Giulio Bedeschi: differenze tra le versioni

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*Era buona paglia asciutta quella su cui gli alpini finalmente dormivano, perfino profumata perché conservava un lontano odore di campi e d'estate, odore di terra che si screpola al sole; il più bel sogno per chi rischia di morire di freddo; era quasi come mormorare «Italia...» all'orecchio d'uno qualsiasi di quei dormienti accucciati uno a ridosso dell'altro nell'''isba'' del comando della ''ventisei'', o in quelle accanto, sotto la luna che faceva brillare l'alta coltre di neve che ricopriva Popowka. (Tempo quarto, Capitolo XXIII, p. 288)
*Sulla neve di Russia la colonna avanzava ininterrottamente puntando all'ovest, dolorando per centomila membra ma instancabile, infrenabile nell'intero corpo in movimento; abbandonava sulla neve i relitti procedendo senza tregua, ed erano ormai corpi vivi che si reclinavano sulla neve, corpi d'uomini che si abbattevano di schianto o poggiavano il ginocchio incapaci a sollevarlo e si chinavano quindi in giù, sempre più in giù con le braccia che affondavano fino al polso, poi fino al gomito, tirate giù dal demone della neve; l'uomo in ginocchio s'afflosciava lentamente, vinto dal richiamo irresistibile [...] la neve è morbida come un materasso e non è neppure fredda; si può appoggiarvi perfino la guancia e la frontre senza danno, pare un cuscino, per un minuto solo ci si può stare... i compagni poi si possono raggiungere in fretta, dopo il riposo... questo buon riposo... sulla neve... la neve... un cuscino... non c'è feddo... né fame... né stanchezza... solo sonno... un po'... di sonno... sulla... neve... (Tempo quarto, Capitolo XXV, p. 316-17)
 
*– Aprite! Aprite! – urlavano ormai gli alpini riabbassando i vetri e scuotendo invano le maniglie.<br> –Siamo in Italia!<br> – Siamo gli alpini...! – Siamo gli alpini! – gridavano.<br>Sulla pensilina, dinanzi al vagone della ''ventisei'' stava immobile un ferroviere, con le mani nelle tasche dei pantaloni.<br>– La popolazione non vi deve vedere: è l'ordine – spiegò seccamente al più vicino grappolo d'uomini che si affannavano sbracciandosi dal finestrino.<br>– Non abbiamo la peste, noi! Siamo gli alpini che tornano dalla Russia, ''cavàllo vestío da ómo!'' – gli gridò esasperato Scudrèra, mentre il treno già si muoveva.<br>– Che alpini o non alpini! Ma vi vedete? – urlò allora ai rinchiusi il ferroviere; – vi accorgete sì o no, Cristo, che fate schifo? (Tempo quarto, Capitolo XXXVI, p. 424-25)
===[[Explicit]]===
*– In vettura! In vettura, si riparte! – gridavano gli addetti ferroviari sospingendo gli alpini ai carrozzoni. Gli alpini salivano ubbidienti, trasognati, era un incanto riudire le voci italiane.<br>– Chiudere i vetri dei finestrini! Chiudere i finestrini! – gridava ora il personale passando dinanzi alle vetture; e avvicinandosi agli sportelli dava un secco giro con la chiave di servizio e li sbarrava.<br>– Nessuno esce più! Alle stazioni è vietato affacciarsi! – ingiungevano le voci imperiose; – chiudere i vetri dei finestrini!<br>– Che roba è questa? - si cominciò a gridare dall'interno dei vagoni.<br>– Non siamo bestie!<br>– Aprite! Aprite! – urlavano ormai gli alpini riabbassando i vetri e scuotendo invano le maniglie.<br> –Siamo in Italia!<br> – Siamo gli alpini...! – Siamo gli alpini! – gridavano.<br>Sulla pensilina, dinanzi al vagone della ''ventisei'' stava immobile un ferroviere, con le mani nelle tasche dei pantaloni.<br>– La popolazione non vi deve vedere: è l'ordine – spiegò seccamente al più vicino grappolo d'uomini che si affannavano sbracciandosi dal finestrino.<br>– Non abbiamo la peste, noi! Siamo gli alpini che tornano dalla Russia, ''cavàllo vestío da ómo!'' – gli gridò esasperato Scudrèra, mentre il treno già si muoveva.<br>– Che alpini o non alpini! Ma vi vedete? – urlò allora ai rinchiusi il ferroviere; – vi accorgete sì o no, Cristo, che fate schifo? (Tempo quarto, Capitolo XXXVI, p. 424-25)
 
==Bibliografia==