Edmondo Aroldi: differenze tra le versioni

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'''Edmondo Aroldi''' (–), scrittore, bibliografo e critico letterario italiano.
 
{{Int|''Intervista a Giulio Andreotti''|''La lettura'', diretta da Mario Spagnol, Rizzoli Editore, maggio 1977|h=2}}
'''Edmondo Aroldi''': A leggere certi suoi libri, per esempio ''Pranzo di magro per il cardinale'', ''La sciarada di Papa Mastai'' e soprattutto quell'inquietante giallo storico-politico che è ''Ore 13: il ministro deve morire'', viene da pensare che lei ricorra, per usare un'etichetta di comodo, a una specie di linguaggio esopico. Eleganti e serene crudeltà allusive, ironici veleni più suggeriti che propinati e tuttavia non meno pericolosi, sorridenti acidità che lasciano il segno, personaggi dietro i quali è inevitabile cercare di capire dove inizia e finisce in presenza autobiografica dell'autore, il riferimento al contemporaneo mimetizzato nel racconto storico, il gusto d'occultare nella favola politica ben architettata e documentata una lezione d'attualità, connessa per fili diretti al presente. È possibile che lei ricorra a un linguaggio del genere perché ha vissuto in proprio un'esperienza che un grande cardinale del Seicento, Retz, ha così sintetizzato nei suoi ''Mémoires'': «Nei partiti è più difficile vivere con quelli che ne fanno parte, che agire contro quelli che vi sono contro?»<br>
'''[[Giulio Andreotti]]''': Non mi sembra che vi sia contraddizione tra il ruolo di uomo di squadra – indeclinabile per chi fa politica in tempi di suffragio universale e di articolazioni in partiti – e la gelosa conservazione di una sfera personale in cui ''vivere'' e ''sentire'' senza alcun condizionamento da integrazione.<br>Quando scrivo un libro non mi estraneo dal mio impegno politico anche se cerco di immedesimarmi a fondo nelle situazioni studiate e descritte, attualizzandole e prendendole in un certo senso a prestito.<br>Credo fermamente ai ricorsi storici ed in qualche modo alla immutabilità della subcoscienza collettiva delle città e delle popolazioni. [...]<br>'''Edmondo Aroldi''': I critici più attenti e meno disposti all'indulgenza riconoscono, da anni e anni, con ambivalente ammirazione appena temperata da inevitabili riserve, che lei è una persona ricca di cultura, con un gusto sicuro e di una classe non certo comune. [..] Quali sono, se ne ha, i suoi «libri da comodino»? C'è un romanzo che predilige particolarmente? Un pensatore verso il quale ha debiti speciali?<br>'''Giulio Andreotti''': [...] Da studente, la lettura dei classici, che di solito si subisce come una tortura, a me piacque molto. È nata forse lì una mia simpatia per [[Cicerone]], che mi portò fino a presiedere un istituto di studi sul grande Arpinate.<br>[...] In quanto ai romanzi – se vogliamo trascurare una divertente parentesi giovanile per Wodehouse, ma che disillusione rileggerlo ora... – non ho avuto né ho particolari preferenze.[...] Tra gli autori di ieri, a [[Antonio Fogazzaro|Fogazzaro]] va la mia convinta simpatia. Ma resta per me insuperata l'attrattiva verso la stupenda costruzione logica delle pagine di [[Pascal|Biagio Pascal]]. [...] Chiederei di essere esentato dal parlare di contemporanei, molti dei quali seguo – nei limiti di tempo che mi sono consentiti – e apprezzo. Ma non vorrei assumere le funzioni di un giudice. [...]<br>'''Edmondo Aroldi''': Verso quale dei sette peccati capitali Giulio Andreotti, uomo e scrittore, pensa di poter essere più indulgente?<br>'''Giulio Andreotti''': Chiudo un occhio sui peccati di gola purché non si consumino con troppi generi d'importazione danneggiando la bilancia commerciale. Almeno per l'attuale periodo perfezionerei un famoso detto popolare: «Moglie, cibi e buoi...», comprendendo in questi ultimi soprattutto quelli destinati a bistecche.
 
