Emily Dickinson: differenze tra le versioni

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*È strano che una [[promessa]] sia viva, e fulgida, quando il giorno in cui è stata concepita, è ormai polvere [...]. (a William Cowper Dickinson, 14 febbraio 1849, 27<ref group="fonte" name=bXX/>)
*[...] è così irritante essere letti come un libro sbagliato quando quello giusto non è a portata di mano. (a Joel Warren Norcross, 11 gennaio 1850, 29<ref group="fonte" name=bXX/>)
*InSono questoandati momentovia sonotutti occupata principalmentecredevano condi unavermi [[raffreddore]]lasciata sola, e lahanno carasistemato creaturale cose per svagarmi se fossero stati via a lungo, e ''richiedeio'' cosìmi tantefossi attenzionisentita sola. Altro che ilsola mio temponon sihanno dileguaguardato, e non avrebbero visto se l'avessero fatto, chi mi teneva compagnia. ''Tre'' qui invece di una – non li avrebbe spaventati? Un curioso trio, due di noi parte terrene e parte spirituali – l'altro tutto cielo, e niente terra. ''[[Dio]]'' è seduto qui, guardandomi nel profondo dell'anima per vedere se penso i pensieri giusti. Eppure non ho paura, perché cerco di essere giusta e buona, e lui conosce tutti i miei sforzi. Ha un aspetto molto glorioso, e qualsiasi cosa splendente sembra opaca in modoconfronto a lui, e non oso guardarlo direttamente per paura di sorprendentemorire. (ad Abiah Root, 29 gennaio 1850, 31<ref group="fonte" name=bXXX>In ''[http://www.emilydickinson.it/l0031-0040.html Le lettere 31-40]'', ''EmilyDickinson.it'', traduzione di G. Ierolli.</ref>)
*In questo momento sono occupata principalmente con un [[raffreddore]], e la cara creatura ''richiede'' così tante attenzioni che il mio tempo si dilegua in modo sorprendente. (ad Abiah Root, 29 gennaio 1850, 31<ref group="fonte" name=bXXX/>)
*A dirlo sinceramente, il morso di un [[serpente]] è una questione seria, e su tale materia non si dirà, o farà, mai troppo. I serpenti grossi mordono più profondamente, e noi siamo così abituati ai loro morsi che non ci badiamo. (ad Abiah Root, 29 gennaio 1850, 31<ref group="fonte" name=bXXX/>)
*I [[raffreddore|raffreddori]] rendono molto carnali e lo spirito ha sempre paura di loro. (ad Abiah Root, 29 gennaio 1850, 31<ref group="fonte" name=bXXX/>)
*Ma il mondo dorme nell'ignoranza e nell'errore, signore, e noi dobbiamo essere galli esultanti, e allodole canterine, e sole nascente per svegliarlo; oppure sradicare la società alla radice, e piantarla da un'altra parte. Costruiremo Ricoveri, e straordinarie Prigioni, e patiboli – spegneremo il sole, e la luna, e stimoleremo scoperte. Alpha bacerà Omega – noi saliremo fino al picco della gloria. (a George H. Gould?, febbraio 1850, 34<ref group="fonte" name=bXXX/>)
*Non credo che ci sarà luce del sole, o uccelli canterini nella primavera che sta arrivando; cercherò una tomba prematura, quando l'erba diventerà verde; amerò invitare là gli uccelli se hanno una musica gentile, e i più dimessi tra i fiori di campo, e gli umili, malinconici insetti. Com'è preziosa la tomba Abiah, quando tutto ciò che amiamo riposa là, e l'affetto ci porterebbe a raggiungerli volentieri, se coloro che abbiamo perso si sentissero soli! (ad Abiah Root, tardo 1850, 39<ref group="fonte" name=bXXX/>)
*È passato tanto tempo da quando mi hai scritto, ricordo che stavano cadendo le foglie – e ora cade la [[neve]] – chi considera diverse le due cose? non sono le foglie sorelle della neve? (ad Abiah Root, tardo 1850, 39<ref group="fonte" name=bXXX/>)
*[...] non m'importa del [[anima e corpo|corpo]] – io amo l'[[anima e corpo|anima]], la timida, pudica, ritrosa anima – che si nasconde perché ha paura, e il corpo baldo e invadente - scusi signora mi ha chiamato? (ad Abiah Root, tardo 1850, 39<ref group="fonte" name=bXXX/>)
*Amo queste piccole fantasie, eppure le amerei ''di più'' se non fossero ''davvero così fantasiose'' come sembrano essere – ho fantasticato così tante volte e così tante volte sono tornata a casa per scoprire che erano ''solo'' fantasie che ho quasi paura di ''sperare'' in ciò che ''desidero'' tanto. (ad Abiah Root, 19 agosto 1851, 50<ref group="fonte">In ''[http://www.emilydickinson.it/l0041-0050.html Le lettere 41-50]'', ''EmilyDickinson.it'', traduzione di G. Ierolli.</ref>)
