Alberto Moravia: differenze tra le versioni

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==Citazioni di Alberto Moravia==
*{{NDR|A [[Segesta]]}} Ascesi così, con gli occhi rivolti a terra e il sangue invaso da un fitto benessere, che mi pareva emanare dal luogo: finalmente levai lo sguardo e mi accorsi allora che ero sotto il tempio.<ref name=segesta>Citato in Ernesto Di Lorenzo, ''[http://palermo.repubblica.it/dettaglio/quando-segesta-affascino-alberto-moravia/1401211 Quando Segesta affascinò Alberto Moravia]'', ''la Repubblica'', 6 dicembre 2007.</ref>
*Debbo a [[Vitaliano Brancati]], scrittore da me stimato, la visione d'un [[tramonto]] unico: non alla Plaja ma al [[teatro greco di Siracusa]], là dove il mare dei greci è il giusto fondale.<ref>Moravia citatoCitato in Igor Man, ''Igor d'Arabia'', a cura di Marcello Sorgi, MarcelloAragno, ‎Man IgorTorino, 2012.</ref>
*Gli uomini veramente di profondo senso religioso non si scandalizzano mai. Insomma, non credo che Cristo si scandalizzasse mai... [...] Anzi non si è mai scandalizzato. Si scandalizzavano i farisei.<ref>Dal film-documentario ''[[Comizi d'amore]]'' (1964) di [[Pier Paolo Pasolini]]; citato in Pier Paolo Pasolini, ''Per il cinema'', a cura di Walter Siti e Franco Zabagli, Mondadori, Milano.</ref>
*Guardando la mano di Cora che si abbarbica sul vetro nero della bottiglia con le dita lunghe e bianche, e al fiotto schiumoso che a scosse ripetute e successive, erompe nei bicchieri; non posso fare a meno, dico, di pensare che a quello stesso modo, nella casa di Cora, al momento dell'orgasmo, erompe, dopo una lunga preparazione, il seme maschile.<ref>Da ''L'attenzione'', Bompiani, Milano, p. 84.</ref>
*I giovani del [[Sessantotto]], e quelli che sono venuti dopo, pensano che il mondo vada cambiato, cambiato con la violenza, ma non vogliono sapere perché, e come cambiarlo. Non vogliono conoscerlo, e dunque non vogliono conoscere se stessi.<ref>Da ''Cronologia'', in Alberto Moravia, ''Teatro'', Bompiani, Milano, 2004, vol. I, p. 90.</ref>
*{{NDR|Su ''[[8½]]''}} Il personaggio di Fellini è un erotomane, un sadico, un masochista, un mitomane, un pauroso della vita, un nostalgico del seno materno, un buffone, un mistificatore e un imbroglione. Per qualche aspetto rassomiglia un po' a Leopold Bloom, l'eroe dell'''[[James Joyce#Ulisse|Ulysses]]'' di [[James Joyce|Joyce]] che [[Federico Fellini|Fellini]] mostra in più punti di aver letto e meditato. Il film è tutto introverso, ossia, in sostanza, è un monologo interiore alternato a radi squarci di realtà. La nevrosi dell'impotenza è illustrata da Fellini con una precisione clinica impressionante e, forse, talvolta persino involontaria. [...] I sogni di Fellini sono sempre sorprendenti e, in senso figurativo, originali; ma nei ricordi traluce un sentimento più delicato e più profondo. Per questo i due episodi dell'infanzia nella rustica casa romagnola e della fanciullezza con il primo incontro con la donna sulla spiaggia di Rimini, sono i più belli del film e tra i più belli di tutta l'opera di Fellini.<ref>Da ''L'Espresso'', 17 febbraio 1963; citato in Claudio G. Fava, Aldo Viganò, ''I film di Federico Fellini'', Gremese, Roma, 1995, [https://books.google.it/books?id=DNMSsPUpWnoC&pg=PA108#v=onepage&q&f=false p. 108]. ISBN 88-767605-05931931-8</ref>
*Sarebbe stato probabilmente fascista {{NDR|[[Federigo Tozzi]]}} se non fosse morto ancora giovane per una polmonite, che si buscò andando in motocicletta da Siena a Roma.<ref>Da ''Intervista sullo scrittore scomodo'', a cura di N. Ajello, Laterza, Bari, 1978, p. 118.</ref>
*{{NDR|A [[Segesta]]}} Il sentiero pareva essere quello antico, con i gradini a cordonata e le pietre esagonali. A misura che salivo, m'investiva un calore vivificante. Il sole illuminava le rosse colonne fino a tre quarti della loro statura; sui capitelli rotondi era l'ombra dell'alto frontone; e parevano persone ritte nella luce, con la faccia riparata e gli occhi nascosti. Il verso liquido dei neri uccelli cui il luogo silenzioso ed attonito rifiutava la benché minima eco, la folta erbaccia che cresceva sul suolo interno del tempio, la vista sfondata delle montagne lontane tra l'una colonna e l'altra, sul capo il cielo dove un tempo era stato il soffitto; e nonostante questi segni di desolazione e d'abbandono, il nessun senso di rovina, l'accordo insomma del tempio con la natura circostante come se fosse stato costruito per starsene così solo e vuoto e non per riti solenni di un popolo vivente; fu questo contrasto, o meglio questa mancanza di contrasto, questa serenità, ciò che mi fece a prima vista impressione.<ref name=segesta/>
*L'[[uomo]] vuole sempre [[speranza|sperare]]. Anche quando è convinto di essere disperato.<ref>Da ''Il disprezzo''.</ref>
