Jonathan Safran Foer: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
m sistemo
Riga 3:
'''Jonathan Safran Foer''' (1977 – vivente), scrittore e saggista statunitense.
 
== Citazioni di Jonathan Safran Foer ==
*L'[[allevamento intensivo|allevamento industriale]] di animali è il primo responsabile del [[riscaldamento globale|riscaldamento terrestre]] (significativamente più distruttivo dei trasporti), e una delle due o tre principali cause di tutti i problemi ambientali più seri: inquinamento dell'aria e dell'acqua, deforestazione, perdita di biodiversità... Mangiare animali allevati industrialmente – cioè tutto ciò che compriamo al supermercato o ordiniamo al ristorante – è quasi certamente la peggior cosa che possiamo fare all'[[ambiente (biologia)|ambiente]].<ref>Citato in Livia Manera, ''Safran Foer: io difendo gli animali'', ''Corriere della Sera'', 24 dicembre 2009, p. 45.</ref>
*Sarei ingenuo a pensare di convincere la gente a diventare [[vegetarianismo|vegetariani]]. La mia domanda è "ti interessa o no sapere cosa significa mangiare gli animali"? E c'è un'enorme ipocrisia e ignoranza a riguardo. Come rispetto all'ambiente: preferiamo non pensare. A cominciare dal sottoscritto, gli uomini sono per natura fallibili e fragili.<ref>Dall'intervista di Antonio Monda, ''[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2009/11/26/perche-sono-vegetariano.html Perché sono vegetariano]'', ''la Repubblica'', 26 novembre 2009.</ref>
Riga 15:
 
{{int|''[http://cultura.panorama.it/libri/Intervista-a-Jonathan-Safran-Foer-Vorreste-fare-la-fine-del-pollo «Vorreste fare la fine del pollo?»]''|Dall'intervista di Silvia Tomasi, ''Panorama.it'', 8 marzo 2010}}
*Negli [[allevamento|allevamenti]] dove mi sono infilato di nascosto con militanti animalisti la decenza non c'era: dentro a capannoni con luci abbacinanti c'erano polli chiusi a chiave, in gabbie dove consumano la loro vita in uno spazio non più grande di un foglio A4, resi folli, beccati, ridotti ad un ammasso, deformi e piagati, e le stie impilate fino a dieci piani di altezza, tutto in un fetore…fetore... queste io le ritengo non solo condizioni inumane, ma "inanimali".
*Non serve né un filosofo, né un religioso per capire quanto soffrano gli [[animale|animali]]. Basta esser uomini per capire cosa capita in quei luoghi.
*Se scrivere un buon articolo è, come si dice, cavarsi un dente, scrivere un [[romanzo]] è cavarsi un dente infilato nel pene. E ''[[#Se niente importa|Eating Animals]]'' è un molare molto politico. Basta decidere cosa mettere nel carrello al supermercato o che piatto chiedere al ristorante. Non c'è un'azione più politica di questa.
 
== Eccomi ==
 
=== [[Incipit]] ===
Quando la distruzione di [[Israele]] ebbe inizio, Isaac Bloch stava meditando se suicidarsi o trasferirsi alla Casa ebraica. Aveva vissuto in un appartamento rivestito di libri fino al soffitto, con tappeti cosı` folti da inghiottire dadi; poi in una stanza e mezza con il pavimento in terra battuta; su pavimenti di foresta sotto stelle incuranti; sotto le assi del pavimento di un cristiano che, a distanza di mezzo mondo e tre quarti di secolo, sarebbe stato ricordato con un albero piantato nel Giardino dei Giusti; in una buca, per tanti di quei giorni che le sue ginocchia non sarebbero mai piu` riuscite a distendersi del tutto; tra zingari e partigiani e polacchi non troppo disonesti; in campi di transito, di rifugiati e di profughi; su una nave, con una bottiglia con una nave dentro, miracolosa costruzione di un agnostico insonne; dall’altro lato di un oceano che non avrebbe mai completamente attraversato; sopra una mezza dozzina di negozi di alimentari che si era ammazzato a sistemare e rivendere con un profitto minimo; accanto a una donna che ricontrollava le serrature fino a romperle e che era morta di vecchiaia a quarantadue anni senza una sillaba di lode in gola, ma con le cellule della madre assassinata che ancora le si dividevano nel cervello; e infine, nell’ultimo quarto di secolo, in una casetta a due piani a Silver Spring, silenziosa come un globo di neve: un librone fotografico di Roman Vishniac che ingialliva sul tavolino del soggiorno; ''Nemici''. ''Una storia d’amore'' che si smagnetizzava nell’ultimo videoregistratore funzionante al mondo; insalata di uova che diventava influenza aviaria in un frigorifero mummificato in un involucro di fotografie di pronipoti splendidi, geniali, senza tumori.
 
