Utente:Caramelize donorz/Citazioni memorabili: differenze tra le versioni

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*L'entusiasmo è soprattutto il comune retaggio della devozione male intesa.
*La nostra miserabile specie è cosí fatta, che quelli che camminano sulle vie battute gettano sempre sassi a quelli che insegnano le nuove vie.
 
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*Tutti gli impulsi istintuali di un animale selvatico sono congegnati in modo da volgersi infine a vantaggio suo e della specie cui appartiene. Nello spazio vitale di un animale non esiste conflitto fra le sue inclinazioni e un certo «dovere»: tutti gli impulsi interiori sono «buoni». Per l’uomo è andata perduta questa armonia paradisiaca, e le funzioni specificamente umane, come il linguaggio e il pensiero concettuale, hanno permesso l’accumulazione e la trasmissione di un sapere comune. Di conseguenza l’evoluzione storica dell’umanità segue un ritmo enormemente più veloce dell’evoluzione puramente organica, filogenetica, di tutti gli altri esseri viventi. Però gli istinti, cioè le modalità innate di azione e di reazione, rimangono legati anche nell’uomo al ritmo evolutivo degli organi, che è considerevolmente più lento, e non riescono a tenere il passo con la sua evoluzione storico-culturale: quindi le «tendenze naturali» non sono più perfettamente sincronizzate con le condizioni di civiltà in cui l’uomo è venuto a trovarsi ad opera delle sue attività mentali. Non si può dire che egli sia cattivo sin dall’infanzia, ma non è neppure abbastanza buono per corrispondere alle esigenze della società umana colta e civile che egli stesso ha creato. E a differenza dell’animale selvatico, l’uomo civilizzato (e in questo senso tutti gli uomini sono creature civilizzate) non può più affidarsi ciecamente a quanto gli suggeriscono gli istinti. Molti individui si pongono in così aperto contrasto con le esigenze della società umana, che anche l’osservatore più ingenuo può senz’altro riconoscere in loro dei nemici della cultura e della società. La voce dell’istinto, cui l’animale selvatico, nello spazio vitale in cui si trova naturalmente collocato, può ubbidire senza freni, perché essa lo consiglia sempre per il bene dell’individuo e della specie, nell’uomo diviene anche troppo spesso fonte di suggestioni perniciose, ed è tanto più pericolosa in quanto ci parla nello stesso linguaggio in cui ci si manifestano anche altri impulsi, ai quali ancor oggi non solo possiamo, ma dobbiamo ubbidire. L’uomo è quindi costretto a vagliare alla luce del pensiero concettuale ogni singolo impulso, per rendersi conto se gli è lecito seguirlo senza offendere i valori di civiltà da lui stesso creati. Però, se è vero che avendo gustato i frutti dell’albero della conoscenza l’uomo ha dovuto abbandonare il paradiso di una vita puramente istintuale e animalescamente sicura, circoscritta e adattata a uno spazio vitale ben delimitato, è anche vero che questi frutti gli hanno dato la possibilità di estendere il proprio spazio vitale sino ai confini del mondo, e di riproporsi ogni volta la domanda: «Posso cedere all’inclinazione che mi assale, o non comprometto in tal modo i più alti valori della società umana? Che cosa accadrebbe se tutti seguissero l’impulso che muove me in questo momento?». O, per usare una formulazione kantiana trasposta in termini biologici: «Posso elevare la regola della mia azione a legge naturale universale?».<br />Ogni vera morale intesa nel senso più alto, e più umano, presuppone delle attività mentali di cui nessun animale è capace. Però, d’altro canto, la responsabilità non sarebbe possibile senza determinati fondamenti emotivi: anche nell’uomo il senso di responsabilità è saldamente radicato nei profondi «strati» istintuali della sua vita psichica. L’uomo non può fare tutto ciò che gli permetterebbe la fredda ragione: può accadere che il sentimento si opponga in modo inequivocabile a un’azione i cui motivi etici siano del tutto ineccepibili, e guai a colui che in questo caso darà ascolto alla voce dell’intelletto e non a quella del sentimento. ([[Konrad Lorenz]])