Massimo d'Azeglio: differenze tra le versioni

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==Citazioni di Massimo d'Azeglio==
*A Napoli, noi abbiamo altresì cacciato il sovrano per stabilire un Governo fondato sul consenso universale. Ma ci vogliono e sembra che ciò non basti, per contenere il Regno, sessanta battaglioni; ed è notorio che, briganti o non briganti, niuno vuol saperne. Ma si dirà: e il suffragio universale? Io non so nulla di suffragio, ma so che al di qua del Tronto non sono necessari battaglioni e che al di là sono necessari. Dunque vi fu qualche errore e bisogna cangiare atti e principi. Bisogna sapere dai Napoletani un'altra volta per tutto se ci vogliono, sì o no. Capisco che gli italiani hanno il diritto di fare la guerra a coloro che volessero mantenere i tedeschi in Italia, ma agli italiani che, restando italiani, non volessero unirsi a noi, credo che non abbiamo il diritto di dare archibugiate, salvo si concedesse ora, per tagliare corto, che noi adottiamo il principio nel cui nome Bomba ([[Ferdinando II delle Due Sicilie|Ferdinando]]) bombardava [[Palermo]], [[Messina]] ecc. Credo bene che in generale non si pensa in questo modo, ma siccome io non intendo rinunciare al diritto di ragionare, dico ciò che penso.<ref group="fonte">Da una lettera a [[Carlo Matteucci]], 2 agosto 1861; riportata in ''La Civiltà cattolica'', anno XX, serie IV, vol. XI, Roma, 1861, [https://books.google.it/books?id=S_8nQ5k2ORgC&pg=PA619 p. 619].</ref>
*Insomma, caro sig. Diomede, si cammina sì o no? Per un pezzo confesso che a vedere un simile ''ventre à terre'', credeva che si finisse per rompersi il collo. Ora mi par di no. Ma in tutti i modi la fusione ''coi [[Napoli|Napoletani]]'' mi fa paura; è come mettersi a letto con un vaiuoloso! Basta, tutto volta bene ora. Speriamo! Su tutto l'andamento delle cose non ti parlo. Ci vorrebbe volumi.<ref group="fonte">Da una lettera a [[Diomede Pantaleoni]], 17 ottobre 1860, in M. d'Azeglio e D. Pantaleoni, ''Carteggio inedito'', a cura di Giovanni Faldella, 1888.</ref>
:Insomma, caro sig. Diomede, si cammina sì o no? Per un pezzo confesso che a vedere un simile ''ventre à terre'', credevo che si finisse a rompersi il collo. Ora mi par di no, e speriamo. Se però ti volessi dire tutto quello che sento dell'insieme delle cose, ci vorrebbe un volume.<ref>Lo stesso passo della stessa lettera appare diverso nel ''Carteggio inedito'', a cura di Giovanni Faldella, 1888 e negli ''Scritti postumi'', a cura di Matteo Ricci, 1871. Nella versione riportata da Matteo Ricci (genero di d'Azeglio) è infatti assente la frase: «Ma in tutti i modi la fusione ''coi Napoletani'' mi fa paura; è come mettersi a letto con un vaiuoloso!»</ref><ref group="fonte">Da una lettera a [[Diomede Pantaleoni]], 17 ottobre 1860, in ''Scritti postumi'', p. 460.</ref>
*L'''assoluto'' è il peggior nemico della buona politica, come la scienza dell'[[attesa|aspettare]] è la sua più fedele alleata.<ref group="fonte">Da ''Per il trasferimento della capitale a Firenze'', discorso detto in Senato il 3 dicembre 1864; in ''Scritti politici e letterari'', vol. II, p. 515.</ref>
*[...] la prima delle cose necessarie, è di non spendere quello che non si ha.<ref group="fonte">Da una lettera alla figlia Alessandrina, 1º dicembre 1852; in ''Scritti postumi'', p. 322.</ref>
*La [[verità]] non prospera che al sole.<ref group="fonte">Da ''Agli elettori'', lettera, 1865, XV; in ''Scritti politici e letterari'', vol. II, p. 576.</ref>
*[...] meno [[partito politico|partiti]] ci sono, e meglio si cammina. Beati i paesi dove non ve ne sono che due: uno del ''presente'', il [[Governo]]; l'altro dell'''avvenire'', l'Opposizione. Un tale stato di cose è segno della robusta salute d'una nazione; è segno che in essa le questioni di vera utilità pubblica soffocano le questioni d'utilità private, di persone, di sètte, ec., ec.<ref group="fonte">Da ''Agli elettori'', lettera, 1865, IV; in ''Scritti politici e letterari'', vol. II, p. 541.</ref>
*Non posso per altra parte mancare alla mia promessa di non tacere giammai ciò che alla mia mente presenta evidenza di verità. Mi si conceda dunque di dirla e si consideri, che la verità è simile ad un raggio di sole. Giunga esso all'occhio refratto dai nitidi filetti d'un diamante, o vi giunga ripercosso dal rozzo frantume di vetro che giace in sulla via, è sempre egualmente un raggio di sole. S'io dunque non avrò saputo esprimer la verità, malgrado il mio studio e desiderio di trovarla, ricada su me il dileggio; ma se dicessi parole vere, si accettino; ancorché non sia in me né sapienza né autorità per convalidarle.<ref group="fonte">Da una lettera al professore Francesco Orioli, 28 marzo 1847; in ''Scritti politici e letterari'', vol. I, pp. 239-240.</ref>
 
