Dragonlance: differenze tra le versioni

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*Ripensandoci, dovette ammettere con se stesso che c'erano stati momenti in cui il mago {{NDR|Raistlin}} non era certo stato amichevole nei suoi confronti. E restava il fatto che Raistlin aveva veramente ucciso gli gnomi. O per lo meno, ne aveva ucciso uno per avere aggiustato il Congegno per Viaggiare nel Tempo. Quello stesso congegno, anche se non quello stesso gnomo. Raistlin indossava vesti nere come le aveva indossate allora e sebbene Tasslehoff trovasse a volte Conundrum estremamente irritante, non voleva vederlo morto. Così, per il bene dello gnomo, decise di stare zitto e di non balzare addosso a Raistlin. (Tasslehoff)
 
*«Ho sentito raccontare di una ragazza elfica che portava l'armatura», protestò un altro, un tipo apparentemente polemico. «Mio nonno cantava una canzone su di lei. Erano i tempi della Guerra della Lancia.» «Bah! Tuo nonno era un vecchio ubriacone», esclamò un terzo. «Non era mai andato da nessuna parte. È vissuto e morto nei bar di Flotsam.» «Eppure ha ragione», affermò una delle mogli dei mercanti. «Nel corso della grande guerra ci fu una ragazza elfica che combatté valorosamente. Si chiamava Loony-tarry.» «Lunitari era la vecchia dea della magia, mia cara», la corresse un'amica, dandole un colpetto con il gomito. «Quella che se n'è andata lasciandoci alla mercé di questi draghi immensi e mostruosi.» «No, sono sicura di no», replicò l'altra, offesa. «Era Loony-tarry e ucciseunauccise una di quelle bestiacce con uno strumento di origine gnomica, una specie di lancia, che la donna conficcò nella gola della bestia. Quanto vorrei che ne arrivasse un'altra e riservasse lo stesso servizio a questi nuovi draghi.»
 
*«Hai commesso un errore, mia regina», continuò Soth, parlando alle ombre, dove sapeva lei si nascondeva, in attesa. «Hai usato la mia rabbia per tenermi in pugno e mi hai trascinato qui per potermi usare ancora. Ma mi hai lasciato solo troppo a lungo. Mi hai lasciato nel silenzio nel quale potevo sentire ancora la voce della mia amata moglie. Mi hai lasciato nell'oscurità che è divenuta la mia luce, poiché potevo vedere ancora una volta il volto della mia sposa. Potevo vedere me stesso e ciò che vedevo era un uomo consumato dalla paura. È stato allora che ti ho vista per quella che sei. «Ho combattuto per te, Regina Takhisis. Credevo che la tua causa fosse la mia. Il silenzio mi ha insegnato che eri tu a nutrire la mia paura, innalzando intorno a me un anello di fuoco che non sarei mai riuscito a superare. Ora il fuoco si è spento, mia regina. Intorno a me ci sono solo ceneri.»
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*Cosa aveva sperato? Che il Solamnico gli provasse che sbagliava? «Bah!» grugnì Galdar. «È prigioniero nella stessa rete di tutti noi. E non c'è via di uscita. Né ora, né mai. Nemmeno nella morte.»
 
*«Ho pensato molto a quello che hai detto nella grotta del potente Skie», dichiarò lentamente Razor. «Sul fatto che nessuna delle calamità che hanno colpito questo mondo sarebbe successa se non fosse stato per Takhisis. Odiavo e detestavo Paladine e gli altri cosiddetti dei della luce. Maledicevo il suo nome, e se avevo la possibilità di uccidere uno dei suoi campioni, la coglievo e me ne gloriavo. Aspettavo con ansia il giorno in cui la nostra regina avrebbe dominato incontrastata. «<br>Ora quel giorno è arrivato, e me ne dispiaccio. Lei non ha alcun affetto per noi.» Razor fece una pausa, poi aggiunse: «Ti vedo sorridere, Argento. Pensi che "affetto" sia la parola sbagliata. Sono d'accordo. I seguaci della Regina Scura non sono famosi per essere individui amorevoli. Rispetto. Ecco la parola adatta. Takhisis non ha rispetto per coloro che la servono. Li usa finché non le sono più utili, e poi li getta via. No, non intendo più servire Takhisis». (Il drago Azzurro Razor a Mirror)<br>
 
*Perché non vedevano come stavano realmente le cose? Che cosa li accecava? Takhisis. Questa è opera sua, pensò Gilthas. Ora che è libera di governare il mondo, si è impossessata del dolce elisir dell'amore, lo ha mescolato con il veleno e lo ha offerto sia alla madre che al figlio. L'amore di Silvanoshei per Mina è divenuto un'ossessione. L'amore di Alhana per il figlio le annebbia la mente. Come possiamo combattere tutto ciò? Come possiamo combattere una dea quando anche l'amore - la nostra arma migliore contro di lei - è contaminato?
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*Un elfo in abiti da viaggio, sporchi e sgualciti, si mise accanto a Gilthas. Non aprì bocca, ma restò a guardare in rispettoso silenzio, mentre le ceneri di Goldmoon e Riverwind venivano trasportate all'interno. «Addio, amici fedeli», mormorò. Gilthas si girò verso di lui. «Sono felice di avere l'opportunità di parlarvi, Èli...» iniziò. L'elfo lo zittì. «Non mi chiamo più così.» «E come dobbiamo chiamarvi, signore?» domandò Gilthas. «Ho avuto così tanti nomi», disse l'elfo. «Èli fra gli elfi, Paladine fra gli umani. Persino Fizban. E quello, devo ammetterlo, era il mio preferito. Ora non mi serve più nessuno di essi. Ho scelto un nuovo nome.» «Cioè?» chiese Gilthas. «Valthonis», rispose l'elfo. «"L'esule"?» si stupì Gilthas, confuso. All'improvviso capì. Cercò di parlare ma, con voce rotta, non riuscì a dire nient'altro che: «Allora condividerete il nostro destino». ([[Divinità di Dragonlance#Paladine|Paladine]] e [[Personaggi di Dragonlance|Gilthas]])
 
*In risposta, l'elfo {{NDR|Valthonis}} alzò lo sguardo verso il cielo notturno. «Un tempo in cielo c'era una stella rossa. Te la ricordi?» «Sì, signore.» «Cercala ora. La vedi?» «No, signore», affermò Gerard, esplorando con gli occhi la volta celeste. «Che cosa le è accaduto?» «Il fuoco della fucina si è estinto. Flint ha spento la fiamma, perché sapeva che non era più necessaria.» «Allora Tasslehoff l'ha trovato», commentò Gerard. «Tasslehoff l'ha trovato. Lui, Flint e i loro compagni sono nuovamente insieme», spiegò l'elfo. «Flint, Tanis, Tasslehoff, Tika, Sturm, Goldmoon e Riverwind. Aspettano solo Raistlin, che li raggiungerà presto, perché Caramon, il suo gemello, non se ne andrà senza di lui.» «Dove sono diretti, signore?» chiese Gerard. «Al prossimo stadio del viaggio delle anime», disse l'elfo. «Buona fortuna», mormorò Gerard. Lasciò la Tomba degli Ultimi Eroi, salutò l'elfo e, infilata la chiave in tasca, si diresse verso la taverna dell'Ultima Dimora. La calda luce che splendeva dalle finestre illuminava la via.
 
== Bibliografia ==