==''Ogni cosa è illuminata''==
Line 33 ⟶ 28:
===Citazioni===
 
* Quella sera l'usuraio infamato Yankel D portò a casa la bambina. ''Eccoci qui,'' le disse, ''saliamo il gradino. Siamo arrivati. Questa è la tua porta. Ed ecco, questo che sto girando è il pomolo della tua porta. Ed ecco, qui è dove mettiamo le scarpe quando entriamo. E qui è dove appendiamo le giacche.'' Parlava come se lei potesse capirlo, mai in toni striduli o a monosillabi infantili, e assolutamente mai con parole senza senso. ''Questo è il latte che ti do da mangiare. Arriva dal lattaio Mordechai, di cui un giorno farai la conoscenza. Lui tira il latte da una mucca, cosa che se ci pensi è molto strana e inquietante, quindi non ci pensare... Questa è la mia mano che ti accarezza la faccia. Certe persone sono mancine, e altre sono destrorse. Noi non sappiamo ancora cosa sei tu, perché te ne stai semplicemente lì seduta e lasci che sia io a usare la mano... Questo è un bacio. È quello che succede quando si arricciano le labbra e si premono contro qualcosa, a volte altre labbra, a volte una guancia, a volte ancora qualcos'altro. Dipende... Questo è il mio [[cuore]]. Lo stai toccando con la mano sinistra non perché sei mancina, anche se potresti esserlo, ma perché sono io che la tengo contro il mio cuore. Quello che senti è il battito del mio cuore. È quello che mi tiene vivo.'' <br /> Fece un lettino con giornali accartocciati in una pentola fonda per cuocere il pane e lo infilò delicatamente nel forno in modo che la bambina non fosse disturbata dal rumore delle cascatelle. Lasciò aperto lo sportello del forno e restò seduto a guardarla per ore come si potrebbe guardare una pagnotta che lievita. (p. 55)
* ''Non sono [[tristezza|triste]], io,'' si ripeteva tante volte. ''Non sono triste,'' come se un giorno potesse riuscire a convincersi. O a gabbare se stesso. O a convincere gli altri – peggio di essere triste è solo quando gli altri sanno che sei triste. (p. 60)
* ''Sei triste, Yankel?'' gli chiese una mattina a colazione. <br /> ''Certo,'' rispose lui imboccandola a fette di melone, con un tremulo cucchiaio. <br /> ''Perché?'' <br /> ''Perché parli, invece di mangiare. <br /> E prima ancora, eri triste? <br /> Certo. <br /> Perché? <br /> Perché allora stavi mangiando invece di parlare, e quando non sento la tua voce mi intristisco. <br /> Quando guardi la gente ballare, questo ti intristisce? <br /> Certo. <br /> [...] Tu pensi che Bitzl Bitzl sia un uomo particolarmente triste? <br /> Non so. <br /> E Shanda la dolente? <br /> Oh, sì... lei è particolarmente triste. <br /> È evidente, no? E Shloim, è triste? <br /> Chi lo sa? <br /> E le gemelle? <br /> Forse. Non è affar nostro. <br /> [[Dio]] è triste? <br /> Per essere triste [[Problema dell'esistenza di Dio|dovrebbe esistere]], no? <br /> [...] È per quello che lo chiedevo, per sapere finalmente se ci credi! <br /> Allora ti dirò solo questo: se Dio esiste, ha molte ragioni per essere triste. E se non esiste, secondo me anche questo Lo rattrista non poco. Insomma, per rispondere alla tua domanda, Dio deve essere triste.'' (p. 97)
* Brod scoprì seicentotredici tristezze, ciascuna assolutamente unica, ciascuna una singola emozione, non più simile a qualunque altra tristezza di quanto fosse simile all'ira, all'estasi, ai sensi di colpa e alla frustrazione. Tristezza dello Specchio. Tristezza degli Uccelli Addomesticati. Tristezza di Esser Triste di fronte a un Genitore. Tristezza dell'Umorismo. Tristezza dell'Amore senza Scioglimento. (p. 97)
* ''A Lutsk ti ho comperato dei [[libro|libri]],'' le disse Yankel [...] <br /> ''Non possiamo permetterceli,'' ribatté lei [...] <br /> ''Non possiamo permetterci neanche di non averli. Qual è la cosa che possiamo permetterci di meno: averli o non averli? A mio parere, perdiamo in ogni caso. Meglio perdere con i libri.'' (p. 100)
* Dallo spazio gli astronauti vedono quelli che fanno l'amore come puntolini di luce. (p.117)
* Questo è amore -pensava lei- sì o no? Quando noti l'assenza di qualcuno, e detesti quell'assenza più di ogni altra cosa. Ancora più di quanto ami la sua presenza. (p. 148)
* Tutto è quello che è perché tutto è stato quello che è stato. (p. 174)
* Io non so cosa fare, Jonathan, e desidero che mi dica cosa tu pensi che sia la cosa giusta. So che non è necessario che ci sia una cosa sola giusta. Potrebbero esserci due cose giuste. Potrebbero non esistere cose giuste. (p. 259)
* ''Mi trovi meravigliosa?'' gli chiese lei un giorno [...] <br /> ''No,'' lui rispose. <br /> ''Perché? <br /> Perché ci sono tante ragazze meravigliose. Immagino che oggi centinaia di uomini abbiano chiamato meravigliose le loro innamorate, ed è solo mezzogiorno. Non puoi essere come centinaia di altre.'' (p. 273)
* ''Più [[amore|ami]] qualcuno,'' pensava, ''e più dirglielo è difficile.'' Lo stupiva che persone sconosciute non si fermassero a vicenda in strada per dire ''Ti amo''. (p. 279)
* E questo è vivere vicino a una cascata, Safran. Ogni vedova si sveglia ogni mattina, forse dopo anni di un lutto puro e inossidabile, per rendersi conto di aver trascorso una bella nottata di sonno, e di poter far colazione, e di non sentire il fanstasma del marito ininterrottamente, ma solo a tratti. Al suo dolore subentra un'utile tristezza. Ogni genitore che ha perso un figlio troverà il modo di tornare a ridere. Il timbro si sbiadisce. La lama si smussa. Il dolore si affievolisce. Ogni amore è scolpito nella perdita.
* Il [[ricordo]] avrebbe dovuto riempire il tempo, ma rendeva il tempo un buco da riempire.
* Si addormentava con il cuore ai piedi del letto, come un animale domestico che non faceva parte di lui.
* Solo, nella illimitatezza del suo dolore; solo, nella sua colpa senza scopo; solo, perfino nella sua solitudine.
* E a metà pomeriggio era di nuovo sopraffatto dal desiderio di essere altrove, di essere un altro, di essere un altro altro altrove.
* Da dove si trova, la pagina – il suo futuro sottile come carta – è infinitamente pesante.
* L'unica cosa peggiore di essere obliatori attivi è essere rammentatori interti.
* La [[vita]] continuò perché la vita continua, e il [[tempo]] passò, perché il tempo passa.
* Lui capì di non essere morto, ma innamorato.
* ''Sono completamente [[solitudine|solo]].''<br /> ''Non sei solo'' disse Lista, appoggiandosi al petto la testa di lui. <br /> ''Si invece.'' <br /> Lista si accorse che lui stava piangendo, e lei no. ''Non sei solo,'' gli disse. ''È che ti senti solo.''
* Gli confessò che avrebbe voluto che ci fosse un altro [[Dieci comandamenti|comandamento]], uno in più inciso nelle tavole della Legge: ''Non cambierai.''
* Tutto è per proteggerti. Esisto nel caso che tu abbia bisogno di protezione.
* Gli [[ebrei]] hanno sei [[sensi]]. Tatto, gusto, vista, odorato, udito... memoria.
* Era innamorato del profumo delle [[donna|donne]]. Ne portava gli aromi come anelli attorno alle dita e sulla punta della lingua come parole.
* La sua vita era una lotta pressante e disperata per giustificare la sua vita.
* E mi domando se non puoi fingere per un po', se non possiamo fingere di amarci.
* Raccoglieva le sue lacrime in ditali per dargliele da bere l'indomani mattina (''l'unico modo per vincere la tristezza è consumarla,'' diceva.)
* Si scambiavano a vicenda la grande bugia salvatrice – che il nostro amore per le cose sia più grande del nostro amore per il nostro amore per le cose – recitando di buon grado le parti che scrivevano per sé, creando di buon grado le finzioni necessarie alla vita, e credendoci.
* La vita di Brod fu una lenta assimilazione del fatto che la vita non era fatta per lei.
* Aveva la sensazione di tracimare, di produrre e accumulare sempre più amore dentro di sé. Ma senza mai scioglimento.
* Era un genio della tristezza, e in essa si tuffava disgiungendone i molti fili, apprezzadone le sfumature più sottili. Era un prisma attraverso cui la tristezza poteva suddividersi nel suo infinito spettro.
 