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*Susie – ci vuole poco a dire quanto si è soli - chiunque può farlo, ma portare la solitudine accanto al cuore per settimane, quando dormi, e quando sei sveglia, con sempre qualcosa che ti manca, ''questo'', non tutti riescono a dirlo, e mi sconcerta. Ne dipingerei un ritratto che indurrebbe alle lacrime, se avessi la tela per farlo, e la scena sarebbe la ''[[solitudine]]'', e le figure – solitudine – e le luci e le ombre, ciascuna una solitudine. Potrei riempire una stanza con paesaggi così solitari, la gente si fermerebbe là a piangere; poi andrebbe di fretta a casa, per ritrovare una persona amata. (a Susan Gilbert, novembre-dicembre 1854, 176<ref group="fonte" name=bCLXX/>)
*Grazie a Dio un mondo c'è, e gli [[amicizia|amici]] che amiamo dimorano in eterno in una casa lassù. Temo di essere incoerente, ma pensare ai miei amici mi dà una tale delizia che dimentico il tempo e il senso comune e così via. (a Mrs. J. G. Holland, 18 marzo 1855, 179<ref group="fonte" name=bCLXX/>)
*Vengo tra i fiocchi, caro Dr. Holland, perché nevica davvero, e come cigni che si abbassano, qua una penna là un'altra, e poi una piuma, giungono i luminosi abitanti della bianca dimora. (a Dr. J. G. Holland, novembre 1855, 181<ref group="fonte" name=bCLXXX>In ''[http://www.emilydickinson.it/l0181-0200.html Le lettere 181-200]'', ''EmilyDickinson.it'', traduzione di G. Ierolli.</ref>)
*Il mio solo schizzo, il profilo, del [[Paradiso]] è un esteso, azzurro cielo, più azzurro e più esteso del ''più grande'' che ho visto in giugno, e in esso sono i miei amici – tutti loro – ciascuno di loro – quelli che sono con me ora, e quelli che sono "partiti" mentre camminavamo, e "rapiti in Cielo." Se le rose non avvizzissero, e il gelo non venisse mai, e qui non cadesse nessuno che io non possa risvegliare, non ci sarebbe bisogno di altro Cielo se non quello di quaggiù – e se Dio fosse stato qui questa estate, e avesse visto le cose che ho visto io – immagino che considererebbe superfluo il Suo Paradiso. Non glielo dica, però, per nulla al mondo, perché dopo tutto quello che Lui ha detto al riguardo, voglio proprio vedere che cosa ''ha'' costruito per noi, senza martello, né pietre, né operai. (a Mrs. J. G. Holland, inizio agosto 1856?, 185<ref group="fonte" name=bCLXXX/>)
*Ah John – ''Partito''? Allora alzo il coperchio della mia scatola di Fantasmi, e ne ripongo un altro, fino alla Resurrezione – Allora coglierò in ''Paradiso'', i fiori caduti qui, e sulle rive del mare della Luce, cercherò i granelli di sabbia che mi mancano. (a John L. Graves, verso il 1856, 186<ref group="fonte" name=bCLXXX/>)
*Allora non diremo "[[Addio]]", visto che l'immortalità – rende l'espressione del tutto obsoleta. (a Mrs. Joseph Haven, tardo agosto 1858, 192<ref group="fonte" name=bCLXXX/>)
*I miei [[amicizia|amici]] sono il mio "patrimonio". Mi perdoni quindi l'avidità con cui ne faccio incetta! Si dice che quelli che un giorno erano poveri, guardano all'oro con un punto di vista diverso. Non so come succede. Dio non è diffidente come noi, altrimenti non ci darebbe amici, per paura che ci si dimentichi di lui! (a Samuel Bowles, fine agosto 1858?-1859?, 193<ref group="fonte" name=bCLXXX/>)
*Ballerina, palco, e ritmo dispersi, ed io, un fantasma, che a voi fantasmi, recita la storia! Un oratore di piuma a un pubblico di lanugine, - e applausi da pantomima. "Proprio come a teatro", in verità! (a Dr. e Mrs. J. G. Holland, verso il 6 novembre 1858, 195<ref group="fonte" name=bCLXXX/>)
*{{NDR|Sui [[cane|cani]]}} [...] Sono migliori degli Umani – perché sanno – ma non parlano [...]. (a T. W. Higginson, 25 aprile 1862, 261<ref group="fonte" name=bCCLX>In ''[http://www.emilydickinson.it/l0261-0280.html Le lettere 261-280]'', ''EmilyDickinson.it'', traduzione di G. Ierolli.</ref>)
*Il mio Tutore morendo mi disse che gli sarebbe piaciuto vivere finché non fossi stata un poeta, ma la Morte era troppo Veemente da dominare per me – allora – E quando dopo molto tempo – un'improvvisa luce nel Frutteto, o una nuova foggia del vento turbavano la mia attenzione – sentivo come una paralisi, qui - che solo i Versi mitigavano. (a T. W. Higginson, 7 giugno 1862, 265<ref group="fonte" name=bCCLX/>)