Hermann Hesse: differenze tra le versioni

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==''Bella è la gioventù''==
===[[Incipit]]===
Persino mio zio Matteo si rallegrò a suo modo nel rivedermi. Quando un giovanotto è stato qualche anno all'estero, e un giorno torna, ed è diventato una persona decente, anche i parenti più circospetti sorridono e gli stringono lieti la mano.<br />La valigetta scura nella quale portavo i miei beni era nuova di zecca, con una buona serratura e cinghie lucenti. Conteneva due abiti puliti, sufficiente biancheria, un paio di stivali nuovi, libri e fotografie, due belle pipe e una piccola pistola. Avevo con me la custodia del violino e uno zaino pieno di cosucce, due cappelli, un bastone e un parapioggia, un mantello leggero e un paio di scarpe di gomma, tutta roba nuova e solida, e, per di più, cuciti nella tasca interna, avevo più di duecento marchi di risparmi e una lettera in cui mi si prometteva per il prossimo autunno un buon impiego all'estero. Portavo dunqueun discreto bagaglio e adesso, così equipaggiato, dopo lungo peregrinare tornavo da signore in quella patria che avevo lasciato come difficile e timido figlio.<br />
{{NDR|Hermann Hesse, ''Bella è la gioventù'', traduzione di Mirella Ulivieri, TEN, 1992}}
 
===Citazioni===
*Dove si è stati fanciulli tutto è bello e santo. (p. 31; 1992)
*Camminare all'aperto, di [[notte]], sotto il cielo silente, lungo un corso d'acqua che scorre quieto, è sempre una cosa piena di mistero, e sommuove gli abissi dell'animo. (p. 37; 1992)
*La [[notte]] rimuove l'abituale sensazione di una vita comunitaria; quando non brilla luce, né si ode più voce umana, chi ancora veglia prova un senso di solitudine, e si vede isolato e affidato a sé stesso. (p. 37; 1992)
 
==''Demian''==
===[[Incipit]]===
''Volevo solo cercare di vivere<br>ciò che spontaneamente veniva da me.<br>Perché fu tanto difficile?''<br>Per raccontare la mia storia devo incominciare dal lontano inizio. Dovrei, se mi fosse possibile, risalire ancora più indietro, fino ai primissimi anni della mia infanzia, e di là oltre ancora nelle lontananze della mia origine.<br>I [[poeta|poeti]], quando scrivono romanzi, si comportano come se fossero Dio e potessero abbracciare con lo sguardo la storia di un qualche uomo, come se Dio la narrasse a sé stesso, senza veli, e del tutto veritiera. Io non posso, come non possono gli scrittori. La mia storia però ha per me più importanza di quanta non ne abbia per qualche scrittore la sua; infatti è la mia, la storia di un uomo, non inventato e possibile, non ideale o in qualche modo non esistente, ma di un uomo vero, unico, di un uomo che vive.<br />
 
{{NDR|Hermann Hesse, ''Demian'', traduzione di Bruna Maria Dal Lago Veneri, Newton Compton, editoriRoma, 1988.}}
 
===Citazioni===
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*La [[vita]] di ogni uomo è una via verso se stesso, il tentativo di una via, l'accenno di un sentiero. (1988)
*L'amore non era più l'oscuro istinto animale che nella mia angoscia mi era parso da principio, né era la pia e spirituale adorazione che avevo avuto per Beatrice. Era l'uno e l'altra, era più ancora, angelo e Satana, uomo e donna insieme, umanità e bestialità, supremo bene e male estremo. (1988)
 