{{NDR|Jonathan Safran Foer, ''Ogni cosa è illuminata'', Guanda, 2004.}}
Line 75 ⟶ 70:
===Citazioni===
 
* E il cuore mi va in pezzi, certo, in ogni momento di ogni giorno, in più pezzi di quanti compongano il mio cuore, non mi ero mai considerato di poche parole, tanto meno taciturno, anzi non avevo proprio mai pensato a tante cose, ed è cambiato tutto, la distanza che si è incuneata fra me e la mia felicità non era il mondo, non erano le bombe e le case in fiamme, ero io, il mio pensiero, il cancro di non lasciare mai la presa, l'ignoranza è forse una benedizione, non lo so, ma a pensare si soffre tanto, e ditemi, a cosa mi è servito pensare, in che grandioso luogo mi ha condotto il pensiero? Io penso, penso, penso, pensando sono uscito dalla felicità un milione di volte, e mai una volta che vi sia entrato. (p. 30)
* Pensai alla vita, alla mia vita, ai disagi, alle piccole coincidenze, all'ombra delle sveglie sui comodini. (p. 46)
* Quel segreto era il buco al centro di me stesso dove cadeva ogni felicità. (p. 86)
* [...] qualche volta sono schiacciato sotto il peso di tutte le vite che non sto vivendo. (p. 130)
* [...] dover vivere è triste, ho pensato, ma è tragico poter vivere una sola vita, perché se avessi due vite una l'avrei passata insieme a lei. (p. 151)
* [...] io le ho spiegato come mi sentivo, gliel'ho spiegato in questo modo: le ho sollevato le mani di lato, le ho puntato gli [[indice|indici]] l'uno verso l'altro e lentamente, molto lentamente, li ho avvicinati, e più si avvicinavano e più lentamente li spingevo finché, quando erano lì lì per toccarsi, quando erano solo a una pagina di dizionario dal toccarsi, premendo i lati opposti della parola «amore», li ho fermati, li ho fermati e tenuti lì. (p. 153)
* Quella sera [...] mi sono sentito incredibilmente vicino a ogni cosa nell'universo, ma anche straordinariamente solo. Per la prima volta in vita mia mi sono chiesto se la vita valeva tutta la fatica che serve per vivere. Perché, ''esattamente'', valeva la pena di vivere? Che c'è di così orrendo nell'essere morti per sempre e non provare niente, non sognare nemmeno? Che c'è di così fantastico nel provare sensazioni e fare sogni? (p. 163)
* Diventava difficile tenere a mente tutte le cose che non sapevo. (p. 174)
* «Il mondo non è orribile [...] ma è pieno di gente orribile!» (p. 175)
* Io non ho mai confuso quello che avevo con quella che ero. (p. 193)
* Gli dicevo che avevo gli occhi guasti perché volevo che si curasse di me. (p. 195)
* All'improvviso mi sentii intimidita. Di solito non provavo [[timidezza]]. Provavo [[vergogna]]. La timidezza è quando distogli lo sguardo da una cosa che vuoi. La vergogna è quando distogli lo sguardo da una cosa che non vuoi. (p. 198)
* Da [[Bambino|bambina]] la mia vita era una musica che suonava sempre più forte. Tutto mi emozionava. Un cane che seguiva uno sconosciuto. Era una sensazione così intensa. Un calendario aperto sul mese sbagliato. Avrei potuto piangerci sopra. E piangevo. Quando finiva il fumo di un camino. Il modo in cui una bottiglia rovesciata si appoggiava sull'orlo della tavola. <br /> Ho passato la mia vita imparando a sentire di meno. <br /> Sento di meno ogni giorno. <br /> [...] Non ci si può difendere dalla tristezza senza difendersi dalla [[felicità]]. (p. 199)
* Chiunque creda che un secondo passi più in fretta di dieci anni non ha vissuto la mia vita. (p. 200)
* C'erano cose che volevo dirgli. Ma sapevo che gli avrebbero fatto male. Così le seppellii e lasciai che facessero male a me. (p. 200)
* «Perché credi di essere qui, Oskar?» «Sono qui, dottor Fein, perché mia madre è turbata dal fatto che trovo la mia vita impossibile.» «E la cosa non dovrebbe turbarla?» «Niente affatto. La vita è impossibile.» (p. 219)
* Il tempo passava come una mano che saluta da un [[treno]] sul quale avrei voluto essere. (p. 243)
* Quando ti guardavo, la mia [[Senso della vita|vita aveva senso]]. Anche le cose brutte avevano senso, perché erano necessarie a renderti possibile. (p. 251)
* Avrei dovuto saperlo quel pomeriggio, quando ci eravamo stretti la mano, che non avrei più rivisto Mr Black. Così non l'avrei lasciato andare. Oppure l'avrei costretto a continuare la ricerca con me. O gli avrei raccontato che papà aveva telefonato mentre ero in casa. Invece non lo sapevo, proprio come non sapevo che sarebbe stata l'ultima volta che papà mi rimboccava le coperte, perché non sappiamo mai niente. (p. 309)
* «L'ho trovata, e adesso non la posso più cercare.» (p. 326)
* Tutti andavano o venivano. <br /> La gente in tutto il mondo si spostava da un luogo all'altro. <br /> Nessuno restava. <br /> Ho detto: E se restassimo? [...] <br /> Non andare e venire. <br /> Non qualcosa o niente. <br /> Non sì o no. (p. 336)
* Avrei voluto parlarle di tutte le bugie che le avevo raccontato. E che lei mi dicesse che non c'era niente di male, perché a volte bisogna fare qualcosa di cattivo per fare qualcosa di buono.
