Erodoto: differenze tra le versioni

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:''Relata refero''.
*Al tempo della tirannide di [[Ippocrate]], [[Gelone]], discendente del sacerdote Teline, era doriforo di Ippocrate assieme a molti altri, tra i quali Enesidemo, figlio di Pateco. In breve tempo per il suo valore fu nominato comandante di tutta la cavalleria; infatti quando Ippocrate assediò Gallipoli, Nasso, Zancle, [[Lentini]], nonché Siracusa e varie città barbare, Gelone in queste guerre si distinse in modo particolare. (VII, 154)
*{{NDR|[[Gelone]] in risposta ad una richiesta di aiuto da parte di spartani e ateniesi contro i persiani}} Uomini di [[Grecia]], con parole arroganti avete osato invitarmi ad allearmi con voi contro il [[Persiani|barbaro]]. Ma voi, quando tempo fa vi pregavo di unirvi all'assalto contro il barbaro, quando intraprendevo la guerra contro i [[Cartagine|Cartaginesi]], quando vi scongiuravo di venire a vendicare la morte di Dorieo, figlio di Anassandrida, avvenuta per mano degli Egestani, quando vi proponevo di aiutarmi a liberare gli scali commerciali [''emporia''] dai quali avete ricavato grandi utili e vantaggi, allora voi non veniste a portarmi aiuto né per riguardo a me né per vendicare la morte di Dorieo e, per parte vostra, sarebbe tutto oggi in mano dei barbari. (VII, 158)
*{{NDR|Prima della [[battaglia delle Termopili]]}} Avendo saputo da un tale di Trachis che, non appena i Barbari avessero cominciato a scagliare i loro dardi, per la moltitudine delle frecce avrebbero oscurato il sole (tanto grande era il loro numero), egli, per nulla sbigottito da questa notizia e non facendo alcun conto del numero dei nemici, avrebbe dichiarato che quell'ospite di Trachis riferiva delle notizie che erano del tutto favorevoli per i Greci, dal momento che, se i Medi oscuravano il sole, la battaglia contro di loro si sarebbe svolta all'ombra e non sotto i raggi del sole<ref>[[Plutarco]] (''Apophthegmata Laconica'', 225 B) attribuisce questa citazione allo stesso re di [[Sparta]] [[Leonida I]], che comandava gli Spartani alle Termopili.</ref>. (VII, 226, traduzione di L. Annibaletto, 1982)
*Questa è la più amara sofferenza per un uomo: avere molta conoscenza ma nessun [[potere]]. (IX, 16)