Roberto Saviano: differenze tra le versioni

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*Io credo che la legalizzazione, e non la liberalizzazione, sia l'unica strada. Due termini simili che spesso vengono confusi, ma che indicano due visioni completamente diverse. Legalizzare significa spostare tutto quanto riguarda la produzione, la distribuzione e la vendita di stupefacenti sotto il controllo dello Stato. Significa creare un tessuto di regole, diritti e doveri. Liberalizzazione è tutt'altro. È privare il commercio e l'uso di ogni significatività giuridica, lasciarlo senza vincoli, disinteressarsi del problema, zona franca. Invece legalizzare è l'unico modo per fermare quel silenzioso, smisurato, violento potere che oggi condiziona tutto il mondo: il narco-capitalismo.<ref name=padrino/>
*[[Garri Kimovič Kasparov|Kasparov]] è un giocatore geometrico, ma allo stesso tempo, e a differenza di molti altri, non inizia una partita con una tattica prefissata. [...] Kasparov è un giocatore duttile, sa essere solido nello schieramento del suo esercito riuscendo a ottenere attacchi fulminei e letali. Giocare con lui significa provare a perdere gustandosi il proprio macello scacchistico o - ma solo se lui vorrà - lasciarsi guidare nel gioco come una novizia viene iniziata al tango da un ballerino professionista. Non danzerà bene ma almeno si divertirà.<ref name=scacc/>
*L'[[aborto]] non è omicidio. Abortire è un diritto spesso negato in Italia. La direzione di strutture sanitarie, di dipartimenti o la presidenza di policlinici, ad esempio, sarebbero - a senso - ruoli incompatibili con l'obiezione di coscienza. Altrove in Europa, gli obiettori non possono essere ginecologi, ma dentisti, cardiologi, ortopedici: non gli è preclusa alcuna carriera. In Italia, anzi, sembra che le cose siano esattamente all'opposto: fa carriera il medico obiettore, quello cioè che non mette in discussione le radici cattoliche del Paese, in cui gli ospedali pubblici continuano ad avere padiglioni dedicati a santi cattolici.<ref>Da ''[http://espresso.repubblica.it/opinioni/l-antitaliano/2017/01/18/news/se-l-aborto-diventa-come-il-divorzio-islamico-1.293640 Se l’aborto diventa come il divorzio islamico]'', ''L'Espresso'', 18 gennaio 2017.</ref>
*{{NDR|Su ''[[Gomorra - La serie]]''}} L'accusa più elementare di solito riguarda l'empatia, l'immedesimazione con personaggi negativi. "I ragazzi – dicono i critici severi – che guarderanno la serie emuleranno le loro gesta". Ma non è vero: l'immedesimazione non avviene con la realtà, ma con una sua rappresentazione. Non c'è nulla di male. È proprio questo il meccanismo narrativo che faceva scattare la catarsi, la purificazione, nel teatro elisabettiano e prima ancora in quello greco. Comprendere il male per riconoscerlo, per conoscerlo. Quanto di loro c'è in me? Mi comporterei allo stesso modo? Non lo faccio per codardia o per coraggio? Se non conosciamo la storia di chi compie atti atroci, se non conosciamo la storia di chi sceglie il male, come possiamo conoscere il bene? Come possiamo scegliere il bene? Ma – affermano gli sdegnati censori – Napoli è il sole, il mare, la cultura, i frutti di mare e la pizza più buona del mondo, le canzoni, Enrico Caruso e Villa Pignatelli. Caravaggio e San Domenico Maggiore. Parla di questo no?<ref name=gomorseri/>
*L'espressione "sembra un film" descrive qualcosa di straordinario e spettacolare. Talmente spettacolare da ricordare l'esagerazione filmica, da non poter essere considerata un evento reale. Questa espressione nasce da un equivoco, la differenza tra [[film]] e [[realtà]] è solo questione di diottrie. La vicinanza al dettaglio spesso è possibile solo in una costruzione scenica e per questo motivo quando un evento, che sia un terremoto o un omicidio, viene ripreso nei suoi dettagli immediatamente fa pensare a un film. Perché la realtà la immaginiamo antagonista della tv o del cinema, la pensiamo distante o non catturabile. La realtà che percepiamo è fluida e, accade sempre, distante. La immaginiamo possibile da registrare solo nella memoria. [...] bisognerebbe ribaltare il commento, quando si guarda la tv o un film al cinema bisognerebbe dire "sembra la realtà". Il rapporto tra film e realtà è lo stesso che passa tra una tela e una fotografia, certo dipende dallo stile del pittore e del fotografo ma nell'obiettivo della ricostruzione scenica non c'è un calco della realtà ma la realizzazione di una profondità.<ref>Da ''[http://www.repubblica.it/cronaca/2015/03/25/news/le_giovani_ronde_dei_clan_terrorizzano_gli_abitanti_nei_quartieri_a_est_di_napoli-110397741/ I ragazzini con la pistola per le strade di Napoli: quelle scene da Gomorra che superano la fiction]'', ''Repubbica.it'', 25 marzo 2015.</ref>