* Quando avevo creduto di morire, ai piedi del ponte di Loschwitz, nella mia mente c'era un solo pensiero: "Continua a pensare". Pensare mi avrebbe tenuto vivo. Ma adesso sono vivo, e pensare mi uccide. Io penso, penso, penso. Non smetto di pensare a quella notte, ai candelotti rossi, al cielo che era come un'acqua nera, e che solo poche ore prima di perdere tutto avevo tutto.
* Ho pensato a tutte le cose che tutti ci diciamo l'un l'altro, e che tutti dobbiamo morire, o fra un millisecondo, o fra giorni, o fra mesi, o fra 76 anni e mezzo se uno è appena nato. Tutto quello che è nato deve morire, e questo significa che le nostre vite sono come i grattacieli. Il fumo sale a velocità diverse, ma le vite sono tutte in fiamme, e tutti siamo in trappola.
* A me piace vedere le persone riunite, forse è sciocco, ma che dire, mi piace vedere la gente che si corre incontro, mi piacciono i baci e i pianti, amo l'impazienza, le storie che la bocca non riesce a raccontare abbastanza in fretta, le orecchie che non sono abbastanza grandi, gli occhi che non abbracciano tutto il cambiamento, mi piacciono gli abbracci, la ricomposizione, la fine della mancanza di qualcuno [...]
* Ridemmo insieme e da soli, a squarciagola e in silenzio, eravamo decisi a ignorare qualunque cosa andasse ignorata, decisi a costruire un nuovo mondo dal nulla, se nulla si poteva salvare del nostro mondo, fu uno dei giorni più belli della mia vita, un giorno in cui vissi la mia vita e non pensai affatto alla mia vita.
* «Anche» fu la seconda parola che persi, probabilmente perché era così simile al suo nome, che parola semplice da dire, e che parola profonda da perdere, dovevo dire «eziandio», che suonava ridicolo, ma era proprio così, «vorrei un caffè ed eziandio un dolce», a nessuno sarebbe piaciuto sentirsi in questo modo. «Volere» è il verbo che persi poco dopo, non perché avevo smesso di volere le cose – le volevo più di prima – solo che non riuscivo più a esprimere il volere, quindi al suo posto dicevo «desidero»: «Desidero due panini» dicevo al panettiere, ma non era esattamente così, il senso dei miei pensieri cominciava a fluttuare via da me, come foglie che cadono da un albero nel fiume, e io ero l'albero e il mondo il fiume. «Venire» lo persi un pomeriggio al parco con i cani, persi «bene» mentre il barbiere mi girava verso lo specchio, persi «peccato», il nome e l'esclamazione nello stesso momento, e fu un peccato. Persi «portare» e persi pure le cose che portavo – «diario», «matita», «moneta», «portafoglio» – e persi anche «perdere». Dopo un po' mi restava soltanto un pugno di parole.
*«Che cosa intendi per seppellire i tuoi sentimenti?» «Anche se saranno fortissimi non li lascerò uscire. Se dovrò piangere, piangerò dentro. Se dovrò sanguinare, mi verranno dei lividi. Se il mio cuore comincerà a dare i numeri, non ne parlerò con nessuno al mondo. Tanto non serve. Rovina solamente la vita a tutti.»
{{NDR|Jonathan Safran Foer, ''Molto forte, incredibilmente vicino'', Guanda, 2007.}}
 
== ''Se niente importa'' ==
[[File:Jonathan Safran Foer Shankbone 2009.jpg|thumb|L'autore nel 2009, durante una presentazione di ''Se niente importa'' (''Eating Animals'')]]
 
=== [[Incipit]] ===
Da piccolo passavo spesso il fine settimana a casa di mia nonna. Quando arrivavo, il venerdì sera, lei mi sollevava stringendomi in uno dei suoi abbracci soffocanti. E quando me ne andavo, la domenica pomeriggio, mi alzava di nuovo per aria.
Solo molti anni dopo ho capito che mi stava pesando.
 
=== Citazioni ===
==== ''Raccontare storie'' ====
*Quasi sempre, quando spiegavo che stavo scrivendo un libro sul «perché mangiamo gli animali», i miei interlocutori davano per scontato, pur senza sapere nulla del mio punto di vista, che fosse a favore del [[vegetarianismo]]. È un presupposto rivelatore, e implica non solo che un'indagine approfondita sull'[[allevamento]] animale spinga ad abbandonare il consumo di carne, ma che la maggior parte delle persone sappia che le cose stanno così. (p. 21)
*Le prime parole di mia nonna quando vide mio figlio per la prima volta furono: «La mia rivalsa». Dell'infinito numero di cose che avrebbe potuto dire, ecco quella che scelse, o che fu scelta per lei. (p. 24)
*«Il peggio arrivò verso la fine. Moltissime persone morirono proprio alla fine, e io non sapevo se avrei resistito un altro giorno. Un contadino, un russo, Dio lo benedica, vide in che stato ero, entrò in casa e ne uscì con un pezzo di carne per me.»<br />«Ti salvò la vita.»<br />«Non lo mangiai.»<br />«Non lo mangiasti?»<br />«Era maiale. Non ero disposta a mangiare maiale.»<br />«Perché?»<br />«Che vuol dire perché?»<br />«Come? Perché non era ''kosher''?»<br />«Certo.»<br />«Ma neppure per salvarti la vita?»<br />«Se niente importa, non c'è niente da salvare.» (p. 25)
 