{{Int|''Intervista a Norberto Bobbio''|''La lettura'', diretta da Mario Spagnol, Rizzoli Editore, dicembre 1977|h=2}}
'''Edmondo Aroldi''': Ai non addetti ai lavori giungono, specie negli ultimi tempi, sempre più frequenti e allarmanti enunciazioni del pensiero filosofico. Sono notizie che li inducono a convincersi di vivere in un'epoca di gravi perdite. Per esempio, dopo [[Dio]], si sentono dire che anche [[Karl Marx|Marx]] è morto. Si tratta di un decesso incerto e controverso. Che cosa risponderebbe a chi credesse rozzamente: insomma, professore, Marx è morto o no?<br>'''[[Norberto Bobbio]]''': Non credo alle formule definitive. Un'impostazione della storia come aut-aut è contraria al mio modo di pensare. La storia è molto più complessa, è un errore interpretarla per svolte, non c'è qualcosa che veramente finisce, c'è sempre continuità. Per quanto riguarda il [[marxismo]], mi sembra che non si possa dire che Marx sia morto. Non è un'affermazione nuova, ogni tanto qualcuno l'ha fatta propria, è quindi una presunta novità, è ormai trascorso quasi un secolo da quando [[Benedetto Croce|Croce]] ha scritto'' Come nacque e come morì il marxismo teorico in [[Italia]]''. Va da sé che in certi periodi il marxismo non ha esercitato particolare influenza nel nostro paese. Per esempio, mancavano grandi studi quando [[Giovanni Giolitti|Giolitti]] parlò di «Marx in soffitta». Ma sono cose note che, semplificandocolloquialmente, si possono definire le tre successive fasi del marxismo in Italia... Se Marx è morto, lo è per qualche filosofo deluso dalla storia del mondo. Stenderne il certificato di morte è quanto meno prematuro e superficiale.
 
{{Int|''Eric Ambler''|introduzione a [[Eric Ambler]], ''La maschera di Dimitrios'', Oscar Mondadori, 1972|h=2}}
====[[Incipit]]====
Quante buone ragioni hanno gli spregiatori dei romanzi polizieschi! Uno di loro, e sono legione, dall'alto di una eccezionale esperienza di critico letterario e a chiusura di un polemico concetto a più voci pro e contro la letteratura gialla, scriveva nel 1945:<br>''Ai lettori accaniti di gialli allora io dico; per favore, non scrivetemi altre lettere per dirmi che non ho letto i libri giusti. E ai sette corrispondenti che sono del mio parere, dei quali alcuni mi hanno ringraziato per averli aiutati a liberarsi da un'abitudine che loro stessi consideravano una perdita di tempo e una degradazione dell'intelligenza, ma di cui erano divenuti schiavi per conformismo e per l'enorme suggestione degli invocati esempi di [[Woodrow Wilson]] e di [[André Gide]], a questi spiriti saldi e puri io dico: amici, rappresentiamo una minoranza, ma la letteratura è dalla nostra parte. Con tanti bei libri da leggere e da studiare e da conoscere, non c'è nessuna ragione di attediarsi con questo ciarpame. E con la penuria di carta che assilla gli editori e con tanti scrittori di prim'ordine che non riescono a farsi stampare, faremo bene a scoraggiare lo spreco di carta, che potrebbe essere destinasta a un uso migliore.'' {{NDR|[[Edmund Wilson]]}}
 
====Citazioni====
*{{NDR|[[Eric Ambler]]}} Un maestro del romanzo poliziesco e di spionaggio, un classico della narrativa sull'intrigo internazionale, e, guarda caso, uno scrittore di razza. (p. 6)
*{{NDR|La maschera di Dimitrios }} Una ''causa movens'' banale, quasi deviante rispetto agli ulteriori sviluppi di un intricatissimo intreccio, fa esplodere una trama semplice e lineare che si espande a macchia d'olio, in un caos di particolari, fino a distribuirsi in un razionale labirinto, dove tutto torna e si lega, con logica impeccabile, nella soluzione finale. (p. 8)
*Una precisione da analista nel rendere, anche in poche righe, il carattere, la fisionomia, il comportamento di figure secondarie, nel sottolineare e fissare, sia pure in situazioni di breve momento, sfumature e implicazioni «lontane» che hanno un'importanza decisiva ai fini della narrazione. (p. 9)
 
{{Int|''È «Scientifico»: Gli ebrei non sono degli italiani''|Historia, n. 245, luglio 1978, Cino del Duca|h=2}}
====[[Incipit]]====
«L'antisemitismo è il socialismo degli imbecilli». L'immaginosa e calzante definizione di [[Lenin]] e, se corrisponde alla verità, i fascisti si convertirono ufficialmente a questa specialissima forma di socialismo quarant'anni orsono. Per l'esattezza il 14 luglio 1938, con un documento ricordato nella storia con il nome di ''[[Manifesto degli scienziati razzisti]]''.<br>Prima di quella lontana data, la vita politica, culturale e sociale del nostro Paese, non escluso il periodo successivo alla conquista del potere da parte di [[Benito Mussolini|Mussolini]], era sempre stata immune da allarmanti fenomeni di odio razziale e, in particolare, da considerevoli manifestazioni occulte o palesi di antisemitismo.
 
====Citazioni====
*Il razzismo fascista, cattiva copia dell'antisemitismo nazista, superò in ignominia e in barbarie addirittura quest'ultimo.