Ippolito Nievo: differenze tra le versioni

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*I veneziani di [[Portogruaro]] erano riesciti collo studio di molti secoli a disimparare il barbaro e bastardo friulano che si usa tutto all'intorno, e ormai parlavano il veneziano con maggior caricatura dei veneziani stessi. Niente anzi li crucciava più della dipendenza da Udine che durava a testificare l'antica loro parentela col [[Friuli]].. Erano come il cialtrone nobilitato che abborre lo spago e la lesina perché gli ricordano il padre calzolaio. Ma purtroppo la storia fu scritta una volta, e non si può cancellarla. I cittadini di Portogruaro se ne vendicavano col prepararne una ben diversa pel futuro, e nel loro frasario di nuovo conio l'epiteto di friulano equivaleva a quelli di rozzo, villano, spilorcio e pidocchioso. (cap. VI)
*Se [[Venezia]] era de' governi italiani il più nullo e rimbambito, tutti dal più al meno agonizzavano di quel difetto di pensiero e di vitalità morale. Perciò il numero degli animi che si consacrò al culto della libertà e degli altri [[diritti umani|umani diritti]] proclamati da Francia, fu in Italia di gran lunga maggiore che altrove. Questo più che la patita servitù o la somiglianza delle razze giovò ai capitani francesi per sovvertire i fracidi ordinamenti di Venezia, di Genova, di Napoli e di Roma, di tutti insomma i governi nazionali. (cap. VIII)
*[[Memoria]], memoria, che sei tu mai! Tormento, ristoro e tirannia nostra, tu divori i nostri giorni ora per ora, minuto per minuto e ce li rendi poi rinchiusi in un punto, come in un simbolo dell’eternitàdell'eternità! Tutto ci togli, tutto ci ridoni; tutto distruggi, tutto conservi; parli di morte ai vivi e di vita ai sepolti! (cap. VIII)
*La [[patria]], figliuol mio {{NDR|Carlino Altoviti}} è la religione del cittadino, le leggi sono il suo credo. Guai a chi le tocca! Convien difendere colla parola, colla penna, coll’esempiocoll'esempio, col sangue l’inviolabilitàl'inviolabilità de’de' suoi decreti, retaggio sapiente di venti, di trenta generazioni! (cap. VIII)
*Per ciò ne conviene esser umili; ubbidire, ubbidire, ubbidire. Comandi la legge di Dio, la legge che fu, la legge che è; non l’arbitriol'arbitrio di pochi invasati, che dicono di innovare, ma non tendono che a divorare! (cap. VIII)
*Intanto il romore delle armi francesi cresceva alle porte d’Italiad'Italia; con esse risonavano grandi promesse di uguaglianza, di libertà; si evocavano gli spettri della repubblica romana; i giovani si tagliavano la coda per imitar Bruto nella pettinatura; per ogni dove era un fremito di speranza che rispondeva a quelle lusinghe sempre più vicine e vittoriose. (cap. VIII)
*Le [[Donna|donne]] superiori a noi! Sì, fratellini miei; consentite questa strana sentenza in bocca d’und'un vecchio che ne ha vedute molte. Sono superiori a noi nella costanza dei sacrifizi, nella fede, nella rassegnazione; muoiono meglio di noi: ci son superiori insomma nella cosa più importante, nella scienza pratica della vita, che, come sapete, è un correre alla morte. (cap. X)
*Per quelle monache, quasi tutte patrizie, Repubblica di San Marco e religione cristiana formavano un solo impasto; e a udirle parlare delle cose di Francia e dei Francesi sarebbe stato il gusto più matto del mondo. Nominar Parigi o l'inferno era per esse l'egual cosa; e le più vecchie tremavano di raccapriccio pensando le orrende cose che avrebbero potuto commettere quei diavoli incarnati una volta entrati in Venezia. (cap. XI)
l’inferno era per esse l’egual cosa; e le più vecchie tremavano di raccapriccio pensando le orrende cose che avrebbero potuto commettere quei diavoli incarnati una volta entrati in Venezia. (cap. XI)
*Coi nuovi ordinamenti che ci incastreranno, ognuno che ha meriti dovrebbe soverchiare chi non ne ha. Questo in via di astrazione. Ma nel concreto colle vostre abitudini coi vostri costumi credi tu che il più ricco ed il più furbo non abbia ad esser giudicato il più meritevole? (cap. XI)
*Era una sera così bella così tiepida e serena che parea fatta pei colloqui d’amored'amore per le solinghe fantasie per le allegre serenate e nulla più. Invece fra tanta calma di cielo e di terra, in un incanto sì poetico di vita e di primavera una gran repubblica si sfasciava, come un corpo marcio di scorbuto; moriva una gran regina di quattordici secoli, senza lagrime, senza dignità, senza funerali. I suoi figliuoli o dormivano indifferenti o tremavano di paura; essa, ombra vergognosa, vagolava pel Canal Grande in un fantastico bucintoro, e a poco a poco l'onda si alzava e bucintoro e fantasma scomparivano in quel liquido sepolcro. (cap. XI)
vagolava pel Canal Grande in un fantastico bucintoro, e a poco a poco l’onda si alzava e bucintoro e fantasma scomparivano in quel liquido sepolcro. (cap. XI)
*Anche [[Ugo Foscolo|Foscolo]] s'era fatto ufficiale nell'esercito cisalpino. Si creavano a quel tempo gli ufficiali, come gli uomini dai denti di Cadmo.
*Ben era quel [[Giuseppe Parini|Parini]] che richiesto di gridare Viva la [[Repubblica]] e muoiono i tiranni rispose: – Viva la Repubblica e morte a nessuno! Ben era quel [[Ugo Foscolo|Foscolo]] che diede l'ultima pennellata al suo ritratto dicendo: – Morte sol mi darà pace e riposo.