==== ''Tutto o niente o qualcos'altro'' ====
*Non ricordo quante volte, dopo aver detto che sono vegetariano, il mio interlocutore ha reagito sottolineando una qualche incoerenza nel mio stile di vita o cercando di trovare qualche fallacia in un ragionamento che non avevo mai fatto. (Spesso ho avuto la sensazione che il mio vegetarianismo importasse molto più a queste persone che a me.) (p. 41)
*Abbiamo intrapreso una guerra, o meglio abbiamo permesso che si intraprendesse una guerra contro tutti gli animali che mangiamo. Questa guerra è nuova e ha un nome: [[allevamento intensivo|allevamento industriale]]. (p. 42)
*Più che una serie di pratiche, l'allevamento industriale è un atteggiamento mentale: riduce ai minimi termini i costi di produzione e al tempo stesso ignora in modo sistematico o «esternalizza» costi come il degrado ambientale, le malattie umane e la sofferenza degli animali. Per migliaia di anni agricoltori e allevatori hanno tratto spunto dai processi naturali. L'allevamento industriale considera la natura un ostacolo da superare. (pp. 42-43)
*Oggigiorno i [[Comandante (nautica)|capitani]] delle navi da [[pesca (attività)|pesca]] assomigliano più al capitano Kirk che al capitano Achab: sorvegliano i pesci da plance piene di apparecchiature elettroniche e studiano il momento migliore per catturare interi banchi in un sol colpo. Se parte del pesce sfugge, lo rilevano e fanno una seconda passata. E questi pescherecci non sono in grado di tenere d'occhio solo i banchi di pesce entro un certo raggio: gli oceani sono disseminati di {{maiuscoletto|dcp}} (dispositivi di concentrazione dei pesci: zatteroni galleggianti attorno ai quali i pesci si raccolgono) equipaggiati con sensori {{maiuscoletto|gps}} [...]. (p. 43)
*La [[vergogna]] è il lavoro della [[memoria]] contro la dimenticanza. La vergogna è quello che proviamo quando dimentichiamo quasi del tutto – ma non del tutto – le aspettative sociali e i nostri obblighi nei confronti degli altri a favore di una gratificazione immediata. (pp. 45-46)
*Quello che [[oblio|dimentichiamo]] degli animali cominciamo a dimenticarlo di noi stessi. (p. 46)
*E niente ispira più vergogna che essere un [[genitore]]. I [[bambino|bambini]] ci mettono di fronte ai nostri paradossi e alle nostre ipocrisie, e siamo nudi. Dobbiamo trovare una risposta a ogni perché – ''Perché facciamo così? Perché non facciamo cosà?'' – e spesso non ne abbiamo una buona. Allora diciamo soltanto: ''perché sì''. O raccontiamo una storia che sappiamo non essere vera. E che la tua faccia avvampi o meno, ti vergogni. La vergogna di essere genitore – una vergogna buona – è che vogliamo che i nostri figli siano più integri di come siamo noi, che abbiano risposte soddisfacenti. (p. 49)
 
==== ''Parole / Significato'' ====
*Chiedersi «che cos'è un [[animale]]?» – o, aggiungerei, leggere a un bambino la storia di un cane o difendere i diritti degli animali – vuol dire andare inevitabilmente a toccare la nostra interpretazione di ciò che significa essere noi e non loro.<ref>Recenti ricerche interdisciplinari nel campo delle scienze umane hanno riscontrato una strabiliante quantità di modi in cui la nostra interazione con gli animali riflette o plasma la nostra [[conoscere se stessi|comprensione di noi stessi]]. (nota dell'autore, p. 296)</ref> Vuol dire chiedersi: «che cos'è un essere umano?» (p. 54)
*In media la [[pesca a strascico]] dei [[gamberetto|gamberetti]] porta a gettare fuoribordo l'ottanta-novanta per cento del pescato, morto o morente, in quanto cattura secondaria. (Molte di queste prede accessorie sono specie in pericolo.) I gamberetti sono solo il due per cento in peso del mercato ittico globale, ma la pesca a strascico dei gamberetti produce il trentatré per cento delle prede accessorie globali. Noi tendiamo a non pensarci perché tendiamo a non saperlo. Cosa succederebbe se ci fosse un'etichetta, sul nostro cibo, che ci informa di quanti animali sono stati uccisi per portare quell'ambito crostaceo nel nostro piatto? Così, nel caso dei gamberetti pescati a strascico in Indonesia, per esempio, l'etichetta potrebbe recitare: {{maiuscoletto|per ogni chilo di questi gamberetti sono stati uccisi e ributtati in mare 24 kg di altri animali marini}}. (pp. 57-58)
Line 136 ⟶ 131:
*Che cos'è la [[sofferenza]]? Io non sono sicuro di che cosa sia, ma so che la sofferenza è il nome che diamo all'origine di tutti i sospiri, le urla e i gemiti – piccoli e grandi, rozzi e multiformi – che ci affliggono. È una parola che definisce il nostro sguardo ancor più di ciò che stiamo contemplando. (p. 87)
 
==== ''Nascondere / Cercare'' ====
*''Non so che tipo di libro scriverai. Ma se in qualche misura farà conoscere ciò che succede negli allevamenti intensivi, sarà solo positivo. In questo caso la verità è così potente che la [[prospettiva]] da cui ti poni non ha importanza.'' (p. 103)
*''Negli allevamenti intensivi calcolano quanto possono tenere gli animali vicino alla morte senza ucciderli. È questo il loro modello di business. A che velocità possono farli crescere, quanto possono pigiarli, quanto o quanto poco possono mangiare, quanto possono ammalarsi senza morire.'' (p. 103)
Line 148 ⟶ 143:
*''E allora quanta sofferenza è accettabile? È questa la base di tutto, ed è questo che ognuno di noi deve chiedersi. Quanta sofferenza sei disposto a tollerare per il tuo cibo?'' (p. 127)
 
