Brancati è lo scrittore italiano che meglio ha rappresentato le due commedie italiane, del fascismo e dell'erotismo in rapporto tra loro e come a specchio di un paese in cui il rispetto della vita privata e delle idee di ciascuno e di tutti, il senso della libertà individuale, sono assolutamente ignoti. Il fascismo e l'erotismo però sono anche, nel nostro paese, tragedia: ma Brancati ne registrava le manifestazioni comiche e coinvolgeva nel comico anche le situazioni tragiche. ([[Leonardo Sciascia]])
*Ho sempre amato questo scrittore e gli debbo molto. Certe sue pagine posso dire di averle addirittura vissute. ([[Leonardo Sciascia]])
*Il limite fondamentale di uno scrittore così dotato come Brancati sta nel fatto che egli tende a esemplificare la sua interessante problematica, che investe profondamente proprio la diseducazione italiana, su casi dati per natura, e quindi ne vanifica la necessità, riducendola alla casuale fisiologia del Bell’Antonio o di Paolo il Caldo. Questi limiti sono anche limiti artistici: Brancati non riesce a concludere un romanzo perché la natura non conclude mai, se non con la morte, e gli impotenti restano impotenti, e i caldi, caldi. ([[Cesare Cases, ''Opinioni su ''Metello'' e il neorealismo'', “Società”, Roma, XI (1955), n. 6; poi in ''Patrie lettere'', Einaudi 1987]])
*Il suo istinto era di considerare la donna o come un essere angelicato o come un essere di piacere; la sua ragione invece lo portava a trovare un connubio tra questi due aspetti. ([[Anna Proclemer]])
*La Sicilia era fondamentale per lui, anche se era una forma di amore e odio perchè la Sicilia gli dava l'ispirazione, il materiale per la sua arte, e nello stesso tempo gli dava, per oscure radici proprio genetiche, la ragione di certe sue angoscie e contraddizioni. Non poteva farne a meno e l'amava e l'odiava allo stesso tempo. ([[Anna Proclemer]])
*Passava i giorni con [[Telesio Interlandi|Interlandi]].<ref>«Telesio Interlandi, direttore di "Tevere", fascista e filogermanico». {{cfr}} Roberto Gervaso, ''Ve li racconto io'', Milano, Mondadori, 2006, p. 88.</ref> Fu redattore di "Quadrivio" e scrisse una commedia intitolata ''Piave'', nella quale appariva il duce in cielo. [[Benito Mussolini|Mussolini]] ricevette Brancati e si congratulò con lui. Tutto questo non ha valore, perché Brancati, "il Mondo" e tutta la compagnia liberale è destinata a finire a calci nel sedere e a leccare le scarpe al prossimo dittatore. Non c'è scampo. ([[Leo Longanesi]])
*Il limite fondamentale di uno scrittore così dotato come Brancati sta nel fatto che egli tende a esemplificare la sua interessante problematica, che investe profondamente proprio la diseducazione italiana, su casi dati per natura, e quindi ne vanifica la necessità, riducendola alla casuale fisiologia del Bell’Antonio o di Paolo il Caldo. Questi limiti sono anche limiti artistici: Brancati non riesce a concludere un romanzo perché la natura non conclude mai, se non con la morte, e gli impotenti restano impotenti, e i caldi, caldi. (Cesare Cases, ''Opinioni su ''Metello'' e il neorealismo'', “Società”, Roma, XI (1955), n. 6; poi in ''Patrie lettere'', Einaudi 1987)
 
==Note==