===Attribuite===
[[File:Battle of Legnano.png|thumb|upright=1.4|''La battaglia di Legnano'' (M. d'Azeglio, 1831)]]
*Fatta l'[[Italia]], bisogna fare gli italiani.<ref group="fonte" name=gigante>{{cfr}} C. Gigante, ''Fatta l'Italia, facciamo gli Italiani. Appunti su una massima da restituire a d'Azeglio'', ''Rivista europea di studi italiani'', 2011, pp. 5–15; riportato in parte in ''[http://www.rivista-incontri.nl/articles/abstract/10.18352/incontri.830/ Rivista-incontri.nl]''.</ref><ref group="fonte" name=studicassinati>{{cfr}} ''[http://www.studicassinati.it/db1/jupgrade/archivio/74-anno-xi-n-4-ottobre-dicembre-2011/790-editoriale-fatta-litalia-bisogna-fare-gli-italiani "Fatta l'Italia, bisogna fare gli Italiani"]'', ''StudiCassinati.it''.</ref><ref group="fonte" name=magdi>{{cfr}} [[Magdi Allam]], ''Io amo l'Italia: ma gli italiani la amano?'', Edizioni Mondadori, 2006, [https://books.google.it/books?id=Sn_-RMnE7a8C&pg=PA255 p. 255]. ISBN 8804556552</ref><br />L'Italia è fatta, gl'italiani sono ancora da farsi.<ref group="fonte" name=rivi>Citato in ''Rivista sicula di scienze, letteratura ed arti'', vol. 3, 1870, [https://books.google.it/books?id=ds9IAAAAcAAJ&pg=PA507 p. 507].</ref><br />L'Italia è fatta, gli Italiani sono da farsi.<ref group="fonte" name=carpi>Citato in Leone Carpi, ''L'Italia vivente: {{small|aristocrazia di nascita e del denaro-borghesia-clero burocrazia; studi sociali}}'', F. Vallardi, 1878, p. 229.</ref>
:{{NDR|[[Citazioni errate|Errata]]}} La frase viene spesso attribuita a d'Azeglio in diverse forme. In realtà essa rappresenta una sintesi non completamente fedele di un pensiero espresso dallo stesso d'Azeglio ne ''[[#I miei ricordi|I miei ricordi]]'': «[...] il primo bisogno d'Italia è che si formino Italiani dotati d'alti e forti caratteri. E pur troppo si va ogni giorno più verso il polo opposto: pur troppo s'è fatta l'Italia, ma non si fanno gl'Italiani.»<ref group="fonte" name=gigante/><ref group="fonte" name=studicassinati/> Molte fonti riportano che il primo a citare la frase di d'Azeglio in questa forma fosse stato [[Ferdinando Martini]] nel 1896<ref group="fonte" name=studicassinati/> e per questo motivo qualcuno arriva ad attribuire questa versione della frase allo stesso Martini.<ref group="fonte" name=magdi/><ref group="fonte">{{cfr}} {{en}} Timothy Baycroftm e Mark Hewitson, ''What Is a Nation?: Europe 1789-1914'', OUP Oxford, 2006, [https://books.google.it/books?id=VG01nx2vezoC&pg=PA256 p. 256]. ISBN 0191516287</ref><ref group="fonte" name=magdi/> In realtà le prime attribuzioni a d'Azeglio di questa versione (o comunque di versioni molto simili) della frase risalgono a ben prima del 1896: ''Rivista sicula di scienze, letteratura ed arti'' (1870), conferenze di [[Francesco De Sanctis]] a Napoli (1872-1873), ''L'Italia vivente'' di Leone Carpi (1878).<ref group="fonte" name=gigante/><ref group="fonte" name=rivi/><ref group="fonte" name=carpi/>
 
*Se vogliono fare l'Italia, bisognerà che pensino prima a fare un po' meno ignoranti gli Italiani.<ref group="fonte">Citato in [[Ferdinando Martini]], ''Illustrazione italiana'', 16 febbraio 1896, p. 99.</ref>