Immanuel Kant: differenze tra le versioni

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==''Lezioni di etica''==
*Si [[predica]] di continuo ciò che deve accadere, e nessuno pensa anche se esso possa accadere; perciò risulteranno noiosissime quelle esortazioni, che sono la ripetizione tautologica della regola che già ognuno conosce, in cui null'altro s'aggiunge a quanto già se ne sa e che si traducono in sermoni che rimangono ben vuoti, se chi tiene la predica non bada insieme alla saggezza pratica. A questo proposito [[Johann Joachim Spalding|Spalding]] è da preferire a tutti. (p. 5)
*[[Jean-Jacques Rousseau|Rousseau]], che è un [[Diogene di Sinope|Diogene]] raffinato, afferma anche che il nostro volere sarebbe buono per natura, ma che noi lo corromperemmo di continuo; che la natura ci avrebbe provvisto di tutto e che saremmo noi a crearci dei bisogni; egli richiede anche che l'educazione dei fanciulli sia soltanto negativa. (p. 10)
*La [[Epicureismo|scuola epicurea]] sosteneva che il sommo bene derivasse dall'arte e non dalla natura, come voleva la [[Cinismo (filosofia)|scuola cinica]]. La diversità tra le due scuole consisteva appunto in questo, che l'una affermava l'opposto dell'altra. [[Epicuro]] sosteneva che, se anche per natura non possedessimo alcun vizio, pure ne conserveremmo la tendenza, perciò l'innocenza e la semplicità non sono assicurate e deve intervenire l'arte. Su questo punto [[Zenone di Cizio|Zenone]] andava d'accordo con Epicuro, considerando la virtù come un prodotto dell'arte. (p. 10)
*Il [[suicidio]] suscita un'avversione accompagnata da orrore per il fatto che ogni natura cerca di conservarsi: un albero percosso, un essere vivente, un animale; ora, nell'uomo, dovrebbe diventare un principio volto alla distruzione di se stessi proprio la libertà, che è il grado supremo della vita e quel che le conferisce valore. Ciò costituisce la cosa più spaventosa che si possa pensare, perché chi è giunto ormai al punto di disporre in ogni occasione di se stesso dispone anche della vita di tutti: a lui si aprono le porte verso ogni possibile vizio, dal momento che, prima che ci si possa impadronire di lui, egli è pronto a fuggire dal mondo. Il suicidio suscita dunque orrore, perché con esso l'uomo si pone al disotto delle bestie; e noi consideriamo un suicida alla stregua di una carogna [''als ein Aas''], mentre riserviamo la nostra pietà a chi è vittima della sorte. (p. 173)
*Il suicidio, però, non è abominevole e inammissibile perché Dio lo ha proibito, ma al contrario Dio lo ha proibito perché, degradando al di sotto dell'animalità la dignità intrinseca dell'uomo, è abominevole. (pp. 176-177)