==== ''Influenza / Ammutolimento'' ====
*Non so perché non siano più numerose le persone consapevoli (e arrabbiate) per il tasso di infezioni e [[intossicazione alimentare|intossicazioni alimentari]] evitabili. Forse non sembra ovvio che qualcosa non va solo perché quello che accade di continuo, come il fatto che la carne (specie di pollame) sia contaminata da microrganismi patogeni, tende a scomparire sullo sfondo.<br />Comunque sia, se sai quello che stai cercando, il problema acquista un'evidenza terribile. Per esempio, la prossima volta che un amico ha una cosiddetta «[[influenza]]» – quella che la gente a volte chiama erroneamente «influenza intestinale» – fagli qualche domanda. Era una di quelle «influenze di un giorno» che se ne vanno in fretta come sono venute: vomito e diarrea e poi tutto a posto? La diagnosi non è proprio così semplice, ma se la risposta alla domanda è sì, è probabile che il tuo amico non abbia avuto affatto un'influenza, ma rientri nei settantasei milioni di casi di malattie di origine alimentare che il {{maiuscoletto|cdc}} stima ci siano ogni anno negli Stati Uniti. Più che «prendersi qualcosa», il tuo amico ha mangiato qualcosa. E con ogni probabilità, quel qualcosa proveniva dalla filiera industriale della carne. (p. 152)
*Forse inconsciamente sappiamo già, senza bisogno dei dati scientifici citati, che sta accadendo qualcosa di tremendamente sbagliato. Ormai il nostro sostentamento proviene dalla sofferenza. Sappiamo che se qualcuno vuole mostrarci un film sulla produzione della carne, sarà un film dell'orrore. Forse sappiamo più di quanto ci interessi ammettere, e lo confiniamo nei recessi più bui e nascosti della memoria. Quando mangiamo carne prodotta negli allevamenti industriali viviamo, letteralmente, di corpi [[tortura|torturati]]. Sempre più, quel corpo torturato sta diventando il nostro. (p. 156)
*Io non credo che la salute individuale sia per forza una buona ragione per diventare vegetariani, ma certamente se non mangiare carne fosse nocivo sarebbe una buona ragione per non essere vegetariani. Di certo sarebbe una buona ragione per far mangiare carne a mio figlio.<br />Ne ho parlato con alcuni dei più importanti nutrizionisti americani – interrogandoli sia sugli adulti sia sui bambini – e li ho sentiti ripetere sempre la stessa cosa: per la salute la dieta vegetariana è almeno altrettanto valida di una dieta che comprende la carne. (p. 158)
 
