Giorgio Vasta: differenze tra le versioni

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*È vero, penso, Tardelli e Bettega sono belli, ma in [[Romeo Benetti]] c’è una dignità asciutta, non italiana e addirittura anti-italiana, un nitore che lo rende, sul campo, vertice e nucleo. (p. 83)
*Quando avanza palla al piede, [[Romeo Benetti|Benetti]] tiene la testa sollevata e osserva feroce il campo estorcendogli spazio. Il suo torace grande e azzurro si riempie di sole, e tutta la squadra se ne sta dietro a quel torace, si fa femmina difesa dal maschio. (p. 83)
*Ogni volta provo vergogna, continua. Perché mi sembra che quei personaggi avvitandosi su se stessi si stiano avvitando al nostro essere italiani, alla nostra patetica identità nazionale che risolve sempre la lotta in farsa. (p. 102)
*Scarmiglia si rannicchia sulla sabbia, su un fianco, un braccio piegato, la mano abbandonata sull’anca, la testa leggermente reclinata a sinistra: Aldo Moro che muore e nasce dall’utero metallico della Renault 4. Nel giro di due mesi abbiamo visto quella foto così tante volte che per noi è diventata la foto di tutte le morti. Rannicchiarsi così vorrà dire «morire». (106)
*Nel corso del tempo, invece, lo Spago è riuscita a inoculare in me la paura di tutto, partendo da un’idea di educazione come immobilità e scomparsa. Giocare con la sabbia senza muovere la sabbia; se hai mangiato, niente bagno prima di quattro ore; non disturbare, non respirare, ma non permetterti di morire. La vergogna di essere vivi. Limitarsi a immaginare il gioco, a supporre di nuotare. Madri che allevano figli fobici e immaginifici. La trasmissione matrilineare delle paure. (p. 108)
*A volte accendo la televisione. Di pomeriggio fanno dei film. Don Camillo e Peppone, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia. L’Italia capisce solo le maschere, i personaggi a una dimensione. Vieni avanti cretino. La paura del Sarchiapone. Appena un personaggio si fa più complesso diventa subito sospetto. (p. 118)
*Io ho vergogna della paura, è vero, però ho bisogno di poter dire che ho paura. Perché la paura è uno strumento. Serve a conoscere, a capire. La paura deve esserci. Solo che per me c’è sempre. (p. 120)
 
==Note==