Archetipo: differenze tra le versioni

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== Citazioni ==
*Gli archetipi junghiani sono stati spesso paragonati alle idee platoniche. Va detto tuttavia che la differenza tra un'immagine archetipica dell'idea platonica consiste nel fatto che l'idea platonica è concepita come un puro contenuto di pensiero, mentre un archetipo si può esprimere anche come sentimento, emozione o fantasia mitologica. L'archetipo junghiano è perciò un concetto più ampio dell'idea platonica. ([[Marie-Louise von Franz]])
{{NDR|Gli archetipi sono}} I modelli più profondi del funzionamento psichico, come le radici dell'anima che governano le prospettive attraverso cui vediamo noi stessi e il mondo. Essi sono le immagini assiomatiche a cui ritornano continuamente la [[vita]] psichica e le teorie che formuliamo su di essa. ([[James Hillman]])
*Gorgoni, Idre, Chimere e le orrende storie di Celeno e delle Arpie si possono ricreare nel cervello della superstizione: ma sono esistite prima. Sono trascrizioni di archetipi sono in noi, e che sono eterni… Questi terrori non nascono col corpo, ma prima del corpo, e senza il corpo esisterebbero ugualmente… Se potessimo spiegarli, sapremmo finalmente qualcosa sulla nostra condizione preumana, e uno spiraglio si aprirebbe sul fittissimo buio della preesistenza. ([[Charles Lamb]])
*Il lavoro di scultore: orientare il pensiero agli "archetipi". Vi è un'arte rassicurante fatta di figure, paesaggi, impressioni di colore o concetti di realtà. Ma vi è un'altra arte inquieta e irrazionale che si presenta sconosciuta ed è sempre accompagnata da pericoli, specialmente quando varia ed esce dagli schemi e chiede una strada diversa. La ricerca dell'inesplorato archetipo che è dentro di noi. L'archetipo ancestrale che risale alla notte dei tempi e che giace nella coscienza collettiva degli uomini. Questa rinasce quando si entra volutamente nella "nube della non conoscenza", quella cercata dai mistici per il contatto e la scoperta di messaggi e visioni inconoscibili. ([[Lanfranco Frigeri]])
*Il sigillo archetipo, che noi diciamo essere il mondo intellegibile non può che identificarsi con il ''logos'' divino. ([[Filone di Alessandria]])
*La tua domanda relativa alla sincronicità e alle idee di riferimento è molto interessante. Spesso ho trovato che le esperienze sincroniche sono state interpretate dagli schizofrenici come deliri. Dal momento che le situazioni archetipiche non sono infrequenti nella schizofrenia, dobbiamo anche supporre che i corrispondenti fenomeni sincronici che si verificano seguono esattamente lo stesso corso come con le cosiddette persone normali. La differenza sta semplicemente e solamente nell'interpretazione. L'interpretazione schizofrenica è morbosamente stretta, perché è in gran parte limitata alle intenzioni di altre persone e al proprio ego-importanza. L'interpretazione normale, per quanto ciò è possibile a tutti, si basa sulla premessa filosofica della simpatia di tutte le cose, o qualcosa del genere. [...] Se le [[sincronicità]] si verificano in questi casi è perché una situazione archetipica è presente, ogni volta che gli archetipi sono costellati troviamo manifestazioni dell'unità primordiale. Così l'effetto sincronico non va interpretato come psicotico ma come un fenomeno normale. ([[Carl Gustav Jung]])
*[[[Omero]],] i cui personaggi non sono altro che gli archetipi degli eroi del West. Ettore, Achille, Agamennone non sono altro che gli sceriffi, i pistoleri e i fuorilegge dell'antichità. ([[Sergio Leone]])
*Però in [[Platone]] si dà un'enorme importanza agli archetipi, quali idee metafisiche, «paradigmi» o modelli, mentre gli oggetti reali sono trattati alla stregua di semplici copie di questi modelli ideali. La filosofia medievale, dai tempi di [[Sant'Agostino|S. Agostino]] – dal quale ho preso l'idea di archetipo – fino a Malebranche e a Bacone, segue ancora le orme di Platone. [...] Da [[Cartesio]] a [[Malebranche]] in poi, il valore metafisico dell'idea o archetipo va gradatamente deteriorandosi. L'idea diventa un «pensiero», una condizione gnoseologica interna, come dice chiaramente [[Spinoza]] [...] Infine [[Kant]] riduce gli archetipi a un numero limitato di categorie della conoscenza. ([[Carl Gustav Jung]])
 
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