==== ''Fette di Paradiso / Pezzi di merda'' ====
*L'allevamento intensivo, che consente agli allevatori di rendere animali malaticci altamente redditizi grazie all'uso di antibiotici, altri farmaci e una reclusione molto controllata, ha prodotto creature nuove, talvolta mostruose. (p. 172)
*[...] per la maggior parte delle cose che piace fare ai [[maiale|maiali]] è preferibile che abbiano accesso all'esterno: correre, giocare, prendere il sole, grufolare, incrostarsi di fango e acqua e poi farsi rinfrescare dal vento (i maiali sudano solo dal muso). Il [[gene|genoma]] delle razze suine utilizzate oggi nell'allevamento intensivo, invece, è così alterato che i maiali devono essere perlopiù allevati in edifici dal clima controllato, senza sole né stagioni. Alleviamo creature incapaci di sopravvivere in qualunque luogo che non sia l'ambiente più artificiale. Abbiamo sfruttato il tremendo potere della genetica moderna per produrre animali che soffrono di più. (pp. 173-174)
*Niente – non una conversazione, non una stretta di mano e neppure un abbraccio – fonda un'amicizia con tanta forza come mangiare insieme. Forse è un fattore culturale. Forse è un'eco dei banchetti collettivi dei nostri antenati.<br />Da un certo punto di vista, il perché di un [[mattatoio]] è tutto qui. Sul piatto di fronte a me c'è il fine che promette di giustificare tutti i sanguinari mezzi della porta accanto. (p. 178)
*Chiunque lasci intendere che esista una simbiosi perfetta tra l'interesse dell'allevatore e quello degli animali probabilmente sta cercando di venderti qualcosa (e non è fatta di [[tōfu|tofu]]). (p. 183)
*Il gigante dell'industria agroalimentare è in ultima analisi guidato e condizionato dalle scelte che facciamo mentre il cameriere scalpita perché ordiniamo o mentre riempiamo il carrello della spesa o la borsa al mercato, con tutte le attenzioni e le stravaganze del caso. (p. 187)
*Chi difende gli allevamenti intensivi di suini sostiene che le gabbie da parto sono necessarie perché a volte le scrofe possono schiacciare accidentalmente i piccoli. Questa affermazione è il frutto di una logica folle [...]. Non è una sorpresa che, quando gli allevatori selezionano la scrofa per la riproduzione in base alla sua «predisposizione materna», se l'olfatto della madre non è sopraffatto dal fetore delle sue feci liquefatte e l'udito non è pregiudicato dal clangore delle gabbie metalliche, e se le si concede spazio sufficiente per controllare dove sono i piccoli e per muovere le gambe in modo da riuscire a sdraiarsi lentamente, non le è difficile evitare di schiacciarli. (pp. 200-201)
*Nel mondo dell'allevamento industriale le aspettative si sono capovolte. I [[veterinario|veterinari]] non lavorano più per la salute ottimale, ma per la redditività ottimale. I farmaci non servono per curare le malattie, ma per supplire a sistemi immunitari distrutti. Gli allevatori non mirano a produrre animali sani. (p. 204)
*Ogni giorno si stima che vengano calati in acqua ventisette milioni di ami. E i palangari non uccidono soltanto le specie mirate, ma anche altre centoquarantacinque. Secondo uno studio sono all'incirca quattro milioni e mezzo gli animali marini uccisi come prede accessorie ogni anno, compresi oltre tre milioni di squali, un milione di marlin, sessantamila tartarughe marine, settantacinquemila albatros e ventimila delfini e balene. (p. 207)
Line 167 ⟶ 162:
*Invece di un padre che griglia hamburger di tacchino, i miei figli ricorderanno un padre che brucia hamburger vegetariani in giardino. Lo scorso ''Pesach''<ref>Pasqua ebraica.</ref> il ''gefilte fisch''<ref>Pesce ripieno.</ref> occupava un posto meno centrale, ma è stato comunque l'occasione per raccontarci sopra delle storie (non ho smesso, a quanto pare). Alla storia dell'[[Libro dell'Esodo|Esodo]] – la storia più splendida sul debole che trionfa sul più forte nei modi più inattesi – si sono aggiunte nuove storie sul debole e sul forte.<br />Le ragioni per mangiare quei cibi speciali con quelle persone speciali in quei momenti speciali era nell'intenzione esplicita di separare quei pasti dagli altri. Aggiungere un altro livello di intenzionalità è stato un arricchimento. Sono assolutamente favorevole a far scendere la [[tradizione]] a un compromesso per una buona causa, ma forse in queste situazioni la tradizione, più che compromettersi, si realizza appieno. (p. 211)
*A me pare che sia inequivocabilmente sbagliato mangiare maiale di produzione industriale o nutrirci la propria famiglia. Forse è sbagliato anche tacere di fronte agli amici che mangiano maiale di produzione industriale, per quanto possa essere difficile dire qualcosa. È chiaro che i maiali sono intelligenti ed è altrettanto chiaro che sono condannati a vite infami nelle porcilaie industriali. Il parallelo con un cane rinchiuso in un armadio è abbastanza accurato, per quanto benevolo. Le motivazioni ambientali contro il consumo di carne di maiale prodotta in allevamenti intensivi sono ineccepibili e schiaccianti.<br />Per analoghe ragioni non mangerei pollame o prodotti ittici ottenuti con metodi industriali. Guardarli negli occhi non produce lo stesso pathos che dà lo sguardo di un maiale, ma con gli occhi della mente vediamo altrettanto. Tutto ciò che dalla mia ricerca ho imparato sull'intelligenza e la complessità sociale di uccelli e pesci esige che consideri la profondità della loro miseria con altrettanta serietà della miseria più immediata dei maiali. (pp. 211-212)
*[...] la preoccupazione sulla realtà di quello che la carne è ed è diventata bastano per farmici rinunciare del tutto.<br />Ci sono ovviamente circostanze in cui posso figurarmi che mangerei carne – ci sono persino circostanze in cui mangerei un cane –, ma sono circostanze in cui è improbabile che mi trovi. Essere vegetariani è uno schema flessibile, e ho smesso di tornare di continuo sulla decisione se mangiare carne o meno (chi potrebbe farlo all'infinito?) a favore di un fermo impegno a non farlo. (p. 214)
*È abbastanza chiaro che l'allevamento intensivo è più di qualcosa che disapprovo personalmente, ma non è chiaro quali conclusioni ne seguano. Il fatto che sia crudele verso gli animali ed ecologicamente distruttivo e inquinante significa che tutti dovrebbero boicottare i prodotti derivanti da allevamento intensivo sempre e comunque? Un parziale abbandono del sistema – una specie di programma d'acquisto preferenziale di cibo non industriale, cosa che si avvicina molto al boicottaggio – è sufficiente? Non è forse una questione che si può dirimere per via legislativa e tramite l'azione politica collettiva, più che con le scelte d'acquisto personali?<br />Quand'è che dovrei rispettosamente dissentire da qualcuno e quand'è che, nel nome di valori più profondi, dovrei prendere posizione e chiedere ad altri di unirsi a me? Quand'è che un determinato evento lascia spazio al dissenso di persone ragionevoli e quand'è che ci impone di agire? (pp. 215-216)
 
==== ''Ci sono'' ====
*''Una volta pensavo che essere vegetariana mi esentasse dall'impegnarmi a cambiare il modo in cui sono trattati gli animali d'allevamento. Ero convinta che rinunciando alla carne avrei fatto la mia parte. Oggi mi sembra una sciocchezza. L'industria della carne ci tocca tutti nel senso che viviamo tutti quanti in una società in cui la produzione di cibo si basa sull'allevamento intensivo. Essere vegetariana non mi esime dalla responsabilità di come il nostro paese alleva gli animali, specie in un'epoca in cui il consumo di carne aumenta sia a livello nazionale sia a livello globale.<br />Io ho moltissimi amici e conoscenti vegani, alcuni dei quali legati alla {{maiuscoletto|peta}} o al Farm Sanctuary, e molti partono dal presupposto che si arriverà a risolvere il problema dell'allevamento industriale convincendo la gente a rinunciare alla carne. Io non sono d'accordo. Almeno, non nell'arco della nostra vita. Se questa possibilità esiste, penso che ci vorranno ancora molte generazioni. Nel frattempo bisogna seguire un'altra strada per affrontare le sofferenze estreme causate dall'industria zootecnica. Bisogna incoraggiare e sostenere percorsi alternativi.'' (p. 224)
*''L'ironia è che mentre gli allevamenti intensivi non giovano alla collettività, si aspettano da noi non solo che li sosteniamo, ma che paghiamo per i loro errori. Prendono tutti i costi per lo smaltimento delle deiezioni e li passano all'ambiente e alle comunità in cui operano. I loro prezzi sono artificialmente bassi: quello che non compare sullo scontrino lo pagheremo per gli anni a venire tutti quanti.'' (p. 226)
Line 184 ⟶ 179:
*Che sia giusto o meno uccidere gli animali per nutrirsene, sappiamo che nel sistema oggi dominante è impossibile ucciderli senza infliggere (perlomeno) occasionali torture. (p. 261)
 