*La storia dell'umanità non è che un lungo sbadiglio di noia.<ref>Da ''La romana''.</ref>
*{{NDR|Su [[Pier Paolo Pasolini]]}} La sua fine è stata al tempo stesso simile alla sua opera e dissimile da lui. Simile perché egli ne aveva già descritto, nei suoi romanzi e nei suoi film, le modalità squallide e atroci, dissimile perché egli non era uno dei suoi personaggi bensì una figura centrale della nostra cultura, un poeta che aveva segnato un'epoca, un regista geniale, un saggista inesauribile.<ref>Da ''Ma che cosa aveva in mente?'', ''L'Espresso'', 9 novembre 1975; citato in Antonio Tricomi, ''Pasolini: gesto e maniera'', Rubbettino, Soveria Mannelli, 2005, [https://books.google.it/books?id=4GEbLBR4nGUC&pg=PA129#v=onepage&q&f=false p. 129]. ISBN 88-49498-813101310-4</ref>
*Le [[Esperienza|esperienze]] che contano sono spesso quelle che non avremmo mai voluto fare, non quelle che decidiamo noi di fare.<ref>Da ''Breve autobiografia letteraria'', in ''Opere 1927-1947'', a cura di G. Pampaloni, Bompiani, Milano, 1986.</ref>
*Niente ha successo come il [[successo]].<ref>Da ''Breve autobiografia letteraria''.</ref>
*Non tutti i [[delitti]] hanno riflessi [[società|sociali]]. [...] Ma ci sono delitti, invece, in cui tutto è sociale, dall'arma usata all'ambiente fisico, dai caratteri dei protagonisti al loro modo di vita, tutto, perfino il dolore, perfino il peccato, perfino la riparazione, perfino il pentimento.<ref>Da ''L'Europeo'', 1952, n. 2, p. 7.</ref>
*{{NDR|Su ''[[La dolce vita]]''}} Pur tenendosi costantemente a un alto livello espressivo, Fellini pare cambiar maniera secondo gli argomenti degli episodi, in una gamma di rappresentazione che va dalla caricatura espressionista fino al più asciutto neorealismo. In generale si nota un'inclinazione alla deformazione caricaturale dovunque il giudizio morale si fa più crudele e più sprezzante, non senza una punta, del resto, di compiacimento e di complicità, come nella scena assai estrosa dell'orgia finale o in quella della festa dei nobili, ammirevole quest'ultima per sagacia descrittiva e ritmo narrativo.<ref>Da ''L'Espresso'', 14 febbraio 1960; citato in Claudio G. Fava, Aldo Viganò, ''I film di Federico Fellini'', Gremese, Roma, 1995, [https://books.google.it/books?id=DNMSsPUpWnoC&pg=PA96&lpg=PA96#v=onepage&q&f=false p. 96]. ISBN 88-767605-05931931-8</ref>
*Ricordo un mio viaggio in Israele. A Gerusalemme mi ha fatto da guida il sindaco Teddy Kollek. Mentre percorrevo la [[Via Crucis]], a un certo punto mi ha detto: "Qui Lui è caduto sotto la Croce!". Non nascondo che mi è venuto un nodo alla gola. Non riesco ad avere l'idea di un Dio Padre astratto; per me Dio è Gesù. Nessuno ha parlato come Lui: beati quelli che non contano, i poveri, gli infelici...<ref>Citato in [[Mario Canciani]], ''Vita da prete'', Mondadori, Milano, 1991, p. 88.</ref>
*[[Roma]] ha l'[[osteria]], luogo popolaresco, un po' [[buio]], bonario, con tavole di marmo, boccali di [[vino]], belle insegne rossastre con le scritte: «Vino dei Castelli a tanto il litro».<ref>Da ''Viaggio in Inghilterra'', p. 21.</ref>
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===Citazioni===
*Quando non si è [[sincerità|sinceri]] bisogna fingere, a forza di fingere si finisce per credere; questo è il [[principio]] di ogni [[fede]].
*Un disgusto opaco l'opprimeva; i suoi pensieri non erano che aridità, deserto; nessuna fede, nessuna speranza alla cui ombra riposare e rinfrescarsi; la falsità e l'abbiezione di cui aveva pieno l'animo egli le vedeva negli altri, sempre, impossibile strapparsi dagli occhi quello sguardo scoraggiato, impuro che si frapponeva tra lui e la vita; un po' di sincerità, si ripeteva riaggrappandosi alla sua vecchia idea fissa, "un po' di fede… e avrei ucciso Leo… ma ora sarei limpido come una goccia d'acqua."<br />Si sentiva soffocare; guardò Lisa, pareva contenta: "Come vivi?" avrebbe voluto gridarle: "sinceramente? con fede? dimmi come riesci a vivere." I suoi pensieri erano confusi, contraddittori: "E ancora" pensava con un brusco, disperato ritorno alla realtà, "forse questo dipende soltanto dai miei nervi scossi… forse non è che una questione di denaro o di tempo o di circostanze." Ma quanto più si sforzava di ridurre, di semplificare il suo problema, tanto più questo gli appariva difficile, spaventoso. "È impossibile andare avanti così." Avrebbe voluto piangere; la foresta della vita lo circondava da tutte le parti, intricata, cieca; nessun lume splendeva nella lontananza: "impossibile." (XVI; p. 284)
*Quando non si è [[sincerità|sinceri]] bisogna fingere, a forza di fingere si finisce per credere; questo è il [[principio]] di ogni [[fede]].
 