*Si deve domandare sempre e sempre dubitare. (2010)
*Soltanto il pensiero vissuto ha valore. (2010)
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==''Il coraggio di ogni giorno''==
===[[Incipit]]===
Non c'è altra via che conduca al compimento e alla realizzazione di sé, se non la rappresentazione quanto più compiuta del proprio essere. "Sii te stesso" è la legge ideale, per un giovane almeno; non c'è altra via che conduca alla verità e allo sviluppo. <br /> Che questo cammino sia reso impervio da innumerevoli ostacoli morali e da altri impedimenti, che il mondo preferisca vederci rassegnati e deboli anziché tenaci: da qui nasce la lotta per la vita per chiunque abbia una spiccata individualità. Perciò ciascuno deve decidere per sé solo, secondo le proprie forze e le proprie esigenze, fino a che punto sottomettersi alle [[convenzioni|convenzioni]], o piuttosto sfidarle. Qualora decida di gettare al vento le convenzioni, le pretese avanzate dalla famiglia, dallo stato, dalla società, deve sapere di farlo a proprio rischio. Non esiste una misura oggettiva del rischio che ciascuno è in grado di assumersi. Ogni eccesso, ogni superamento della propria misura dovrà essere scontato; non è consentito spingersi impunemente oltre né con l'ostinazione né con l'adattamento.<br />
{{NDR|Hermann Hesse, ''Il coraggio di ogni giorno'', a cura di Volker Michels, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1990}}
 
===Citazioni===
*"Poiché sono come sono; poiché avverto esigenze e problemi che a tanti altri sembrano essere risparmiati, cosa devo fare per sopportare la vita, malgrado tutto, e farne, per quanto possibile, qualcosa di bello?". (p. 4; 1990)
*C'è una virtù che molto amo, l'unica. Essa ha nome tenacia. Delle molte virtù di cui leggiamo nei libri e di cui sentiamo parlare i maestri non so che farmene. E, d'altro canto, tutte le molte virtù che l'uomo si è inventato potrebbero essere raccolte sotto un'unica denominazione. Virtù significa obbedienza. Solo che c'è da chiedersi a chi si obbedisce. Anche la tenacia, infatti, è obbedienza. Ma tutte le altre virtù, tanto amate e lodate, sono obbedienza a leggi che sono state imposte da uomini; soltanto la tenacia non si inchina a queste leggi. Chi è tenace obbedisce infatti a un'altra legge, una legge particolare, assoluta, ente sacra, la legge che ha in sé stesso, il "tenere a se stesso". (p. 68; 1990)
*Contro le infamie della vita le armi migliori sono: la forza d'animo, la tenacia e la pazienza. la forza d'animo irrobustisce, la tenacia diverte e la pazienza dà pace. (p. 75; 1990)
*C'è una virtù che molto amo, l'unica. Essa ha nome tenacia. Delle molte virtù di cui leggiamo nei libri e di cui sentiamo parlare i maestri non so che farmene. E, d'altro canto, tutte le molte virtù che l'uomo si è inventato potrebbero essere raccolte sotto un'unica denominazione. Virtù significa obbedienza. Solo che c'è da chiedersi a chi si obbedisce. Anche la tenacia, infatti, è obbedienza. Ma tutte le altre virtù, tanto amate e lodate, sono obbedienza a leggi che sono state imposte da uomini; soltanto la tenacia non si inchina a queste leggi. Chi è tenace obbedisce infatti a un'altra legge, una legge particolare, assoluta, ente sacra, la legge che ha in sé stesso, il "tenere a se stesso". (p. 68; 1990)
 
===[[Explicit]]===
Anche le formiche combattono guerre, anche le api hanno Stati. La tua anima cerca altre vie e quando non riesce a proseguire per te non sboccia al felicità.<br />
{{NDR|Hermann Hesse, ''Il coraggio di ogni giorno'', a cura di Volker Michels, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1990}}
 
