Giuseppe Saragat: differenze tra le versioni

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*La sera del 28 dicembre Giuseppe Saragat diventò Presidente con 646 voti su 927 votanti (150 schede bianche per almeno due terzi democristiane), 9 liberali insistettero sul nome del loro presidente [[Gaetano Martino]], e i missini su quello di [[Augusto De Marsanich]]. I sette dissenzienti socialdemocratici si pronunciarono per Paolo Rossi. Come osservò il ''Times'', «l'uomo migliore era stato scelto nel modo peggiore». Migliore certo di tantissimi altri, ma imprevedibile.
*Il dialogo con Saragat non era mai altro che un monologo di Saragat. Quella che nell'ordinaria amministrazione era la sua debolezza, fu la sua forza nel momento dell'emergenza. Solo un uomo impermeabile alle voci altrui poteva affrontare i comizi e sfidare le piazze del 1947-48, schiumanti di rabbia e di odio contro di lui, il socialfascista, il socialtraditore, il rinnegato. Impassibile sotto quell'uragano, Saragat svolgeva le sue argomentazioni: asciutte, serrate, senza concessioni alla retorica tribunizia. Non si può dire che Saragat si fosse fatto ripagare il grande servigio reso alla democrazia in sostanziose fette di potere. Nei vari Ministeri che occupò, aveva brillato per la sua assenza. Anche come capo del PSDI lasciava alquanto desiderare. Forte del fatto di averlo inventato lui, e di schiacciare con la sua personalità quella di tutti gli altri, se ne curava poco. S'era sempre considerato parecchie spanne al di sopra della ''nomenklatura'', e lo era specie sul piano culturale. L'unica carica che considerava all'altezza della sua altezza, e per la quale veramente si era battuto, era la Presidenza della Repubblica. Al primo tentativo aveva fallito. Al secondo, come sappiamo, riuscì. Purtroppo sappiamo anche in quale modo tortuoso riuscì. Ma le elezioni passano presto, i Presidenti durano sette anni. Saragat sarà un buon Presidente.
*Negli anni del PCIPci avanzante e degli osanna tributati da turbe estasiate d'intellettuali e di giornalisti a Enrico Berlinguer, Saragat era trattato dai più con la sufficienza caritatevole dovuta a un personaggio superato e un po' patetico, nelle idee e negli ideali. Uno che non aveva capito quali scintille di rinnovamento, di mutazione, e di fecondo avvenire, vi fossero nell'universo marxista, sotto le bandiere rosse con falce e martello. [...] Invece era archeologia politica il comunismo. Saragat non assistette al suo crollo, ma in cuor suo aveva sempre saputo che quel giorno sarebbe venuto.
 
==Note==