Alberto Moravia: differenze tra le versioni

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*Un disgusto opaco l'opprimeva; i suoi pensieri non erano che aridità, deserto; nessuna fede, nessuna speranza alla cui ombra riposare e rinfrescarsi; la falsità e l'abbiezione di cui aveva pieno l'animo egli le vedeva negli altri, sempre, impossibile strapparsi dagli occhi quello sguardo scoraggiato, impuro che si frapponeva tra lui e la vita; un po' di sincerità, si ripeteva riaggrappandosi alla sua vecchia idea fissa, "un po' di fede… e avrei ucciso Leo… ma ora sarei limpido come una goccia d'acqua."<br />Si sentiva soffocare; guardò Lisa, pareva contenta: "Come vivi?" avrebbe voluto gridarle: "sinceramente? con fede? dimmi come riesci a vivere." I suoi pensieri erano confusi, contraddittori: "E ancora" pensava con un brusco, disperato ritorno alla realtà, "forse questo dipende soltanto dai miei nervi scossi… forse non è che una questione di denaro o di tempo o di circostanze." Ma quanto più si sforzava di ridurre, di semplificare il suo problema, tanto più questo gli appariva difficile, spaventoso. "È impossibile andare avanti così." Avrebbe voluto piangere; la foresta della vita lo circondava da tutte le parti, intricata, cieca; nessun lume splendeva nella lontananza: "impossibile." (XVI; p. 284)
*Quando non si è [[sincerità|sinceri]] bisogna fingere, a forza di fingere si finisce per credere; questo è il [[principio]] di ogni [[fede]].
 
====Citazioni su ''Gli indifferenti''====
*Già restando all’internoall'interno della decadenza era riuscito a Moravia, ne ''Gli indifferenti'', di rappresentare il disfacimento morale come prodotto di una situazione di fermo, di un ingorgo storico, e con ciò egli aveva genialmente anticipato molto “essere"essere-nel-mondo”mondo" del posteriore esistenzialismo. Qui la decadenza italiana, scrutando se stessa, si elevava al livello europeo. ([[Cesare Cases, ''Opinioni su ''Metello'' e il neorealismo'', “Società”, Roma, XI (1955), n. 6; poi in ''Patrie lettere'', Einaudi 1987]])
 
===''Il conformista''===
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*Per me è il più grande scrittore italiano del Novecento. È il solo vero romanziere, il solo vero narratore. Sa usare una lingua molto limpida e molto precisa. Quando affronta storie complicate dal punto di vista ideologico come ''Il conformista'' e ''La ciociara'' usa la stessa lingua impiegata in altre storie semplici e lineari come ''Agostino'', ''Inverno di malato'' e ''La disubbiendenza''. ([[René de Ceccatty]])
*Si serviva del sesso per capire il mondo, per questo la sessualità per lui non era mai distruttrice al contrario che per [[Pier Paolo Pasolini|Pasolini]]. Anche se i rapporti tra amanti sono difficili, secondo Moravia non distruggono le loro identità. ([[René de Ceccatty]])
*Già restando all’interno della decadenza era riuscito a Moravia, ne ''Gli indifferenti'', di rappresentare il disfacimento morale come prodotto di una situazione di fermo, di un ingorgo storico, e con ciò egli aveva genialmente anticipato molto “essere-nel-mondo” del posteriore esistenzialismo. Qui la decadenza italiana, scrutando se stessa, si elevava al livello europeo. (Cesare Cases, ''Opinioni su ''Metello'' e il neorealismo'', “Società”, Roma, XI (1955), n. 6; poi in ''Patrie lettere'', Einaudi 1987)
 
==Note==