==''Il giuoco delle perle di vetro''==
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===Citazioni===
*Vedendo il mio sbalordimento Mozart si mise a ridere forte. Dal ridere fece una capriola e si mise a far trilli con le gambe. E m'investiva: "Ehi, giovanotto, ti brucia di sotto? sei crudo, sei cotto? Pensi ai lettori, i biondi e i mori, i divoratori? Pensi al tuo proto, ai redattori, sempre in moto, tra mille furori, aizzanti alla guerra di dentro e di fuori? Oh com'è buffa, la zuffa, baruffa, una truffa! Che ridere! Da smascellarsi, da scompisciarsi! Va' là, credulone, sporco d'inchiostro, ti accendo un moccolo, ti batto il groppone, per spasso, per chiasso. E il diavolo ti porti, nel regno dei morti, per i tuoi rapporti storti, contorti, plagiati ed estorti!"
*Alcune parole di Haller mi hanno fornito la chiave per questa comprensione. Una volta mi disse, dopo che avevamo parlato della cosiddetta ferocia del Medioevo: «Questa ferocia non è in realtà nulla. Un uomo del Medioevo detesterebbe l'intero odierno nostro stile di vita considerandolo nient'altro che atroce, terribile e barbaro! Ogni tempo, ogni cultura, ogni costume e tradizione ha il proprio stile di vita, ha le debolezze e le durezze, bellezze e crudeltà che gli si confanno, considera ovvie certe sofferenze, accetta pazientemente determinati mali. La vita umana diviene una vera sofferenza, un inferno solo laddove due epoche, due culture e due religioni si intersecano. Un uomo dell'antichità che avesse dovuto vivere nel Medioevo, si sarebbe sentito dolorosamente soffocare esattamente come un selvaggio si sentirebbe soffocare in mezzo alla nostra civiltà. Ci sono solo tempi nei quali una intera generazione capita fra due epoche, due stili di vita, cosicché ogni ovvietà, ogni costume, ogni sicurezza affettiva ed innocenza per lui sono perdute» (da ''Der Steppenwolf'', Suhrkamp Taschen buch Verlag, Frankfurt a. M., ISBN 3-518-36675-0, p. 31; traduzione propria)
*Come [[anima e corpo|corpo]] ognuno è singolo, come [[anima e corpo|anima]] mai.
*Tutto era molto bello, tanto la lettura dei vecchi libri quanto l'immersione nell'acqua calda, ma tutto sommato non era stata una giornata di felicità entusiasmante né di gioia raggiante, bensì una di quelle giornate che da parecchio tempo dovrebbero essere per me normali e comuni: giornate moderatamente piacevoli, abbastanza sopportabili, giornate tepide e passabili di un uomo non più giovane e malcontento, giornate senza dolori particolari, senza particolari preoccupazioni, senza crucci veri e propri, senza disperazione, giornate nelle quali si esamina pacatamente, senza agitazioni o timori, la questione se non sia ora di seguire l'esempio di Adalberto Stifter e di esser vittime di una disgrazia facendosi la barba.
*Haller è uno di quelli che vengono a trovarsi fra due epoche, che hanno perduto ogni protezione e innocenza, uno di quelli che il destino costringe a vivere tutte le ambiguità della vita umana come sofferenza e inferno personale. (p. 55)
*A noi immortali non piace essere presi sul serio, ci piace scherzare. La [[serietà]], caro mio, è una nota del tempo: nasce, te lo voglio confidare, dal sopravvalutare il tempo. Anch'io una volta stimavo troppo il tempo e desideravo perciò di arrivare a cent'anni. Ma nell'eternità, vedi, il tempo non esiste; l'eternità è solo un attimo, quanto basta per uno scherzo. (p. 117)
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*Così era stata tutta la mia vita, come quelle labbra rigide, così era stato quel poco di felicità e di amore che avevo goduto: un po' di rosso dipinto sul volto di una morta. (p. 251)
*Il buon umore è sempre allegria da [[impiccagione|impiccati]] e, se occorre, lei lo imparerà sulla forca. (p. 256)
*Vedendo il mio sbalordimento Mozart si mise a ridere forte. Dal ridere fece una capriola e si mise a far trilli con le gambe. E m'investiva: "Ehi, giovanotto, ti brucia di sotto? sei crudo, sei cotto? Pensi ai lettori, i biondi e i mori, i divoratori? Pensi al tuo proto, ai redattori, sempre in moto, tra mille furori, aizzanti alla guerra di dentro e di fuori? Oh com'è buffa, la zuffa, baruffa, una truffa! Che ridere! Da smascellarsi, da scompisciarsi! Va' là, credulone, sporco d'inchiostro, ti accendo un moccolo, ti batto il groppone, per spasso, per chiasso. E il diavolo ti porti, nel regno dei morti, per i tuoi rapporti storti, contorti, plagiati ed estorti!"
*Come [[anima e corpo|corpo]] ognuno è singolo, come [[anima e corpo|anima]] mai.
*Tutto era molto bello, tanto la lettura dei vecchi libri quanto l'immersione nell'acqua calda, ma tutto sommato non era stata una giornata di felicità entusiasmante né di gioia raggiante, bensì una di quelle giornate che da parecchio tempo dovrebbero essere per me normali e comuni: giornate moderatamente piacevoli, abbastanza sopportabili, giornate tepide e passabili di un uomo non più giovane e malcontento, giornate senza dolori particolari, senza particolari preoccupazioni, senza crucci veri e propri, senza disperazione, giornate nelle quali si esamina pacatamente, senza agitazioni o timori, la questione se non sia ora di seguire l'esempio di Adalberto Stifter e di esser vittime di una disgrazia facendosi la barba.
*Così nascono, preziosa e fugace schiuma di [[felicità]] sopra il mare della sofferenza, tutte le opere d'arte nelle quali un uomo che soffre si innalza per un momento tanto al di sopra del proprio destino che la sua felicità brilla come un astro e appare a chi la vede come una cosa eterna, come il suo proprio sogno di felicità.
*La [[solitudine]] è indipendenza: l'avevo desiderata e me l'ero conquistata in tanti anni. Era fredda, questo sì, ma era anche silenziosa, meravigliosamente silenziosa e grande come lo spazio freddo e silente nel quale girano gli astri.
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==''Poesie''==
*''Spargi ancora a profusione | su di me i [[giglio|gigli]] pallidi, | grandi gigli dei tuoi canti, rose rosse dei tuoi valzer. | E il respiro intessi greve | del tuo amore, che appassendo | dà profumo e del tuo orgoglio | garofani di fuoco flessuosi''. (Da ''Chopin''<ref>Traduzione di [[Mario Specchio]].</ref>)
*''E vado stanco e impolverato | e dietro a me resta esitante | la giovinezza, china il capo | e non vuol più seguirmi avanti''. (Da ''Fuga di giovinezza''<ref name=tradPintor>Traduzione di Jaime[[Giaime Pintor]].</ref>)
*''Ma la sera, quando vengono le tempeste, | in mortale angoscia noi ci chiniamo, mesti, | puntiamo le radici e aspettiamo tremanti | se la morte ci colga oppure passi avanti.'' (Da ''I cipressi di San Clemente''<ref name=tradPintor/>)
 