==''I racconti''==
*[[Anima]] è quello che appartiene a tutti e a nessuno. Anima è amore. Anima è idea. Anima è libertà. Anima è Dio. (da ''La solitudine'')
*C'è nei [[sogno|sogni]], specialmente in quelli generosi, una qualità impulsiva e compromettente che spesso travolge anche coloro che vorrebbero mantenerli confinati nel limbo innocuo della più inerte fantasia. (da ''L'avaro'')
*Le amicizie non si scelgono a caso ma secondo le passioni che ci dominano. (da ''La provinciale'')
 
==''Il conformista''==
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*L'[[invidia]] è come una palla di gomma che più la spingi sotto e più ti torna a galla e non c'è verso di ricacciarla nel fondo.
*La [[disoccupazione]] è una cosa per il disoccupato e un'altra per l'occupato. Per il disoccupato è come una malattia da cui deve guarire al più presto, se no muore; per l'occupato è una malattia che gira e lui deve stare attento a non prenderla se non vuole ammalarsi anche lui.
*Le [[Donna|donne]] sono come i camaleonti, che dove si posano prendono il [[colore]]. (da ''La fortuna di Irene'')
 
==''Racconti romani''==
*Per una donna i [[Corteggiamento|corteggiatori]] sono come le collane e i braccialetti: ornamenti di cui, se può, preferisce di non disfarsi. (da ''L'amicizia'')
*Quando si agisce è segno che ci si aveva pensato prima: l'[[azione]] è come il verde di certe piante che spunta appena sopra la terra, ma provate a tirare e vedrete che radici profonde. (da ''L'incosciente'')
*Si vede che lo [[sport]] rende gli uomini cattivi, facendoli parteggiare per il più forte e odiare il più debole. (da ''Perdipiede'')
*Vedi, non c'è [[coraggio e paura|coraggio]] e non c'è [[coraggio e paura|paura]]... ci sono soltanto coscienza e incoscienza... la coscienza è paura, l'incoscienza è coraggio. (da ''L'incosciente'')
 
==[[Incipit]] di alcune opere==
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*Alberto Moravia, ''1934'', Bompiani, Milano, 1982.
*Alberto Moravia, ''Agostino'', Einaudi, Torino.
*Alberto Moravia, ''Gli indifferenti'', Bompiani, Milano, 1995. ISBN 88-45452-246244624-8
*Alberto Moravia, ''I racconti'', Bompiani, Milano.
*Alberto Moravia, ''Il conformista'', Bompiani, Milano, 1998. ISBN 88-45452-237973797-4
*Alberto Moravia, ''Il viaggio a Roma'', Bompiani, Milano, 1988.
*Alberto Moravia, ''Io e lui'', Bompiani, Milano, 1974.
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*Alberto Moravia, ''La ciociara'', Bompiani, Milano, 1960.
*Alberto Moravia, ''La disubbidienza'', Bompiani, Milano, 1948.
*Alberto Moravia, ''La noia'', Bompiani, Milano. ISBN 978-88-45452-250475047-7
*Alberto Moravia, ''La romana'', Bompiani, Milano.
*Alberto Moravia, ''La villa del venerdì'', Bompiani, Milano, 1992. ISBN 88-452-1877-5
*Alberto Moravia, ''Le ambizioni sbagliate'', Bompiani, Milano, 1998. ISBN 88-45452-235713571-8
*Alberto Moravia, ''Nuovi racconti romani'', Bompiani, Milano.
*Alberto Moravia, ''Palocco'', Bompiani, Milano, 1990. ISBN 88-452-1647-0.