==== ''Raccontare storie'' ====
*Noi non possiamo addurre come scusa l'ignoranza, ma solo l'indifferenza. La nostra generazione sa come stanno le cose. Abbiamo l'onere e l'opportunità di vivere nella fase in cui le critiche all'allevamento intensivo hanno fatto breccia nella coscienza popolare. Siamo noi quelli a cui chiederanno a buon diritto: «Tu che cos'hai fatto quando hai saputo la verità sugli animali che mangiavi?» (p. 270)
*Se vogliamo sul serio mettere fine all'allevamento industriale, il minimo che possiamo fare è smettere di mandare assegni a chi commette abusi della peggior specie. Per alcuni, scegliere di evitare i prodotti provenienti da allevamenti intensivi sarà facile. Per altri sarà una decisione difficile. Per chi la ritiene una decisione difficile (mi sarei annoverato tra questi), la domanda decisiva è se ne valga la pena. Sappiamo che, perlomeno, questa scelta aiuterà a prevenire la deforestazione, a contenere il riscaldamento globale, ridurre l'inquinamento, preservare le riserve petrolifere, attenuare la pressione sull'America rurale, diminuire gli abusi sui diritti umani, migliorare la salute pubblica e contribuire a eliminare i maltrattamenti sugli animali più sistematici nella storia mondiale. (pp. 275-276)
Line 195 ⟶ 190:
Questo voleva dire mia nonna quando disse: «Se niente importa, non c'è niente da salvare».
 
=== Citazioni su ''Se niente importa'' ===
*Consiglio a tutti il libro che è ormai il cult del vegetarianesimo: ''Se niente importa'' [...], in cui l'autore americano racconta perché da carnivoro è diventata vegetariano. Il tema centrale è la violenza perpetrata quotidianamente agli animali di allevamento e la riflessione delle conseguenze che questo dolore tremendo ha sulla vita dell'uomo. ([[Umberto Veronesi]])
*È probabilmente il più influente libro virale (con un messaggio che si diffonde come un'epidemia) degli ultimi tempi. Foer ha cercato di visitare allevamenti per tre anni. A volte c'è entrato di nascosto, di notte [...]. Il risultato, il libro, è – parole del New York Times – «un ritratto devastante della crudeltà sistematica e della sinistra segretezza dell'industria agroalimentare americana». ([[Maria Laura Rodotà]])
*Gli orrori quotidiani dell'allevamento intensivo sono raccontati in modo così vivido…vivido... che chiunque, dopo aver letto il libro di Foer, continuasse a consumare i prodotti industriali dovrebbe essere senza cuore o senza raziocinio. ([[John Maxwell Coetzee]])
*{{NDR|Dopo aver letto ''Se niente importa''}} La prima cosa che ho fatto è smettere subito di mangiare pollo. Dopo aver letto il libro non potevo più nemmeno immaginare di metterlo di nuovo in tavola avendo capito quale era la storia della loro esistenza negli allevamenti. ([[Giulia Innocenzi]])
*Questo libro ha trasformato una vegetariana da vent'anni come me in una vegana convinta. ([[Natalie Portman]])
*''Se niente importa'' è un libro morale, un'inchiesta viva sul senso della vita e delle proprie scelte. ([[Lorenzo Guadagnucci]])
 
=== [[Incipit]] =di ''Eccomi''==
Quando la distruzione di [[Israele]] ebbe inizio, Isaac Bloch stava meditando se suicidarsi o trasferirsi alla Casa ebraica. Aveva vissuto in un appartamento rivestito di libri fino al soffitto, con tappeti cosı`così folti da inghiottire dadi; poi in una stanza e mezza con il pavimento in terra battuta; su pavimenti di foresta sotto stelle incuranti; sotto le assi del pavimento di un cristiano che, a distanza di mezzo mondo e tre quarti di secolo, sarebbe stato ricordato con un albero piantato nel Giardino dei Giusti; in una buca, per tanti di quei giorni che le sue ginocchia non sarebbero mai piu`più riuscite a distendersi del tutto; tra zingari e partigiani e polacchi non troppo disonesti; in campi di transito, di rifugiati e di profughi; su una nave, con una bottiglia con una nave dentro, miracolosa costruzione di un agnostico insonne; dall’altrodall'altro lato di un oceano che non avrebbe mai completamente attraversato; sopra una mezza dozzina di negozi di alimentari che si era ammazzato a sistemare e rivendere con un profitto minimo; accanto a una donna che ricontrollava le serrature fino a romperle e che era morta di vecchiaia a quarantadue anni senza una sillaba di lode in gola, ma con le cellule della madre assassinata che ancora le si dividevano nel cervello; e infine, nell’ultimonell'ultimo quarto di secolo, in una casetta a due piani a Silver Spring, silenziosa come un globo di neve: un librone fotografico di Roman Vishniac che ingialliva sul tavolino del soggiorno; ''Nemici''. ''Una storia d’amored'amore'' che si smagnetizzava nell’ultimonell'ultimo videoregistratore funzionante al mondo; insalata di uova che diventava influenza aviaria in un frigorifero mummificato in un involucro di fotografie di pronipoti splendidi, geniali, senza tumori.
 
==Note==
Line 207 ⟶ 205:
 
==Bibliografia==
* Jonathan Safran Foer, ''Ogni cosa è illuminata'' (''Everything Is Illuminated'', 2002), traduzione di Massimo Bocchiola, Guanda, 2004. ISBN 9788882466664
* Jonathan Safran Foer, ''Molto forte, incredibilmente vicino'' (''Extremely Loud and Incredibly Close'', 2005), traduzione di Massimo Bocchiola, Guanda, 2007. ISBN 9788882469412
*Jonathan Safran Foer, ''Se niente importa. Perché mangiamo gli animali?'' (''Eating Animals'', 2009), traduzione di Irene Abigail Piccinini, Guanda, Parma, 2010. ISBN 978-88-6088-113-7 ([http://books.google.it/books?id=KmDvCjLIP9AC&printsec=frontcover&redir_esc=y#v=onepage&q&f=false Anteprima su Google Libri])
*Jonathan Safran Foer, ''Eccomi'' (''Here I Am'', 2016), traduzione di Irene Abigail Piccinini, Guanda, Parma, 2016. ISBN 9788823504882