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===[[Explicit]]===
Il richiamo della [[morte]] è anche un richiamo d'amore. La morte è dolce se le facciamo buon viso, se la accettiamo come una della grandi, eterne forme dell'amore e della trasformazione.
 
==''Taedium vitae''==
*Perché Dio ti ha abbandonato? Dov'è la tua [[giovinezza]]? Non lo so, non lo scoprirò mai. Ma sono domande, ma è ribellione, ma non è più morte. (p. 58; 1992)
*La [[coscienza]] dell'identità è una cosa magica, molto gaia a vedersi, e tuttavia inquietante. La si possiede, eppure si può viverne senza, e spesso anzi, se non nella maggior parte dei casi, lo si fa. È meravigliosa, perché annulla il tempo; ed è cattiva, perché nega il progresso. (p. 58; 1992)
*Cominciai a pensare a [[Monaco di Baviera|Monaco]] con un testardo desiderio a ogni ora del giorno, come se in quella piacevole città avessi perduto qualcosa di essenziale. E, lentissimamente, quel qualcosa di essenziale prese forma nella mia coscienza, ed era la forma snella e leggiadra della bionda diciannovenne. (p. 64; 1992)
*È andato perduto qualcosa che prima c'era nel mondo, un certo quale innocente profumo e fascino d'amore, e non so se potrà ritornare. (p. 76; 1992)
 
