Matthieu Ricard: differenze tra le versioni

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*Ci si abitua a tutto. La banalizzazione della crudeltà, la desensibilizzazione di fronte alla sofferenza altrui, la distanza che allontana l'individuo dallo spettacolo del dolore di cui è causa diretta o indiretta, nonché la dissociazione morale tra certe azioni dannose e il resto della nostra esistenza, permettono agli uomini di perpetrare ciò che la loro coscienza trova riprovevole, senza peraltro provare alcun senso di colpa o responsabilità. (p. 62)
*L'uomo ha sempre sfruttato gli animali, prima con la caccia e poi con la domesticazione. Ma è solo dagli inizi del XIX che tale sfruttamento ha assunto proporzioni colossali. Contemporaneamente, tale pratica è letteralmente sparita dal nostro quotidiano perché viene deliberatamente perpetrata al riparo dai nostri sguardi. Nei Paesi ricchi, a seconda delle specie, dall'80 al 95% degli animali di cui ci nutriamo sono «prodotti» in [[allevamento intensivo|allevamenti intensivi]] a livello industriale, e la loro breve vita è soltanto un susseguirsi ininterrotto di sofferenze. (pp. 83-84)
*Il lavoro nei [[mattatoio|mattatoi]] è tra i più faticosi che esistano, fisicamente ed emotivamente. È stato riscontrato un alto tasso di incidenti sul lavoro e di problemi psicologici, tutti legati allo stress e agli sforzi per superare la naturale ripugnanza ad uccidere che caratterizza la maggior parte degli esseri umani. Sono molti gli ex impiegati e gli ex supervisori che soffrono di [[Disturbo post traumatico da stress|sindrome da stress post traumatico]]. (p. 96)
*Un documentario filmato da una squadra di investigatori svizzeri tramite telecamera nascosta mostra un gruppo di allevatori cinesi che afferra dei [[visone|visoni]] per le zampe posteriori, li fa volteggiare in aria e poi li sbatte violentemente al suolo, quindi li scuoia vivi e dopo averli privati di tutta la pelliccia, li ammucchia in una pila, di lato. Lo sguardo di quei poveri animali durante la lenta, silenziosa e immobile agonia è insopportabile per chiunque possieda almeno un briciolo di pietà. (p. 97)
 
==Bibliografia==