==''Viaggio in India''==
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===Citazioni===
*In qualche tomba maomettana si ritiene siano sepolti sultani del tempo passato e lì alcuni portali sono così belli e armoniosi come nel migliore stile rinascimentale. Ci si stupisce molto nel trovare questi sepolcri a Sumatra, ma ci si stupisce ancora di più, quando si sente dire che, secondo un'antica leggenda di Palembang, Alessandro Magno sarebbe sepolto qui. Sarebbe arrivato fin qui e qui sarebbe morto. Mi viene in mente la conversazione che un mio amico ha avuto in Italia con un pescatore sul lago Trasimeno. Il pescatore raccontava cose terribili sulla sanguinosa battaglia che il grande generale [[Annibale]] aveva combattuto lì nei tempi andati e quando il mio amico gli chiese contro chi mai avesse combattuto Annibale, l'uomo divenne indeciso, ma poi ricordò, con una certa sicurezza, che s'era trattato di Garibaldi. (1994)
*L'inglese [...] è l'unico europeo capace di vivere a contatto con popoli primitivi senza rendersi ridicolo. (1994)
*Abbiamo fatto progressi ed è bello pensare che noi, piccola parte dell'umanità, non abbiamo più un assoluto bisogno né del crocifisso sanguinante, né del levigato e sorridente Buddha. Vogliamo avere ragione di questi e anche di altri déi, per imparare a farne a meno. Sarebbe bello comunque se un giorno i nostri figli, cresciuti senza dèi, ritrovassero il coraggio, la gioia e lo slancio interiore per erigere monumenti e simboli della loro interiorità così limpidi, così grandi e così chiari. (1994)
*I popoli oppressi dei Tropici stanno alla nostra civilizzazione come creditori di diritti antichi ed irrinunciabili, alla stessa maniera della classe operaia in Europa. (1994)
*In tutto l'Oriente si respira religiosità, quanto in tutto l'Occidente si respira ragione e tecnica. Primitiva ed esposta a ogni evento appare la vita spirituale dell'occidentale, in confronto con la religiosità protetta, coltivata e piena di fiducia dell'uomo asiatico, sia buddhista, maomettano o altro. (1994)
*[...] che la religione, o il suo surrogato, sia ciò che profondamente ci manca, non mi è mai risultato così amaramente chiaro come fra i popoli dell'Asia. (1994)
 
==''Taedium vitae''==
*Perché Dio ti ha abbandonato? Dov'è la tua [[giovinezza]]? Non lo so, non lo scoprirò mai. Ma sono domande, ma è ribellione, ma non è più morte. (p. 58; 1992)
*La [[coscienza]] dell'identità è una cosa magica, molto gaia a vedersi, e tuttavia inquietante. La si possiede, eppure si può viverne senza, e spesso anzi, se non nella maggior parte dei casi, lo si fa. È meravigliosa, perché annulla il tempo; ed è cattiva, perché nega il progresso. (p. 58; 1992)
*Cominciai a pensare a [[Monaco di Baviera|Monaco]] con un testardo desiderio a ogni ora del giorno, come se in quella piacevole città avessi perduto qualcosa di essenziale. E, lentissimamente, quel qualcosa di essenziale prese forma nella mia coscienza, ed era la forma snella e leggiadra della bionda diciannovenne. (p. 64; 1992)
*È andato perduto qualcosa che prima c'era nel mondo, un certo quale innocente profumo e fascino d'amore, e non so se potrà ritornare. (p. 76; 1992)
 
==[[Incipit]] di alcune opere==